Justicia adhatoda, un’altra straordinaria acantacea

Justicia adhatoda

Justicia adhatoda

 

Sempre all’esposizione di Euroflora del maggio 2018, incontro un’altra straordinaria Justicia,  Acanthacea di un genere che ho già avuto occcasione di mostrare qui e anche qui.

E’ un bell’albero sempreverde di medie dimensioni, con grandi fiori bianchi.  Può essere coltivata come ornamentale, ma principalmente è nota come pianta medicinale. Originaria dell’Asia, dove cresce in abbondanza in Nepal, India e certe regioni del Pakistan, oltre che nel Sud Est asiatico.  In sanscrito si chiama vasaka.  E’ impiegata nella medicina Ayurvedica, come calmante della tosse, protettore cardiovascolare,  antinfiammatorio e anche come abortivo.  Inoltre contiene alcaloidi affini a quelli del te, la vasicina simile alla teofillina, e altri  principi attivi con proprietà antibatteriche e antitumorali.  Proprietà riconosciute anche da diversi studi scientifici, insomma una pianta da tenere in considerazione.

 

 

 

Ancora un’acantacea, Asystasia gangetica

Asystasia gangetica

Asystasia gangetica
orto botanico di Palermo

Un nome arcano per un’altra acantacea delicata e ricca di principi officinali, Asystasia gangetica, che mi suggerisce quale potrebbe essere il suo probabile luogo di origine, l’India.

Pianta di facile ambientazione, ha tutte le caratteristiche per attecchire stabilmente e diventare invasiva nei luoghi dal clima caldo e mite.  La sotto specie A. gangetica micrantha è già nel famigerato indice delle piante nocive e bandite come pericolose infestanti dalle campagne australiane.

In inglese ha molti nomi, violetta cinese, violetta delle Filippine e digitale rampicante.  Con la digitale, che in inglese si chiama ‘foxglove’, guanto di volpe, non ha nulla a che fare e soprattutto non contiene alcun principio cardiotonico tossico.  Viceversa è molto usata in etnomedicina, nei paesi dove prospera senza essere perseguitata, Sud Africa, India, Camerun, Nigeria e Kenya per esempio. Può essere impiegata per diversi generi di problemi, dall’ipertensione, ai reumatismi, all’asma, ma  anche per il diabete e come vermifugo.

E’ anche una graziosa pianta ornamentale, volubile, generosa, anche se ovviamente teme il freddo.

Acanthaceae da paesi lontani

Le Acanthaceae sono una famiglia di piante che prende il nome dal fastoso acanto (Acanthus), antica pianta mediterranea dai grandi fiori bianchi. Ma le Acanthaceae di questa pagina, tutte fotografate in Sicilia, vengono da paesi lontani e le vicissitudini della loro classificazione si legge nei loro nomi.

Acanthaceae - Thunbergia erecta

Thunbergia erecta
orto botanico Palermo

Acanthaceae - Thunbergia grandiflora

Thunbergia grandiflora

La classificazione delle piante in botanica è soltanto apparentemente noiosa, ma può essere vista invece come un’avventura appassionante. Alcune specie vegetali sono note dall’antichità della nostra civiltà occidentale, ma altre sono state scoperte e adattate alla sistematica inventata da Linneo, attraverso un processo di prova ed errore, di andate e ritorni, e soprattutto attraverso il contributo di molte persone diverse. I botanici dei secoli passati erano quasi tutti degli aristocratici, colti e appassionati, giravano il mondo alla ricerca di nuove piante.

Prendiamo per esempio il signor Carl Peter Thunberg, svedese come Linneo e suo allievo, a cui a soli 24 anni venne proposto di andare in Giappone per studiare le piante di laggiù. Alla fine del 1700, gli europei conoscevano assai poco le piante asiatiche, nè era agevole osservarle. Quando Carl Peter riuscì finalmente ad arrivare in Giappone, grazie a un contratto con la Compagnia Olandese delle Indie Orientali, scoprì che non poteva affatto visitare il paese, ma era praticamente confinato a Dejima, un’isola artificiale nella baia di Nagasaki, costruita nel 1634 per volere dello shōgun Tokugawa Iemitsu per ospitare gli insediamenti commerciali olandesi. Per fortuna aveva pratica di chirurgia (questi studiosi di botanica in realtà erano tutti dei medici) e ai giapponesi interessava. Così barattava le sue conoscenze mediche con piante che gli venivano portate da fuori e che lui esaminava e disponeva in un erbario ndlla sua isola di confino. Finalmente ebbe la possibilità di fare un vero viaggio nel Giappone fino a Edo, l’attuale Tokio, e osservare centinaia di piante nei loro luoghi di origine. Dopo altri viaggi fra Ceylon e il Sudafrica, tornò in patria trentaciquenne e si dedicò alla catalogazione di tute quelle piante asiatiche, diventando il successore di Linneo all’Università di Uppsala e guadagnandosi l’appellativo di Lineeo giapponese.  Il suo nome compare in più di 250 specie di piante, dal genere Thunbergia all’appellativo specifico thunbergii.

 

Acanthaceae - Justicia carnea

Justicia carnea
orto botanico Palermo

Acanthaceae - Justicia aurea

Justicia aurea
orto botanico di Palermo

Ed ecco altre due Acanthaceae,  due specie di  Jacobinia, almeno così sono chiamate nell’orto botanico di Palermo. Ma mai fermarsi alla prima indicazione. Mentre faccio qualche ricerca in rete capisco subito che questa pianta viene spesso chiamata  Justicia e decido di chiedere lumi a un superesperto, nella persona di Antimo Palumbo, studioso e divulgatore di botanica fra i più competenti che conosca. Ed ecco la sua risposta.  Il nome corretto  è Justicia carnea Lindl, mentre  Jacobinia carnea (Lindl.) G. Nicholson è sinonimo.  E parimenti  Jacobinia aurea è sinonimo di  Justicia aurea Schltdl, e quest’ultimo è il nome corretto.

La storia dell’attribuzione del nome a  Justicia carnea è complicata. Nel 1831 John Lindley la chiama Justicia carnea nell’ Edwards’s Botanical Register, una rivista illustrata di orticoltura che fu pubblicata in Inghilterra dal 1815 al 1847.  Il nome del genere era però stato creato da Linneo che lo aveva dedicato a Sir James Justice (1698–1763), un giardiniere orticultore scozzese che delapidò la sua fortuna per la passione per il giardinaggio.  Successivamente ha avuto molti altri nomialtri nomi , ma alla fine, dopo aver appurato che si trattava della stessa pianta,  è rimasto valido il nome più antico, quello creato da John Lindley, che oggi è il nome botanico corretto, Justicia carnea Lindl.

Ma da dove deriva il nome Jacobinia, che per queste piante è il sinonimo, ma per altre come Jacobinia heterophylla è il genere corretto?  Si potrebbe pensare, mi dice Antimo Palumbo, ai giacobini, quel movimento politico sorto durante la Rivoluzione francese e legato alla figura di Robespierre, il cui nome è diventato sinonimo di radicalismo o posizioni ardenti e intransigenti o ancora peggio esaltate o settarie.  Invece con i giacobini  la Jacobinia non c’entra. Il nome fu infatti creato nel 1847 dal botanico svizzero Stefano Moricand, prima commerciante di orologi in Italia, dove studiò le piante  in diverse regioni,  e poi botanico a tempo pieno in Svizzera dove  si occupò di sistemare e classificare le raccolte naturalistiche effettuate in Brasile dai botanici J.L. Berlandier, J.S. Blanchet and J.A. Pavón.  Il nome imposto alla pianta da Moricarnd  si rifà a Jacobina una città del Brasile nello stato di Bahia, dove probabilmente essa fu scoperta.

E così studiando l’origine dei nomi botanici si può anche divertirsi con la storia.

Di questo stesso genere è la pianta gamberetto, Justicia brandegeana, che ho mostrato qualche tempo fa.

Acanto

acanthus mollis
Ma come è successo che questa nobile pianta, dai fusti robusti e riccamente fioriti, dalle larghe foglie tenaci, così ampie e decorative da aver meritato un posto unico nell’architettura della civiltà occidentale, ornamento caratteristico dei capitelli dei templi greci di stile corinzio, come è successo, dicevo, che l’acanto sia caduto così in basso da rappresentare la verzura più diffusa nelle aiuole incolte e mediamente inquinate delle città?
A luglio inoltrato, la fioritura è terminata e gli steli imponenti reggono i voluminosi involucri dei frutti, capsule rigide ad apertura esplosiva, capaci di catapultare a distanza i neri semi. Questo tipo di inseminazione è particolarmente efficace, e me ne sono accorta in giardino per la moltiplicazione esuberante delle Impatiens (26 agosto 2009) che avevo piantato qualche anno fa, ma anche di erbe infestanti come la Cardamine (4 aprile 2009),  che similmente sono capaci di proiettare i semi a distanza,  se appena le silique vengono sfiorate dalla brezza. Credo proprio che l’acanto, forse un tempo sistemato nelle aiuole per ingentilire il catrame con il suo verde intenso, si sia propagato con vigore, tanto da colonizzare gli spazi verdi incolti di mezza città. Un tempo una pianta mitica, oggi umile erbaccia di strada, anche per i vegetali la gloria non regge all’usura del tempo.

Fittonia

fittonia argyroneura
Ho un grande rispetto, e un po’ di senso di colpa, nei confronti di tutte le ammirevoli piante tropicali che hanno in sorte di essere deportate in qualche appartamento, e qui ridotte alla stregua di soprammobili, neglette ed incomprese. Non sono piante strane, o finte, soltanto straniere e lontane dal loro habitat. Ma nel loro paese sarebbero capaci di crescere disordinate e libere, conquistandosi il loro posto in mezzo alle altre, fiorendo e fruttificando, e riproducendosi come si deve.
Benchè la fittonia sia una pianta da appartamento, si difende strenuamente ed è tanto bella quanto difficile da coltivare. Ne ho avuto una quando vivevo negli Stati Uniti (la fittonia è sì americana, ma tropicale del Sud), la trovavo assolutamente splendida, ma è durata poco. Come gli amori intensi, brevi e sfortunati, mi è rimasta nel cuore.
Questa specie, fittonia argyroneura, ha venature bianco lucenti su foglie verde scuro. Un disegno raffinato, un intreccio preciso ed elegante. La creazione non esiste, solo l’osservazione della natura.
Fotografata nell’ orto botanico di Genova.

Justicia brandegeana

justicia brandegeana
Questa pianta è originaria del Messico e in italiano non ha un nome volgare. Il suo nomignolo in inglese invece è shrimp plant, pianta gamberetto, per la curiosa forma in cui sono disposte le brattee che reggono i fiori. Sia la forma che il colore ricorda la corazza di un gambero. Piante americane, essenzalmente tropicali, ne esiste tuttavia una specie che prospera in California, detta appunto justicia californica. Nella riviera dell’estremo ponente ligure trovano un clima favorevole e un cielo clemente.

Fotografata a Perinaldo, borgo limpido e aereo nell’entroterra di Sanremo. Il nome però l’ho imparato nel giardino botanico di Villa Hanbury