Narciso

Narciso tazzetta

Narcissus tazetta

Racconta Ovidio nel suo poema ‘Metamorfosi’ che Narciso era un giovane di così bell’aspetto da suscitare passione in chiunque lo guardasse, ma così innamorato di se stesso da rifiutare le attenzioni di tutti i suoi spasimanti. Fra gli altri quelle della ninfa Eco che di lui si invaghì e, rifiutata, si ridusse solo ad una voce.  Narciso fu condannato a trascorrere il tempo contemplando il suo volto riflesso nell’acqua senza poter mai raggiungerlo. Sfinito e struggente si lasciò morire e venne in ultimo trasformato in un magico fiore bianco, il narciso. Questa doveva essere la sua punizione e maledizione; infatti per gli antichi i fiori erano simbolo di castità e lontananza dalle brame carnali perché erroneamente si riteneva che fossero privi di sesso. Al contrario sono proprio i fiori la sede dell’incontro amoroso nelle piante, e i narcisi, con le loro corolle vistose ed eleganti, hanno una vita sessuale vivacissima, come osserva Jonathan Silvertown nel suo libro La vita segreta dei semi (1).

Narciso trombone

Narcissus pseudonarcissus

Ancor prima che il Narcissus poëticus  ricopra di luce e oro le prateria Appenniniche, i suoi precoci parenti di varie specie e forme compaiono nelle aiuole dei giardini e sul bordo dei tratturi di campagna.  Lungo il sentiero dell’acquedotto storico di Genova, le raffinate corolle del narciso tazzetta (Narcissus tazetta) si nascondono all’ombra di qualche arbusto. Questo narciso deve il suo nome alla lucida paracorolla a forma di tazzina gialla.

Narciso provenzale

Narcissus pseudonarcissus L. subsp. provincialis
bosco della Neviera Grande, Taggia (IM)

E sul bordo del prato, sotto il peccio (Picea abies) e in mezzo al manto dei suoi aghi, spunta e sboccia ogni febbraio il trombone (Narcissus pseudonarcissus), che si chiama anche giunchiglia. Il nome comune deriva ancora una volta dalla forma della paracorolla, un tubo lungo il doppio del suo diametro, mentre il nome scientifico dovrebbe far pensare a un narciso non proprio autentico, probabilmente per confronto con il narciso per antonomasia, cioè N.poëticus. Il narciso trombone ha varie sembianze e ciò presuppone esistano diverse sottospecie. Una di queste, Narcissus pseudonarcissus subsp. provincialis, ovvero narciso provenzale, inizialmente descritta sulle prealpi francesi di Grasse, interamente giallo e di dimensioni minute, compare anche nei boschi di Taggia (IM) nei dintorni della Neviera Grande.

Narciso papiraceao

Narcissus papyraceus

Nei giardini Hanbury di Ventimiglia, uno dei più ricchi giardini botanici d’Italia, ho incontrato nel mese di gennaio la smagliante fioritura del narciso papiraceo (Narcissus papyraceus), a volte descritto come sottospecie di N.tazetta. La paracorolla in questo caso è bianca e la denominazione specifica suggerirebbe che più degli altri questa pianta presenta elementi di consistenza cartacea.

Tutti i narcisi, seppure di dimensioni contenute, hanno colori molto accesi, bianco e giallo, che mettono a dura prova l’esposizione fotografica e mi lasciano sempre un po’ delusa per la riuscita e messa a fuoco delle immagini. Bisognerebbe dedicare ai fiori più tempo e precisione, e comunque conservare le loro forme, nitide e brillanti, negli occhi della mente.

(1) Jonathan Silvertown, La vita segreta dei semi, Bollati Boringhieri, Torino 2014, pag 33

Zafferanastro giallo

Sternbergia lutea

Sternbergia lutea

Affascinante e ornamentale, Sternbergia lutea, sternbergia gialla, è un’altra di quei fiori che ricorda lo zafferano (il magico Crocus sativus, famiglia Iridaceae), ma che con lo zafferano ha veramente poco in comune. La famiglia è quella delle Amarillydaceae, la stessa della sterminata schiera degli Allium, ha sei stami ed è abbastanza velenosa. I sintomi che provoca in chi malauguratamente ne ingerisca sono simili a quelli causati dalla colchicina, l’alcaloide del colchico, anche se non è proprio parente neppure del colchico, che appartiene ancora ad un’altra famiglia. Per fortuna in questo caso qualsiasi confusione con il vero zafferano è praticamente impossibile, perché la sternbergia è gialla che più gialla non si può.

Sternbergia lutea

Sternbergia lutea

Così il nome volgare di zafferanastro deriva semplicemente da una somiglianza nella forma, nel portamento e nel periodo di fioritura. Il nome scientifico invece è un omaggio al botanico boemo, il conte Kaspar Maria von Sternberg (1761 – 1838), che oltre a scoprire questo genere di piante fu un grandissimo studioso del mondo naturale.  Questa specie, insieme ad  altre del genere, cresce spontaneamente in molte regioni italiane ed è naturalizzata in diverse altre, fra cui la Liguria. Tuttavia incontrarlo in natura non è così facile come imbattersene in qualche giardino, dove in questa stagione i mazzetti delle sue sfavillanti corolle fanno capolino in ogni angoletto. Vorrei catturarne una nuvola oltre l’inesorabile recinto, ma riesco soltanto a mettere a fuoco la rete. Per fortuna quest’anno ne ho qualcuno anch’io, sistemati provvisoriamente in una vaso lungo. Le sternbergie sono piccoli bulbose di poche pretese, e dopo la breve fioritura, crescono cespuglietti di lunghe foglie verdissime. E’ la vita della maggior parte delle bulbose, un fiore sfavillante ed effimero e tanti mesi di attesa. E in questi giorni l’attesa si fa interessante perché stanno proprio per fiorire gli zafferani.

Erba aglina

Allium tuberosum

L’erba aglina è entrata nel mio giardino nell’estate del 2012 ed è cresciuta un po’ dappertutto, persino in qualche vaso, dove la scovavo magari già fiorita o carica dei suoi piccoli semi neri. E’ una pianticella commestibile, come la maggior parte delle specie del suo genere, Allium, famiglia Amaryllidaceae, e come per la sua quasi omonima erba cipollina (Allium schoenoprasum, vedi 2 maggio 2008) se ne consumano le foglie per insaporire salse e insalate.

Erba aglina è un soprannome generico con cui talvolta si trovano indicate altre specie del genere, pianticelle rampanti e selvatiche come ad esempio l’aglio orsino (Allium ursinum), ma anche piante di altro genere e famiglia, come Alliaria petiolata (vedi 13 aprile 2010) che è una brassicacea e dell’aglio ha soltanto l’odore, e persino la cicuta aglina (Aethusa cynapium, famiglia Apiaceae) e il camedrio (Teucrium scorodonia, Lamiaceae). Ciò dimostra ancora una volta, se ce n’era bisogno, che le piante hanno un solo nome valido, quello scientifico, quello vero.

Erba aglina

Allium tuberosum

Quest’erba aglina è Allium tuberosum, è originaria del continente asiatico,detta anche aglio cinese o erba cipollina cinese.
Avventizia o naturalizzata, è fortemente infestante e l’Australia l’ha introdotta nell’elenco delle specie invasive, da combattere senza pietà. In effetti si propaga con enorme facilità sia per diffusione dei semi che per moltiplicazione dei bulbilli e quindi va tenuta attentamente sotto controllo. Negli anni ho sempre cercato di contenerla nel suo spazio, devo dire in questo caso con un certo successo perché si distingue e separa facilmente dalle altre piante.

Ho deciso di essere implacabile con lei, anche se mi è simpatica. E’ graziosa, con i suoi fiori candidi e le foglie carnose, molto aromatiche, caparbia e resistente a qualsiasi avversità. Eccola ancora fiorita e splendente in questo caldo settembre, che è proprio la sua stagione preferita.

Aglio delle streghe

Aglio delle streghe

Allium coloratum

Questo aglio dalla chioma floreale scarmigliata, sia esso esso Allium coloratum, Allium pulchellum, oppure Allium carinatum, o ancora Allium carinatum subsp. pulchellum (c’è sempre una certa confusione fra i nomi, almeno per me), si è guadagnato fra tutti il nomignolo di aglio delle streghe. Ma non certo perché le antiche fattucchiere disdegnassero le altre specie, primo fra tutti quello coltivato, Allium sativum. Piuttosto forse per quel suo aspetto  così pittoresco e per essere pianta selvatica e vagamente misteriosa. Sono contenta di averlo incontrato oggi, lungo lo sterrato che conduce alle Miniere di Gambatesa in Val Graveglia (comune di Ne, Genova), lo stelo diseccato, ma il fiore ancora coloratissimo, come si conviene a un’erba un po’ magica.

Sembra che la parola Allium, derivi da un etimo celtico “all” che significa bruciante, con riferimento al sapore acre e pungente dell’aglio coltivato per cucina (Allium sativum) e di altre specie selvatiche. Nonostante l’odore penetrante e il sapore talvolta sgradito, tutte le specie di Allium sono commestibili e ogni parte della pianta trova un significativo impiego in cucina, dalla cipolla (Allium cepa) al porro (Allium ampeloprasum) fino all’erba cipollina (Allium schoenophrasum).  Le specie di Allium sono migliaia e ben note sono anche le loro proprietà officinali, antisettiche, ipotensive, balsamiche, antireumatiche, diuretiche, vermifughe, stimolanti, digestive, e espettoranti. Ma le antiche fattucchiere lo usavano per scacciare il malocchio, il diavolo e i vampiri e per questi poteri non è mai stato secondo a nessun’altra pianta. Mi piace pensare che sia proprio la sua ambivalenza, la pessima fama di chi lo consuma e lo fa sentire, contrapposta alle virtù salutistiche che possiede, che lo renda particolarmente intrigante per le arti magiche, come una pianta che repelle e cura.

Qualche altro post sul genere:
Allium roseum
Allium ursinum
Aglio con podalirio
Allium triquetrum
Allium sphaerocephalon

Clivia miniata

Clivia miniata

Clivia miniata

Clivia miniata
frutti

Questa stupenda fioritura di Clivia miniata l’ho incontrata nel gradevole parco di villa Vicini a Zoagli.  Si tratta di un edificio dei primi anni del ‘900 donata al comune dall’ultimo erede della famiglia e circondata da un piccolo parco lussureggiante che sovrasta la ferrovia e più oltre la spiaggia.

In maggio la clivia è fiorita, ma ha già maturato grappoli di rossi frutti. Non è una pianta difficile o ricercata. Di provenienza sudafricana, si è ambientata bene nei giardini italiani.  Parente dell’amarillide, non ha bulbo, ma radici carnose. Spesso ho raccolto i semi, ma sempre dimentico di metterli a dimora.

Nerine per sempre

Nerine sarniensis

Nerine sarniensis o bowdenii

L’autunno scompiglia il giardino, è più tiepido del previsto, quasi malato. Il giardino è sempre bello, anche se quest’anno l’ho un po’ trascurato, la stanchezza, talvolta, sconfigge anche l’amore.  Abbandonato a se stesso, senza più regole, appassisce sotto i suoi frutti e nutre la terra delle sue scorie; è diventato il giardino in movemento, il giardino planetario di Gilles Clement. Accanto a piante che non esito a definire orribili, euforbie neglette (vedi 14 marzo 2010, ma anche questa) e  giganteschi crespini, crescono broccoli siciliani da semi dimenticati, cespugli di prezzemolo e basse distese di veroniche. Queste ultime fioriranno a primavera, garantito. A ottobre sono fioriti i crochi da zafferano e l’infida piracanta si è coperta di perle scarlatte.

Nerine sarniensis

Nerine sarniensis

Sull’angolo dell’aiuola più grande, dorme sempre il grosso bulbo di amarillide belladonna, che si è anche moltiplicato e produce abbondanti foglie, ma in sei anni non si è mai degnato di fiorire.
Invece non tradiscono mai le nerine, cui ho già detto in passato, da San Diego, e poi ancora qualche anno fa. Ero indecisa sulla specie, ma nel frattempo ho ricevuto una cartolina dall’isola di Guernsey, un’isola della Manica che è dipendenza della corona britannica, con governo autonomo, ma si trova non lontana dalle coste della Bretagna francese, nel golfo di Saint-Malo. La Nerine sarniensis è il giglio nazionale dell’isola e la stessa viene indicata come Nerina bowdenii, che deve quindi essere semplicemente sinonimo. Originaria dell’Africa australe, questa amarillide deve essersi ben adattata al vento dell’Atlantico, fresca e gentile com’è, forse si adatta all’aria buona un po’ dappertutto.

Aglio selvatico

Allium roseum

Allium roseum

E’ tornato a fiorire l’aglio, selvatico e imprevisto, nel prato. Delicato alla vista, pungente ed aromatico nell’odore. Si chiama Allium roseum per le sfumature rosate dei petali. Avevamo paura di romperlo, ma lui è spavaldo e robusto, oltre il tappeto di aghi di abete (sempre più maestoso l’abete, prepotente).
E’ tornato l’aglio come sei anni fa, quando lo avevo mostrato nel vecchio blog (1 maggio 2010)
“Un aglio che non si coltiva, ma si trova selvatico sui bordi delle strade di campagna e nei campi, ovunque nella regione mediterranea. In questa pianta, come in molte specie simili, i fiori sono raccolti in dense ombrelle, le quali sono inizialmente avvolte da spire papiracee. A causa dell’uso alimentare che facciamo di alcune specie di aglio (quello propriamente detto è Allium sativum), i fiori sono poco noti e si potrebbe avere difficoltà a riconoscerli. Se non fosse per l’inconfondibile odore forte e persistente che tutta la pianta emana se soffregata, un odore acre, ma appetitoso, naturalmente a seconda dei gusti … Questa specie ha i fiori rosa pallido, ovvero bianchi screziati di risa, racolti in ombrelle fitte, e portati da lunghi peduncoli. Talvolta le ombrelle contengono anche piccoli bulbilli che, cadendo, possono dare origine a nuove piante.”

Altri post sui vari tipi di Allium

Erba cipollina (2 maggio 2008)
Aglio napoletano (12 marzo 2009)
Aglio orsino e aglio delle rocce
Aglio con podalirio
Aglio triquetro
Aglio rotondo
e per altri ancora consultare la voce Allium nell’indice

L’aglio era classificato nella famiglia della Liliaceae, poi brevemente attribuito a una famiglia più specifica, tutta sua, le Alliaceae, e definitivamente inserito da APG III nelle Amaryllidaceae.

Ancora nerine

nerine bowdenii
I bulbi di nerine che avevo piantato a primavera, senza eccessivo ottimismo, sono finalmente fioriti. Sulla specie non ho certezze, non c’era scritta sulla confezione, così mi è parso plausibile un n. bowdenii, una delle più coltivate, a fioritura autunnale appunto. Ma potrebbe essere anche n.undulata, ancora più tardiva della precedente, perchè davvero mi pare che i petali siano leggermente ondulati. Un lungo viaggio comunque, dall’Africa australe fino al mio giardino, fiori inaspettati, mentre l’autunno sta arrivando davvero.
Poco lontano dalle generose nerine, il bulbo di amarillide belladonna invece non si è ancora degnato di cercare la luce; ma so che è lì sotto, vivo e vegeto e forse un altr’anno …

Haemanthus coccineo

haemanthus coccineus

Haemanthus coccineus

Questo raro genere di piante viene da molto lontano, dall’emisfero australe, fra Africa e Oceania. Si possono coltivare, ma più spesso si amirano nei giardini botanici. I fiori, come in altre amarilli quali la belladonna, spuntano dal bulbo prima delle foglie, dando l’impressione di emergere dalla nuda terra.

Qui fotografato all’orto botanico di Genova, settembre 2010