Cavolo nero

brassica oleracea

brassica oleracea var. acephala

Quest’anno celebro la primavera con un fiore un po’ sui generis, visto che dovrei chiamarlo il fiore del cavolo. Un cavolo molto coraggioso però che ha resistito alle gelate di febbraio ed è risorto impavido, fiorendo instancabile, nero e giallo di primavera.

Erba dei cantanti

Sisymbrium officinale

Sisymbrium officinale

Questa pianticella, esile, modesta, diffusissima, si trova a volta con il nome di erba cornacchia. Denominazione alquanto inopportuna per un’erba usata per curare mal di gola, raucedine e tosse e consigliata ai cantanti per schiarire la voce. I coristi della Chiesa ne succhiavano alcuni pezzi freschi prima della messa. E allora perchè erba cornacchia? Davvero non saprei.
Ho già parlato di quest’erba, con qualche dettaglio in più, con il nome di erisimo il 31 agosto 2009. Se oggi mi ripeto, è perchè la determinazione mi pare più precisa, sono assolutamente sicura della pianta di questa fotografia, mentre quella precedente mi pare abbia fiori troppo grossi e potrebbe trattarsi di qualche altro ‘broccoletto’. Con il nome di erisimo, cioè Erysimum, si chiama peraltro altro genere di brassicacee, simile alle violacciocche (vedi 21 marzo 2010), quindi anche il nome di erisimo, con cui si designa quest’erba dei cantanti, crea nuovamente una di quelle tipiche confusioni botaniche per cui il nome vero di una pianta è il nome falso di un’altra e viceversa. Almeno su alcuni punti mi pare di avere fatto chiarezza. Quanto alle cornacchie, beh non si può negare che abbiano una ‘voce’ squillante …

Violacciocca

matthiola incana
Questo fiore è nato dalla stesso seme della mattiola incana che ho preso da una pianta del vicino. Il fiore di regola è viola a quattro petali regolari, come nella vecchia foto del 5 giugno 2009. Come mi ero riproposta allora, avevo prelevato un paio di silique e preso i semi, e messi nella terra. E dopo due anni ho avuto un bellissimo cespuglio dalle foglie argentee e i fiori viola, incredibilmente precoci (vedi 5 febbraio 2011), ed altrettanto abbondanti (ce ne sono ancora un paio di irriducibili). Qualche semino avanzato si è infilato anche nelle semine di questa primavera, ed è puntualmente germogliato in un cespuglietto di foglie lanceolate. Di questi, due cespuglietti sono alti e floridi, ma senza fioritura. Non ho fretta, la mattiola è una pianta perenne ed avrà tempo di darmi soddisfazioni. Invece in questo vasetto è nato uno stelo più esile, con le stesse foglie cinerine e allungate e questi strordinati fiorellini a fiori doppi, che hanno proprio tutta l’aria delle violacciocche dei fiorai. Sarà un seme divers? O più probabilmente quel fenomeno che muta gli stami in petali e genera, come nelle rose e nelle camelie per esempio, i fiori doppi. Devo documentarmi un po’ meglio. Per ora mi tengo il piccolo gioiello, sperando che non sia un miracolo isolato.

Ravanello selvatico

Raphanus raphanistrum

Raphanus raphanistrum

Si chiama Raphanus, ma non ha molto in comune con il rafano o cren, armoracia rusticana, se non ovviamente la famiglia che è quella delle brassicaceae. Invece è parente stretto del ravanello, Raphanus sativum, la piccola e piccante rapa rossa da insalata.
Questo ravanello selvatico è assai comune ai margini delle strade, con quei suoi fiori da broccoletto, ma più larghi e con le venature scure. Quello della fotografia è Raphanus raphanistrum L. subsp. landra, la sottospecie a fiori gialli, frequente infestante delle colture, mentre Raphanus raphanistrum L. subsp. raphanistrum ha fiori bianchi, molto simili a quelli di eruca sativa, la rucola comune (13 ottobre 2008).
raphanus raphanistrum
Ma ciò che rende il ravanello selvatico assolutamente inconfondible, anche dalle altre brassicaceae gialline, che sono tante e tutte somiglianti, sono i suoi frutti, già maturi, silique lunghette, contenenti fino a 8 semi, ma strozzate fra un seme e l’altro, come bacelli bitorzoluti (vedi foto sotto).

Sarei curiosa di vedere se anche il ravanello coltivato ha simili frutti, ma del ravanello non ho in realtà mai visto neppure i fiori, impaziente com’ero di assaggiarne la saporita radice.

Anche il ravanello selvatico non tradisce la sua appartenenza alla famiglia dei cavoli, ed è pianta commestibile, utilizzata un tempo sia per le foglie che venivano consumate lesse, sia per la radice che veniva ovviamente usata come la rapa.

Barbarea

barbarea vulgaris
Rieccoci con le brassicacee gialline, nel parco fluviale del Magra, a Sarzana. A parte il fatto che è glabra, l’avrei certo confusa con sinapis arvensis, o con qualche altra sinapis. Molto importante invece questa pianta, che si chiama anche Erba di Santa Barbara (da cui barbarea) per minatori e artificieri, protetti dalla santa della polvere da sparo, aiutati dalle lucide foglie che hanno fama di lenire le ferite.

Senape selvatica

sinapis arvensis
Che pasticcio queste brassicacee! Sembrano piante così innocue, morbide e semplici. Semplificano la vita con i loro quattro petali opposti, bianchi o gialli, talvolta viola o lilla, ma sempre inconfondibili. Però quando si tratta di identificarle per bene, con genere e specie, è roba da professionisti. Questa sinapis arvensis, senape selvatica, potrebbe anche essere un raphanus raphanistrum (ravanello selvatico), oppure … Per riconoscere le brassicacee pare sia indispensabile visionare anche il frutto maturo, quelle silique che sembrano bacelli (ovviamente agli occhi dei super profani) e che sono glabre (non pelose) e a becco nella senape, e fortemente strozzate fra un seme e l’altro, nel caso del ravanello.
Accanto a questa pianta cortesemente visitata dall’impollinatore, ce n’erano molte altre, uguali, e già impollinate a dovere, con lunghe silique arcuate, senza peluria … quindi senape sia.
Nella stessa giornata, nello stesso ambiente, il parco fluviale del Magra (La Spezia), trovo almeno altre tre brassicacee gialline che non so bene come collocare. E pensare che la maggior parte delle persone le chiamerebbero tutte broccoletti.

Violacciocca marina

matthiola tricuspidata
Non è una pianta selvatica, ma coltivata in un giardinetto di Gonnoscodina (Oristano) e fiorita nell’aprile dell’anno scorso. Però assomiglia come una goccia d’acqua alla viola marina che cresce sulle spiagge, o comunque non lontano dal mare, nel centro sud e isole. Così mi butto e la identifica come matthiola tricuspidata, anche se Gonnoscodina proprio sul mare non è. Con il nome di violacciocca si chiamano diverse piante delle brassicaceae, dalla graziosa ed esuberante fioritura primaverile. Le trovo molto belle e sono molto orgogliosa della matthiola incana (5 giugno 2009) che ho piantato nel mio giardino (vedi 5 febbraio 2011), pianta perenne dai fiori viola intenso molto più grandi di quelli di questa m.tricuspidata. Mi piacciono incredibilmente anche le violacciocche gialle (erysimum cheiri, 21 marzo 2010), che vorrei seminare in futuro recuperando i semi dalle piante di un mio vicino. E anche se in Liguria non c’è, sarebbe carino riuscire a crescere anche questa piccola meraviglia, in morbidi cuscinetti setosi, negli angoli delle aiuole.

ps — nell’elenco dei buoni propositi, c’è l’aggiornamento di tutti i post che ho lasciato indietro senza commento o con commenti insufficienti. Spero, spero di riuscirci entro questa settimana !!

Draba primaverile

erophila verna
I fiori di campo mi sorprendono nei luoghi più inaspettati con la loro fantasiosa diversità. Si direbbe che nelle aiuole di un centro commerciale padano si possa trovare al massimo parietaria e qualche gramigna, cartacce e polvere. E invece le scoperte sono in agguato anche qui, come già scrivevo qualche giorno fa presentando Erodium cicutarium. Proprio vicino al becco di gru, in quella stessa aiuola del parcheggio della fiera di Montichiari (Brescia), avevo scoperto una pianticella sconosciuta, una rosetta di foglie pelose, microscopiche infiorescenze candide, frutti a siliquetta. Tutti gli elementi mi facevano pensare a una brassicacea, tranne quei fiori a stella con corolle di otto (8?) petali. Le brassicacee si chiamano anche crucifere perchè le corolle sono rigorosamente composte da quattro petali disposti a croce (vedi per esempio Eruca sativa, la rucola, 13 ottobre 2008). E neppure la piccola draba sfugge alla regola, se non perchè i suoi quattro petali sono così profondamente incisi da farsi doppi e sembrare otto. Alla fine ero ben convinta che fosse una crucifera, perchè troppi erano gli elementi che lo facevano supporre, ma non avrei trovato il nome giusto in una famiglia che conta circa 300 generi diversi, per la maggior parte presenti in area mediterranea. Così ho cercato un aiutino, questa volta nel forum di Natura Mediterraneo e in men che non si dica è venuto fuori il nome. Un nome che è tutto un programma perché significa letteralmente ‘amante della primavera primaverile’ e fa capire che questo è il momento giusto per ammirare la piccola signorina in tutta la sua bellezza e freschezza. Precocissima, ha già pronti i piccoli frutti, gonfi di semi in crescita. La mia idea pazzerella di un atlante dei fiori che spuntano nelle aiuole dei centri commerciali e simili mi attira sempre più.

Alisso

alyssum saxatile
E’ fiorito anche l’alisso, qualche timido capolino giallo sui cuscinetti di foglie grigio verdi che già tappezzano l’aiuola. Non hanno paura di nulla e splendono nell’aria un poco più calda di una giornata di timido sole.
La terra è ancora bagnata, a tratti fradicia, ma le cipolline ‘vive’ sono finalmente sistemate al loro posto.
E’ una corsa contro il tempo, perchè domani si prevede altra pioggia.

Di alisso si parla anche il 28 ottobre 2008 .