Croco autunnale

Croco autunnale

Crocus ligusticus
monte San Nicolao

Fra l’erba alta ormai ingiallita dei prati dell’entroterra che sa di montagna, sbocciano come stelle turchine i crochi autunnali. Questo fiore assomiglia tanto, troppo, alla pianta dello zafferano. Quella polvere d’oro, che imbiondisce e insaporisce il risotto, non solo colorata, ma anche saporita e benefica, perché contiene crocina, un antiossidante, si ricava dagli stimmi filiformi di un fiore, Crocus sativus, che di stimmi ne ha tre. Il nome di questa pianta deriva proprio dalla parola greca kròkos che significa filo. Spezia già nota in tempi antichissimi, descritta nel papiro di Ebers del 1550 a.C., il vero fiore delle zafferano è oggi soltanto coltivato e inesistente allo stato spontaneo. Il Crocus ligusticus, in precedenza chiamato Crocus medius e soprannominato anche zafferano ligure, è quello che si avvicina di più al C.sativus per il periodo della fioritura, l’aspetto e certe caratteristiche organolettiche, anche se di stimma ne ha uno solo, laciniato e piumoso, ed è molto meno aromatico e colorato dell’originale.

Crocus sativus

Crocus sativus

Io ho piantato i cormi di Crocus sativus nel mio giardino e ogni anno coloro debolmente un risotto o una pastasciutta con zafferano a chilometri zero. La foto a destra mostra uno dei miei fiori, un po’ timido nel nascondere i preziosi stimmi dietro i petali.

Tutti  i crochi (famiglia iridacee) hanno poi tre stami gialli ed è questo particolare che li distingue dal colchico (Colchicum, famiglia Colchicaceae), una pianta velenosa detta volgarmente ‘zafferano bastardo’, che di stami ne ha sei.

Colchico

Colchicum alpinum

 

 

Il Crocus ligusticus fiorisce da metà settembre a metà novembre e si incontra un po’ dappertutto in questa stagione sui monti liguri.  Li ho ritrovati in questi giorni sul monte San Nicolao, una vetta molto panoramica sopra il passo del Bracco nell’entroterra di Sestri Levante (GE), nella stessa zona dove già li avevo fotografati nel settembre 2002 , come si vede qui.

Le stagioni del bosco

Prima di diventare l’oscuro scrigno di misteri e magie delle notti d’estate, il bosco ancora spoglio è un caleidoscopio di vitalità ed esperimenti.

Crocus vernus nel bosco

Crocus vernus

Quando ero bambina, figlia della città, conoscevo la campagna solo d’estate e pensavo al bosco come una luminosa penombra, coperto da un tappeto di tiepide foglie e muschi, con pallidi ciuffi di erba giallina.  Con mia grande sorpresa lo scoprii un giorno a fine inverno pieno di luce e coperto di crochi rosa. Il croco è una delle avanguardie più spavalde della fine del gelo, timido ed invadente, piccolo, ma coraggioso. Dove nevica, riesce a bucare la neve. Ha graziose corolle, dal bianco al violetto, petali vellutati e resistenti, stami giallo rossi e uno stimma arancione e piumoso. Appartiene alla famiglia delle iridacee, con giaggioli e gladioli. Uno dei più comuni è Crocus vernus, cioè croco invernale, o meglio primaverile, che si distingue per esempio da Crocus biflorus, altra specie diffusa, ma non comune in Liguria, perché la fauce, cioè l’incavo più profondo del fiore è viola pallido o bianco, mentre quello di C. biflorus è giallo.

Crocus ligusticus

Crocus ligusticus
(autunnale)

Il croco più celebre è lo zafferano, Crocus sativus, specie ormai soltanto coltivata, che fiorisce in autunno. E autunnale è anche il Crocus ligusticum, detto zafferano ligure, che però dello zafferano vero è solo uno scadente surrogato. Crocus sativum ha tre stimmi rosso fuoco chiaramente distinti, che contengono la preziosa spezia, mentre gli altri crochi ne hanno uno solo, laciniato e piumoso. Tutti i crochi hanno poi tre stami gialli ed è questo particolare che li distingue dal colchico (famiglia liliacee), che é una pianta velenosa, detta volgarmente ‘zafferano bastardo’.

Erythronium dens-canis nel bosco

Erythronium dens-canis

Ma torniamo al bosco. Quando la fioritura dei crochi primaverili volge al termine, il sottobosco dei castagneti e faggeti, ancora molto luminoso, si ricopre di fiori variopinti. Per esempio lo puoi trovare cosparso di piccoli gigli dalle foglie maculate. E’ l’eritronio o dente di cane (pare che questo singolare nome sia dovuto alla forma del bulbo), piuttosto comune nel Nord Italia, assente invece nel Centro-Sud. Con l’ingenuità del neofito, osservando i lunghi petali ripiegati all’indietro verso l’alto, per anni ho pensato che si trattasse di una sorta di ‘ciclamino selvatico’.  Le somiglianze superficiali spesso traggono in inganno, perché eritronio e ciclamino non sono per nulla imparentati, neanche alla lontana. Il ciclamino appartiene alla famiglia delle primulaceae, dicotiledoni, e la sua radice è un tubero. L’eritronio è una liliacea, monocotiledone, con radice a bulbo. Affascinata dalla grazia delle sue forme, una volta, confesso, l’ho sradicato e portato a casa. Sopravvisse, ma non durò a lungo terminata la fioritura. Ho imparato da questi goffi esperimenti che i fiori selvatici stanno bene dove sono e per finestre e balconi meglio scegliere i ciclamini dei vivai.

Hepatica nobilis nel bosco

Hepatica nobilis

Nei pressi di casa mia, i dente di cane sono radi, mentre in marzo il bosco è letteralmete cosparso delle corolle blu delle epatiche, una ranunculacea. La sua stagione è breve, anche se le ombre dell’estate sono ancora lontane. L’aria si è fatta tiepida e ormai il bosco dona senza bisogno di chiedere. Le anemoni trifogliate (Anemonoides trifolia, famiglia ranuncolacee) spuntano fra le foglie secche come piccole stelle luminose. Anche questa piantina è presente in Nord e Centro Italia, ma non al Sud.

Anemonoides trifolia nel bosco

Anemonoides trifolia

Piuttosto simile alla trifogliata è l’anemone bianca, Anemonoides nemorosa. Entrambe crescono nei boschi di latifoglie, quercete e faggete, e fioriscono più o meno nello stesso periodo. La differenza fra le due specie sta soprattutto nella forma delle foglie e nel colore delle antere, bianche quelle della trifogliata e gialle quelle della nemorosa.

Anemonoides nemorosa

Anemonoides nemorosa

Sugli alberi ormai compaiono le prime gemme. Alcuni si ornano di fiori, come i piccoli e robusti cornioli, i magici olmi, o di amenti, sospesi come preziosi pendagli. Il verde acerbo delle prime foglie non smorza la luce del sole.

Sarà quando i castagni, signori del bosco, si coprono d’oro che sapremo che i fiori sono andati a dormire e il bosco è veramente pronto alla sua stagione migliore.

Castanea sativa

Castanea sativa
fiori

Crocosmia

Crocosmia

Crocosmia

Il colore brillante, i fiori carnosi e ricchi, l’oroginale disposizione sullo stelo, so di certo che si tratta di una pianta coltivata, in un giardino di mezza montagna, vicino a una cascina. Non è amarilli e neppure, sarebbe improbabile, eliconia. Il suo nome è Crocosmia, della famiglia delle iridaceae, come i crochi, da cui presumibilmente il suo nome deriva.

Giaggiolo puzzolente

Giaggiolo puzzolente

Iris foetidissima
i fiori di maggio

Anche nel mio piccolo giardino scopro sovente qualcosa di nuovo: come un giaggiolo, nato sotto il ciliegio, con strani fiori fra il giallo e il marrone. Un grosso cespo, cresce da qualche anno, e non mi sono neppure chiesta da dove sia venuto. Il suo nome è Iris foetidissima, cioè giaggiolo puzzolente, per la proprietà delle sue foglie di emanare, se strofinate, un odore sgradevole. Un nome impietoso per un fiore raffinato, come spesso sono i nomi della tradizione, fermi al tempo in cui odori e sapori erano le caratteristiche più importanti di qualsiasi verdura. Gusto e odorato sono i sensi vitali, perchè quelli che valutano il cibo, la bontà e sicurezza di ciò che si mangia. La bellezza, il colore sono accessori, gradevoli, ma inessenziali.
Da dove viene questo giaggiolo? Potrebbe anche essere specie spontanea, un seme capitato per caso. Ho interrato molti bulbi in giardino, qua e là, ma non sotto il ciliegio. Ma se non viene da acquisti o regali, deve essere un vagabondo. Specie spontanea in tutta la penisola, apprendo dal solito actaplantarum.

Giaggiolo puzzolente

Iris foetidissima
le bacche autunnali

Nel giardino fradicio e sbrindellato di novembre, spicca il colore acceso delle sue bacche, rosse arancio, a grappoli fitti. Da lontano pensavo fosse solo il cotoneaster (Cotoneaster dammeri, vedi 31 dicembre 2008, anche detto cotognastro di Dammer), che allunga rami striscianti punteggiati di bacche rosse, singole e minute come perle. Le bacche di questo giaggiolo ricordano quelle del gigaro (Arum italicum), che tuttavia mi accorgo di non avere mai pubblicato (vedi 2 maggio 2010 per i fiori di questa pianta). Come quelle del gigaro appunto anche queste bacche sono tossiche. Ma il loro colore rosso acceso parrebbe attirare gli uccelli che, pur non cibandosene, le trasportano, favorendone la diffusione.

Nonostante l’odore, anche questo giaggiolo è una specie da giardino, perchè ha fiori moderatamente appariscenti e fogliame lucido. Una delle sue attrattive più ricercate sono proprio le bacche dal colore brillante, il colore dell’autunno.

Iris blu

Iris reticulata

Iris reticulata

Iris reticulata

Iris reticulata  “Katharina Hodgkin”

Il giardino si risveglia, piano piano dopo i crochi gialli ora è la volta degli iris blu. Il nome scientifico, credo, è Iris reticulata e i bulbi vengono dalla Polonia, così devono aver sperimentato freddi assai più rigidi di quello di questo umidissimo inverno ligure. Ma si sono riprodotti parecchio dall’inverno scorso e ora sono sbocciati a mazzi, tappezzando gli angoli delle aiuole. Predominano quelli blu carico, veri principi di fine inverno. Finchè ne sboccia un altro, della varietà più pallida, un po’ staccato dagli altri, ma non meno sorprendente e raffinato. L’ho battezzato affettuosamente ‘il brutto anatroccolo’, pensando allo splendido cigno.
Infatti, nel giro di pochi giorni, mentre i primi iris blu cominciano inesorabilmente a sfiorire, quelli pallidi celestini si moltiplicano rapidamente e l’aiuola, come si conviene in un giardino che si rispetti, ha già cambiato colore.

 

Aggiornamento del febbraio 2019

Il ‘brutto anattroccolo’ sarebbe in realtà la splendida varietà di iris nano Katharine Hodgkin “…vistosamente striato, da molte persone scambiato per un’orchidea”. Non faccio pubblicità a nessun rivenditore, quindi ecco qua, e pure in inglese.

Zafferano

crocus sativus

Crocus sativus

Questo post poteva intitolarsi ‘i fiori se ne fregano’ ovvero ‘i fiori sono più forti di tutto’. Quando viene il loro tempo e la natura chiama, non stanno mica a guardare per il sottile, se sia il momento più adatto, se le carte sono in ordine, se veramente conviene, e che cosa ha fatto il vicino. Quando arriva il momento, sono pronti e basta. Sbocciano.
In questi giorni, da queste parti è piovuto molto. Abbiamo visto cascate dove erano semplici mucchi di pietre, maestosi temporali hanno illuminato a giorno la notte, la grandine ha falcidiato la cicoria e i cavoli. Il giardino, sotto il diluvio, sembrava una palude, e i germogli spuntavano appena nelle pozze. Ora che l’acqua è defluita lentamente, e la terra è umida e intrisa, ma è tornata terra, il crocus sativus, il fiore rosso degli dei, lo zafferano, è fiorito.
Il fiore dello zafferano contiene tre fili di color rosso vivo, gli stigmi, che sono le propaggini ultime del pistillo, il fiore femminile. In questo fiore si intravedono appena, ma a maturazione sono lunghe propaggini arcuate che bisogna cogliere al momento giusto, in una mattina asciutta, prima che appassiscano con la corolla. Perchè proprio dagli stigmi si ricava la polvere preziosa, la spezia, ricca di sostanze benefiche. Una polvere scarna, timida e vulnerabile, troppo facilmente contraffatta. Si può per esempio mescolare con il polline giallastro delle antere, la parte maschile del fiore che, curiosamente, sono in questo caso soprannominate ‘femminelle’, in un’espressione quasi dispregiativa per indicarne lo scarso valore. Perchè il polline non è zafferano e allo zafferano neppure lontanamente assomiglia.

crocus ligusticus

Crocus ligusticus
foto di Carla- Monte Treggin
ottobre 2002

Il crocus sativus non si trova spontaneo in natura, ma è specie selezionata da centinaia di anni per ricavarne la spezia. Si possono però incontrare nei campi fiori assai simili, come il Crocus vernus e il Crocus albiflorus (5 febbraio 2009), che fioriscono all’inizio della primavera, e il Crocus ligusticus (20 ottobre 2008), il più simile al nobile parente, succedaneo a volte, quasi a buon diritto (ma lo stimma è uno solo).

Ho piantato una ventina di bulbi di zafferano in giardino, alcuni sono ancora troppo piccoli per fiorire, altri fioriranno troppo velocemente per poterli raccogliere, a qualcuno forse riuscirò a strappare i preziosi stimmi, raccoglierli con cura, asciugarli a una moderata fonte di calore, e conservarli per un risotto.

Gladiolo

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Gladiolus italicus

 

In campagna i gladioli si coltivavano ai margine degli orti d’estate, ma soprattutto per reciderli e ornarne le statue religiose nelle processioni. Questo gladiolo dei campi è molto più delicato, grazioso ed elegante di quei fiori vistosi, rossi, gialli, arancione, e bianco che a mazzi abbelliscono le effigi della vergine assunta o dei cristi luccicanti di ori. Più grande e precoce del selvatico gladiolo reticolato (22 luglio 2009), si accontenta del suo colore naturale, un rosa lilla squillante e raffinato.

 

Fotografato nei giardini di Villa d’Este a Tivoli

 

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La stagione degli iris

'Holland' irisLa fioritura degli iris dura poco, per ciascun fiore non più di una settimana, per una pianta intera solo poco di più. Gli ultimi a fiorire, in ordine di tempo, sono le varietà dette ‘olandesi’. Questi iris non sono in verità originari dell’Olanda come piante spontanee, ma sono ibridi realizzati da un vivaista olandese utilizzando varie specie, fra cui i. xiphium and i. lusitanica. Quest’ibrido ha avuto molta fortuna non soltanto per l’avvenenza, ma anche per la varietà di colori con cui si presenta e la facilità di coltivazione. Tutti gli iris, ma soprattutto i giaggioli, o iris barbata, si prestano molto per le ibridazioni. Con un po’ di garbo e un pizzico di fortuna, anche il giardiniere dilettante può realizzare il suo ibrido personale, strofinando lo stigma di una pianta con il polline di un’antera matura di un’altra. iris barbataNel giro di due o tre mesi, i frutti raggiungeranno la maturazione e si potranno ricavare i semi. Ma per vedere il risultato vero e proprio, cioè il fiore frutto dell’incrocio, si devono aspettare almeno due anni e naturalmente non è affatto garantito che il risultato sia all’altezza delle aspettative. Però si tratterà di un fiore tutto nostro, qualcosa che prima non esisteva, che è stato creato da noi. (per saperne di più: G.Batini e M.N. Batini Presenti – Divertirsi con le piante – Vallecchi Ed. 1987 – libro di veramente piacevole lettura)

L’iris olandese è sbocciato nel mio giardino da un bulbo che mi ha regalato Irena, la mia amica polacca, insieme agli agli. L’iris giallo qui a fianco invece sembra cresciuto per caso, a ridosso di una rete di recinzione di un campo, in mezzo alla parietaria e sotto i viticci di una passiflora. Alto, giallo, altezzoso, come un nobile fra la spazzatura.
Sia che crescano super coccolati nei giardini, sia che sboccino quasi randagi sui bordi della strada, gli iris quando fioriscono non badano a spese e si ricoprono di un’eleganza sfacciata. E così accade che gli si perdoni di quelle lunghe foglie nastriformi e stoppose, l’unica cosa che ci resta di loro per tutto il resto dell’anno.

Romulea

romulea ligusticaCon l’inizio della primavera, esplodono le fioriture delle iridacee, raffinate e discrete, impalpabili e perfette. La romulea è una delle più piccole, assomiglia a un piccolo croco, tanto che annovera fra i suoi nomi comuni anche quello di zafferanetto (ma quanti zafferani, zafferanetti, zafferanastri, zafferanoni e zafferani bastardi si incontrano dovunque!). Diversamente dai crochi, i piccoli fiori sono sorretti da un stelo e spesso sbocciano in gruppi ravvicinati in cima allo stesso stelo. Hanno forma di stella, con 6 tepali tutti uguali di vario colore, dal bianco al giallo, al rosa al viola pallido o intenso. Sono piccole stelle fugaci perchè la loro fioritura dura soltanto poche settimane.
Questa Romulea ligustica in Liguria è una rarità, secondo gli esperti si trova soltanto in tre località e non so neppure quali (ma una dovrebbe essere in comune di di Genova …). Rara, credo, anche in Corsica, è invece ben rappresentata in Sardegna, dove appunto l’ho fotografata durante il mio giretto l’anno scorso in Marmilla (provincia di Oristano), sulla Giara di Gesturi.
romulea ligustica

Croco di primavera

crocus vernusCon i crochi ho sempre fatto un bel po’ di confusione. E’ già abbastanza difficile non confonderli con i colchici, ma addirittura riconoscere le diverse specie mi sembra un’impresa superiore alle mie forze. Mi pare che tutti si assomiglino alquanto, e quasi tutti rispondono al nome volgare di ‘zafferano selvatico’, un succedaneo, più o meno efficace, ma certamente molto meno pregiato dello zafferano ‘vero’ (Crocus sativus, ormai solo da coltivazione). Oggi però posso dare con sicurezza un nome a questo croco, così comune nei boschi di castagni vicino a casa mia, piccola e coraggiosa avanguardia della stagione dei fiori. Infatti ho ricevuto conferma da persona competente sulla specie di questo fiore, che è anche il croco più diffuso sulle alture genovesi. Si tratta di Crocus vernus, cioè croco invernale, o meglio primaverile e si distingue per esempio da Crocus biflorus, specie diffusa, ma non comune in Liguria, perché la fauce, cioè l’incavo più profondo del fiore è viola pallido o bianco, contro il giallo di C. biflorus. Quest’ultimo inoltre ha caratteristiche strie bruno-violacee molto marcate sull’esterno del petalo. Molto belle, ma non è il caso del ‘mio’ croco, che ha striature violette pallide ed eteree. Boh. spero di aver capito. Il resto è davvero da specialisti.