Salvia ananas

Salvia elegans

Salvia elegans

Ripropongo questo post del 31 agosto 2008.

Ecco un’altra pianta che ha preso in prestito un odore non suo (e un pochino anche il sapore). Originaria del Messico, ha foglie ovali e steli rossicci, e un odore che ricorda quello dell’ananas. E’ una bella pianta da giardino, che poco ha da invidiare alla più conosciuta salvia splendens dagli abbondanti fiori rosso arancio. Si chiama in inglese ‘scarlet pineapple’ e da noi è più nota come ‘salvia ananas’. Inutile dire che con l’ananas non ha niente da spartire, è una labiata come tutte le salvie, mentre l’ananas è un’esotica bromeliacea. Il suo profumo suggerisce di usarla per guarnire le macedonie, ma è apprezzata anche per aggiugnere un tocco insolito a pesce e carni bianche. Il suo fiorellino rosso scarlatto, delicato, ordinato, intenso, è stato una sorpresa in questi giorni perchè non credevo fiorisse più.  Ma lo fa, da giugno a settembre, talvolta (cito il vivaista) anche in inverno. Staremo a vedere.

Purtroppo questa bella pianta non è sopravvissuta al rigido inverno del 2009.

Agastache

Agastache mexicana

Agastache mexicana – luglio 2015

L’agastache è una pianta aromatica, commestibile, officinale.  Il suo nome significa qualche cosa come ‘dalle molte spighe’ dal greco ἄγᾰν molto, e στάχυϛ spiga.  Tutte le specie sono originarie del Nord America,  tranne A.rugosa che viene dall’estremo oriente asiatico(1), e quindi non si incontrano nei nostri prati.

Ho conosciuto  Agastache mexicana qualche anno fa ad una fiera di piante ed è stato amore a prima vista.  Ha il portamento snello e dimesso del nostro issopo (vedi 15 giugno 2009), con il quale nei luoghi di origine viene talvolta confusa, e piccoli fiori rosati.  Foglie e petali emanano un profumo squisito, dalla delicata fragranza citrina, e lo conservano, intatto, anche diseccati.  Purtroppo la pianta che avevo messo a dimora quattro anni fa mi pareva scomparsa e ne ho cercato a lungo e inutilmente un altro esemplare. Persino la coltivatrice che me l’aveva venduta non ne aveva più a disposizione.  Mi rimanevano le dolcissimo foglie secche, in un cartoccio, e un po’ di malinconia.

Agastache rugosa

Agastache rugosa

A settembre dell’anno scorso, alla fiera di Murabilia, presso lo stand dell’Associazione Adipa, trovo finalmente dei semi di Agastache rugosa, una specie simile, che mi riaccende la speranza.  Tutte e due le agastache sono piante perenni, piacevoli nell’aspetto e generose. Sono sempre stata abbastanza fortunata con i semi forniti da questa associazione e infatti Agastache rugosa è germogliata e cresciuta senza sforzo e ora ne ho un bel fazzoletto fiorito in un’aiuola. Viene chiamata menta, o issopo coreano (infatti è dall’Oriente che proviene) e il suo profumo è intenso, leggermente aspro,  ma non ha la squisitezza della A. mexicana.
Mi piace pensare che la vicinanza della cugina abbia risvegliato da un letargo durato anni la pianta di Agastache mexicana che credevo perduta.  Docile e snella è sbucata di nuovo, piccole foglie e microscopici fiori, pronta a formare un nuovo cespuglietto.

Agastache mexicana

Agastache mexicana
il nuovo germoglio – agosto 2019

Le qualità officinali di Agastache mexicana  sono ben note nell’etnomedicina del suo paese.  Con le parti aeree della pianta o l’infiorescenza isolata vengono preparati infusi e decotti o macerati alcoolici per trattare gli stati di ansia, insonnia e ipertensione, ma anche reumatismi e dolori causati da affezioni gastrointestinali. Uno degli utilizzi più diffusi è per alleviare i dolori addominali, e sembra proprio che una sottospecie, A. mexicana ssp. xolocotziana, chiamata “toronjil blanco” o issopo bianco, contenga un efficace principio spamolitico.(2)  Leggo che questa sottospecie si riconosce anche dal caratteristico aroma di limone.  Devo approfondire, ma forse è proprio la mia.

(1)Fuentes-Granados R.G. et al. (1998) An overview of Agastache research – J.Herbs Spices Med. Plants, 6:69-97
(2)Ventura-Martínez R et al. (2017) Spasmogenic and spasmolytic activities of Agastache mexicana ssp. mexicana and A. mexicana ssp. xolocotziana methanolic extracts on the guinea pig ileum. J Ethnopharmacol. 196:58-65 doi: 10.1016/j.jep.2016.12.023.

Salvia glutinosa

Salvia glutinosa

Salvia glutinosa

Ripropongo questo post del 28 luglio 2009

Appiccicaticcia. Questa secondo me è la traduzione più fedele di glutinosa, anche se in generale il nome comune di questa pianta è ‘salvia vischiosa’. Se la toccate si può capire perchè “dalla pianta è possibile ricavare gomma”. I fiori hanno ampie labbra, sporgenti e arcuate, gialle, punteggiate di marrone. Anche se manuali e trattati non lo spiegano proprio bene, ho imparato che i fiori di questa forma particolare sono del genere salvia. Che mentre le altre piante della famiglia (labiate appunto) sono più discrete, mimetiche, con le labbra atteggiate a piccola bocca composta, quando le labbra sono grandi, spalancate, sguaiate, potete stare sicuri che è una salvia. Con grande gioia, almeno così fantastico, degli insetti, che possono usarle quasi come un dondolo, un’altalena. La pianta è alta, le foglie ampie e verdi, appiccicaticce, e difficilmente passa inosservata. Ha anche virtù officinali, rinfrescanti e disinfettanti. Prospera al margine dei nostri boschi di castagno dove, anche in odore di agosto e di solleone (ormai ci siamo), i fiori non mancano mai.

Clerodendro cinese, piccolo albero della buona sorte

Clerodendro cinese

Clerodendro cinese  – Clerodendrum bungei

 

Tempo fa mi chiedevo perchè il clerodendro ha questo nome, albero o pianta del destino o della buona sorte. Si tratta, è facile intuirlo, di una pianta sacra, usata in oriente, di dove è originaria, nelle cerimonie religiose. Mi convince assai meno l’interpretazione che farebbe risalire il nome all’azzardo che c’era nell’utilizzare questa pianta, dato che alcune specie sono tossiche ed altre officinali. Questa circostanza peraltro è vera per molti generi di piante, commestibili e nutrienti, o indigeste e tossiche a seconda della dose di certi componenti (vedi per esempio la patata).
Il genere Clerodendrum comprende alberi d’alto fusto, ma anche arbusti più modesti, come questa specie ornamentale,  che è assai esuberante e robusta, anche se sensibile alle gelate. Tutte le specie hanno fiori a forma di piccole stelle, prepotentemente profumati e riuniti in infiorescenze a ombrello rotondeggianti. Fiori che attirano le farfalle e anche, dove ci sono, i colibrì.  Clerodendrum bungei, ovvero clerodendro di Bunge (insigne botanico russo-germanico), ma volgarmente detto clerodendro cinese, non fa eccezione, anche se, a differenza dei fiori, le foglie sprigionano al contatto un odore pungente e sgradevole e la pianta è conosciuta anche come C. foetidus.
Clerodendrum appartiene alla famiglia delle Lamiaceae, ma talvolta viene assegnato alle Verbenaceae, tanto che nel dubbio io le ho indicate entrambe.

Fotografato nell’agosto di qualche anno fa, vicino a San Desiderio, Genova.

Falsa ortica maggiore

Lamium orvala - Falsa ortica maggiore

Lamium orvala – Falsa ortica maggiore

 

Falsa ortica maggiore o ortica morta (‘dead nettle’ in inglese), cioè priva dell’aggressività cutanea dell’ortica, ecco un’altra versione della pianta che da il nome alla famiglia delle lamiacee, già labiate. Ho già mostrato in precedenza la falsa ortica purpurea, e di quella maculata (14 marzo 2009).

Salvia glutinosa

Salvia glutinosa

 

Questa specia, Lamium orvala, mi è meno familiare. Ma lungo l’alto corso del fiume Trebbia, in una delle valli più selvagge e attraenti del nostro Appennino, la scopro ancora fiorita, con le boccucce dei fiori spalancate e screziate come orchidee. E ancora, sulla strada per Rondanina (siamo sempre nell’alta Val Trebbia), le fioriture sono ancora abbondanti in questo inizio di luglio, ricche, ma più monotone dell’esplosione della primavera. E mentre la falsa ortica maggiore i fiori li ha quasi tutti finiti, la salvia gialla, Salvia glutinosa (già descritta il 28 luglio 2009) è ancora in boccio.

Il lamio è un genere di piante officinali e commestibili (una volta si mangiavano molte erbe che oggi troveremmo troppo rustiche e coriacee per i nostri palati), utilizzato dalla medicina popolare come emostatico, antinfiammatorio, antispasmodico, immunoprotettivo, e persino nel trattamento dei traumi. Queste proprietà sono dovute all’immancabile presenza di flavonoidi, saponine, acidi fenolici, terpeni, mucillaggini, polisaccaridi e tannini. A causa dell’uso tradizionale per la cura delle irritazioni della pelle e degli occhi, è stata recentemente proposto l’impiego di piante della famiglia delle lamiaceae, e in particolare del Lamium album, per ridurre la pressione introculare.
A differenza della sorelle però, la falsa ortica maggiore è utilizzata prevalentemente come ornamentale, per il portamento, le foglie di colore verde brillante e la graziosa fantasia dei fiori. Anche se si fa un po’ di fatica a crederlo, vedendola così, al margine del bosco, quasi sfiorita, semi coperta dalla polvere della strada, all’ombra di fronde sempre più imponenti.

Falsa mirra

Tetradenia riparia

Falsa mirra
Tetradenia riparia

 

Della cosidetta pianta dell’incenso ho già scritto in passato, e in particolare  il 30 agosto 2008 avevo spiegato come il Plectranthus, anche detto edera svedese, con l’incenso non ha niente a che fare, perchè le resine che sprigionano quel magico e sacro profumo sono derivate da piante del genere Boswellia che crescono in Arabia ed in India, mentre Plectranthus è una semplice e graziosa pianticella della famiglia delle lamiaceae. L’odore delle foglie dell’edera svedese è così intenso e caratteristico da trarre in inganno molte persone che non vogliono convincersi che “pianta dell’incenso” è soltanto un soprannome.

Ancora più difficile convincere le amiche, soprattutto quelle brasiliane, dove questa pianta è piuttosto comune, che la Tetradenia riparia sarà pure soprannominata ‘pianta della mirra’, ma con la mirra non ha nessuna parentela. Il terzo dono dei Re Magi a Gesù è da sempre avvolto in un’aura di mistero e non c’è bambino che il giorno dell’Epifania non si sia chiesto, e non abbia chiesto ad altrettanto perplessi genitori: “Ma che cos’è la mirra?” Oggi i misteri hanno risposte semplici  e su wikipedia si legge che  la mirra è una “gommaresina aromatica, estratta da un alberello spinoso,  Commiphora myrrha, della famiglia delle Burseraceae”. Questa pianta cresce in Africa ed Arabia ed ha l’aria di essere assai poco adatta a diventare un’ornamentale.

Tetradenia riparia

Tetradenia riparia

Invece la falsa mirra è una pianta flessuosa dalla sgargiante fioritura bianca, originaria probabilmente del Sud Africa e ampiamente diffusa nei giardini tropicali o subtropicali. I fiorellini bianchi, davvero molto simili ai fiorellini del Plectranthus (vedi 12 ottobre 2009), ricordano tante piccole boccucce socchiuse,  accoglienti per gli insetti impollinatori, come tante altre piante della famiglia delle lamiaceae, che in passato si chiamavano “labiate” proprio per la forma di labbra dei fiori. La falsa mirra è così una parente delle salvie, dell’origano e del basilico, tutte piante caratterizzate da foglie aromatiche, anche se non so di utilizzo culinario della Tetradenia.

La pianta della foto qui sopra cresceva rigogliosa nel giardino botanico di Inhotim, Minas Gerais, candida e lussureggiante, deliziosamente profumata. Più discreta, la pianta della foto a destra  l’ho incontrata dell’amico Eugenio, nella valle di Capão, distretto di Palmeiras, Chapada Diamantina, Bahia.

Salvia minore

Salvia minore

Salvia minore o verbenaca
Forte dei Ratti (Genova)

La Salvia verbenaca viene chiamata salvia minore perchè è una specie di sorella minore delle grandi salvie, la Salvia officinalis prima di tutto, ma anche le comuni Salvia pratensis e Salvia sclarea. In Italia sono presenti più o meno 25 specie diverse di salvie, delle quasi 1000 descritte sul pianeta. Tutte le salvie, dal latino “salus” o salute, sono piante officinali e commestibili, con aroma più o meno accentuato e gradevole. La salvia comune (S. officinalis), per esempio, è una famosissima erba aromatica, ma l’odore delle sue foglie fresche stropicciate può non piacere, anche se questo ha poco a che fare con il sapore che conferisce agli intingoli e alle minestre. Tutte le salvie inoltre contengono modeste tracce di una sostanza, un chetone detto tujone, che è presente anche nelle artemisie e in particolare nell’assenzio (27 luglio 2008), e oltre ad avere proprietà digestive e antimicrobiche, è un modesto stimolante. Per questo la salvia è tradizionale ingrediente degli elisir di lunga vita per tenere attive le funzioni della memoria, ma anche potenziale veleno neurotossico se ingerita in quantità eccessive.

La salvia minore è una delle specie più comuni, presente in collina, in campagna, ma talvolta persino nei parchi e gli incolti di città. E’ uno di quelle piante cocciute, che non smettono mai di fiorire durante tutti e quanti i mesi dell’anno. Nonostante qualche inevitabile differenza nell’aspetto, le sue foglie ruvide fortemente incise sono facilmente riconoscibili.
Così l’ho incontrata alla fine di aprile sulla costa battuta dal vento delle colline alle spalle di Genova (forte dei Ratti), e adesso, a fine ottobre, in mezzo all’erba selvatica del cortile di una scuola nella periferia romana del Tufello. In questo cortile scopro fiori autunnali ancora freschi e floridi e erba rinverdita dalla recente pioggia. Specie comuni, modeste, ma a modo loro ricercate. Qui le foglie della salvia hanno l’aspetto più verdeggiante e tenero di quelle della sua gemella della costa, gli steli sono più slanciati, quasi a volersi staccare dalla sporcizia del suolo, il cespo più rado e le inconfondibili rosette basali invisibili in mezzo al folto dell’erba. I fiori sono ancora in boccio sulle spighette, ed io esito nell’attribuzione, ma non trovo una soluzione diversa che salvia minore. Mi conforta un sito, dedicato alla flora del parco di villa Torlonia che dichiara che questa pianta a Roma “è praticamente ubiquitaria, dal centro all’estrema periferia”.

Salvia minore

Salvia verbenaca
Roma, Tufello

Salvia minore

Salvia verbenaca
Roma, Tufello

Rosmarino

Scrivevo il 21 dicembre 2008:
Dove banchettano le api d’inverno? Certo sui fiori del rosmarino. Si può raccogliere anche il miele d’inverno, miele di rosmarino. Siamo a dicembre (ma secondo i testi la stagione della fioritura dura tutto l’anno) e una delle piante di rosmarino del mio giardino sta aprendo i suoi timidi fiorellini azzurri. Coraggiosa e spavalda nel giorno più corto dell’anno, il solstizio d’inverno. Come sempre accade, il tempo meteorologico si fa beffe del calendario e oggi è stato una giornata limpida e tiepida, dopo lunghe settimane ‘autunnali’ di gelo e tempesta. Ma il rosmarino non se ne è preoccupato troppo. E’ pianta mediterranea, docile e resistente. E’ difficile vederla soffrire e le sue foglioline appuntite sono sempre graziosamente verdi e lucide, nonostante tutto.
“Sogno, scrive il giardiniere Paolo Pejrone1, una montagna coperta di minuscoli fiori azzurri durante i lunghi inverni piemontesi.”

Rosmarinus officinalis

Rosmarinus officinalis

Rosmarinus officinalis

Rosmarinus officinalis

Il rosmarino è pianta dalle infinite virtù. Il suo semplice odore, dice sempre Pejrone, aiuterebbe a rinverdire e far riacquistare vigore alla memoria. E’ poi un ingrediente fondamentale nella ricetta di un elisir di lunga vita, con origano e salvia, tutte macerate nel vino. Non pretendo tanto, una pianta decorativa e morbida, odorosa e saporita, e fiori che sbocciano nel gelido squallore dell’inverno non faranno la vita più lunga, ma certo la rendono più leggera.

Invece, la varietà di rosmarino nella foto a sinistra, strisciante o ricadente come si preferisca denominarlo, fiorisce in primavera.

1In “In giardino non si è mai soli”; Feltrinelli

Basilico greco

ocimum basilicum

Ocimum basilicum varietà Minimum

Piccole foglie e aspetto di minuscolo cespuglio, il profumo è quello inconfondibile del basilico. Si può usare come il basilico comune, ma la mia è una pianta così piccina che strapparle anche una sola foglia mi parrebbe un peccato. Raccoglierò i semi, e sono curiosa di vedere come crescerà. Sarebbe bello usarlo per bordare l’aiuola, una piccola striscia di microcespugli rotondeggianti, dal verde tenero e gustoso aroma.

 

Salvia sclarea

Salvia sclarea

Salvia sclarea

E’ una delle salvie più imponenti e decorative ed è cresciuta velocissima da una piccola piantina acquistata alla fiera ‘Erba persa’ di Santa Margherita Ligure il giorno di Pasqua (8 aprile). I fiori sono grandi bocche azzurro lilla, disposti in lunghe infiorescenze, le foglie vaste, ruvide e vellutate. Anche detta salvia moscatella o erba moscatella, viene usata come pianta aromatica e anche officinale. Purtroppo mi dicono sia bienne quindi credo di averne comprato un esemplare già al secondo anno. Questo vuol dire che da seme per averne un’altra così dovrò attendere il secondo anno dalla semina. Poco male, quest’anno ho deciso che in giardino mi piace un certo cambiamento.

Aggiornamento:la salvia sclarea non si fa molto desiderare. E’ possente e invadente, intensamente profumata, inebria e monopolizza. In due anni in cui ha occupato un’aiuola, ho raccolto un etto di semi, ma penso che li conserverò in archivio, per ricordo. Tanto a propagarsi ci pensa da sola…

 

…cliccate sull’immagine per vederla più grande, in un’altra scheda…