Fiori e foglie... una pianta al giorno
Amo moltissimo le piante. Soprattutto i grandi alberi, le creature più generose della terra. Ma anche le piccole erbe di prato, persino quelle più impudenti, che si ostinano a resistere ai miei tentativi di estirparle dalle aiuole del giardino. Poca gente osserva le piante, forse le trovano noiose. Pochi sanno riconoscere un leccio, o addirittura distinguere un ippocastano da un tiglio. E' un vero peccato, le piante non sono affatto noiose, e in questo diario botanico io voglio presentare ogni giorno una pianta diversa, del giardino, del campo, del bosco
Naturalmente questo blog non ha pretese scientifiche né manualistiche. E' solo una piccola raccolta di pensieri, mentre osservo le piante, con la speranza di imparare a conoscerle meglio.

Lunedi, Giugno 30, 2008
Arnica
arnica montana




Quando mia madre (classe 1913) mi parlava con nostalgico entusiasmo delle passeggiate sui monti nella sua giovinezza, due fiori ricorrevano sempre come i più splendidi e ricercati: il narciso e l'arnica. L'immacolato narciso fiorisce all'inizio della primavera, mentre l'arnica, solare, fiorisce d'estate, sui monti oltre 500 metri di altitudine.
L'arnica era per me bambina una specie di miraggio perché, la mamma diceva, fiorisce solo sui pendii più puri delle colline più alte. Sui praticelli della 'nostra' campagna, in collina sui 700 metri, l'arnica, secondo mia madre, non c'era. Non ne sono completamente sicura, perché sui prati della mia infanzia anch'io oggi ricordo con accorata nostalgia tanti fiori, i cui contorni sono sfumati nella memoria e non saprei dire se si trovino ancora.




L'arnica (Arnica montana, famiglia asteraceae o composite), una margherita giallo sole, piuttosto disordinata, ma robusta, è oggi una specie protetta. L'etimologia del nome come accade spesso si perde nella notte dei tempi ed è incerta. La più divertente è che derivi da una parola greca che significa 'starnutire', perché l'odore aromatico e pungente, unito forse alla grezza pelosità, stuzzica appunto gli starnuti. Probabilmente a causa di entrambe queste caratteristiche, ma anche al fatto che contiene sostanze tossiche, gli animali evitano l'arnica e non la brucano. La pianta è velenosa, se ingerita, e anche gli erboristi umani se ne servono soprattutto per uso esterno, per preparare unguenti assai efficaci per storte, lussazioni, ma anche dolori muscolari di varia natura. Così la maggior parte della gente conosce l'arnica perché l'ha vista raffigurata sul tubetto di una qualche pasta miracolosa per alleviare il mal di schiena, un rimedio popolare come il balsamo di tigre e il cannello di zolfo. Non so se le pomate in commercio contengano vera arnica; ma se è così, spero che sia stata raccolta con criterio. Chissà se i nostri nipoti conosceranno mai questa margherita gialla di montagna o se sarà destinata a perdersi nel tempo.
Queste immagini sono state scattate sulle pendici del monte Antola, alta val Trebbia, uno dei monti delle passeggiate di mia madre, fine giugno 2006.


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Sabato, Giugno 28, 2008
Timo
thymus serpyllumIl timo è una piccola pianta molto profumata. Ne esistono numerose varietà, con interessanti proprietà officinali, o profumo caratteristico, come il citriodorum, che ha una caratteristica fragranza di limone. Sia il timo comune (thymus vulgaris) che il timo serpillo (thymus serpyllum, nella foto) sono assai comuni nelle brughiere del nostro Appennino. Per riconoscerlo basta strofinare un foglia fra le dita e odorare, il profumo è intenso è inconfondibile. Il timo serpillo è strisciante e ha foglie non lanuginose.
Appartiene alle Labiate, una famiglia che comprende molte piante aromatiche, come la salvia, la santoreggia e la menta, e il cui nome che deriva dalla forma dei fiori: allo scopo di attirare gli insetti, hanno una forma a piccola bocca. I fiori del timo sono molto piccoli, ma di colore delicato e sbocciano per tutta l'estate.
Questa foto è stata scattata sulla strada del monte Antola, alta val Trebbia, nel giugno 2006.



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Venerdi, Giugno 27, 2008
Eliantemo maggiore

helianthemum nummularium


Nella famiglia della Cistaceae si trovano alcuni fra i fiori più appariscenti della macchia mediterranea, con vividi colori, dal rosa al giallo, spesso di discrete dimensioni, che li fanno assomigliare alle rose selvatiche. Ma a differenza della rose, i cisti non fanno cinorrodi, ovvero frutti a forma di pomodorino, ma capsule legnose, spesso di forma poliedrica, che si fessurano liberando numerosi semi.
L'eliantemo non appartiene al genere cistus, ma del cisto ha molte caratteristiche essendo della stessa famiglia, i fiori di colore acceso a cinque petali spiegazzati, le foglie verde bruno pelose e coriacee, il frutto a capsula legnosa. Il nome del genere helianthemum, eliantemo, significa semplicemente 'fiore del sole' e si commenta da sè, mentre la specie nummularium significa piccola moneta, forse per la forma rotondeggiante dei petali. E' un arbusto strisciante, dal fusto breve e legnoso. Il suo aspetto, solido e delicato, fresco e arido insieme, rappresenta un po' il simbolo della fioritura lungo le assolate spalliere dei pendii mediterranei.

Questa foto è stata scattata nel giugno 2005 nell'entroterra di La Spezia.

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Giovedi, Giugno 26, 2008
Cupidone azzurro
catananche cerulea

Ecco un fiore semplice e pregiato, comunissimo nei nostri prati, eppure ricercato e commerciato anche nei vivai. La Catananche cerulea è diffusa nel Mediterraneo occidentale, ma in Italia si trova solo in Liguria e basso Piemonte, rendendola una specie 'rara'. Sembra proprio un un incrocio fra una margherita e un fiordaliso, con capolini florali dall'azzurro pallido fino al blu, circondati da brattee papiracee argentee, translucide, che ne facilitano il riconoscimento. L'usanza popolare lo accomuna alla cicoria (Cichorium intybus), una pianta di forma differente, ma che porta fiori della stessa forma e colore. Sono della stessa famiglia, (asteraceae o composite), ma la cicoria è assai più diffusa.
Ho fotografato questo cupidone azzurro due giorni fa, proprio vicino alla strada, in una di quelle garrighe calcaree dove nascono tanti fiori spontanei. Sul momento mi ha quasi sorpresa, ma poi mi sono ricordata che era una vecchia conoscenza, perchè molto di frequente lo raccoglievo nei campi da ragazzina.
Detto anche 'madre d'amore, e in inglese 'freccia di Cupido', questo fiore era ritenuto ingrediente essenziale dei filtri d'amore. Il nome deriva dal greco antico Katananke, che significa 'costretto con la forza' e si riferisce appunto alla costrizione amorosa. Forse val la pena ricordarselo perchè può essere utile. Credo che tutta la psicologia legata ai fiori non derivi altro che da antiche tradizioni magiche come questa, in cui si attribuiscono a una pianta virtù tranquillizzanti e a un'altra poteri energetici, e così via, fino a credere veramente che un petalo di fiore sotto la lingua possa curare tutti i mali della nostra anima.

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Mercoledi, Giugno 25, 2008
Ancora tasso barbasso
verbascum thapsus
Non avevo previsto di scrivere ancora del tasso barbasso. Già lo avevo fatto un mese fa, il 22 maggio, e ci sono tante piante in attesa del loro turno. Ma devo farlo, devo ripetermi perchè questo fiore lo ha meritato e preteso.

Prima di tutto si tratta di un esemplare veramente notevole, che da molti giorni avevo notato, alto e svettante sul ciglio della strada, un campanile nato fra asfalto e cemento, con le larghe e morbide foglie basali e i delicati fiori giallo canarino sulla sommità. Credo fosse alto come una persona e se ne stava tranquillo, in bilico contro il muro di contenimento del ponticello sul fossato, nato in una manciata di terra, proprio al di là della ringhiera della carreggiata.
Così ieri sono uscita a fare un giro e ho deciso di fotografarlo, e nel frattempo, ho fotografato anche altri fiori che crescono sul ciglio della strada o sulle brevi scarpate che la affiancano, fiori rari e delicati, non sempre osservati e considerati quanto meritano.

L'ho fotografato, dunque, ed è stata una fortuna perchè questa mattina il tasso barbasso sull'orlo della strada non c'era più. Qualcuno lo aveva reciso all'altezza della balaustra, forse per gioco, per errore o per disprezzo, o forse, voglio pensare, per rubarne la bellezza. Si racconta che nei tempi passati i contadini usassero le morbide e larghe foglie di questa pianta per imbottire le scarpe e renderle più morbide. Immagino scarpe di pezza, o legno, rigide come pietre e abbondanti di misura, cosicchè quell'imbottitura doveva veramente essere provvidenziale. Ma ai nostri giorni le scarpe sono confezionate con materiali più sofisticati e sarebbe ridicolo pensare che qualcuno strappasse un fiore per imbottirsi le scarpe. Non sono riuscita a vedere se sia finito nel fossato, forse non voglio vederlo, il gesto, volontario o meno, di estirparlo è per me incomprensibile. Preferisco ricordarlo com'era, dritto e imponente, simmetrico e pulito.

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Martedi, Giugno 24, 2008
Giglio di San Giovanni
lilium bulbiferum
Oggi è il giorno di San Giovanni, patrono della città di Genova, quindi oggi qui da noi è festa. Una festa molto sentita, e quasi pretesa, perchè San Giovanni Battista è qualcosa di più di un santo patrono per i genovesi, e a lui fanno riferimento innumerevoli usi e costumi di queste parti. A cominciare dai nomi propri, Baciccia, o Baccicin e tutti i suoi derivati (1). A San Giovanni, complice la stagione, sono dedicati anche i nomi popolari di moltissime piante, come per esempio l'iperico, o erba di San Giovanni, che ho mostrato il giorno 21. E come questo bellissimo giglio, frequente sui pendii dei nostri monti, anche se classificato come 'raro' nei libri e giustamente inserito nelle specie protette.
Questa fotografia è stata scattata presso il passo della Scoglina, verso la fine giugno 2002. Il fiore forse non era freschissimo, ma ancora si staglia in mezzo all'erba con il suo colore acceso e le sue forme nitide.
Un'altra immagine del giglio si trova in questa pagina.

(1)E Baccicin, ovvero Giovannino, si chiama anche il vermetto delle ciliegie, che dal giorno di San Giovanni (oggi, 24 giugno) compare in tutte quante, a significare che la stagione delle ciliegie è finita. Se ne trovate ancora di non visitate, c'è poco da fidarsi, probabilmente hanno subito qualche trattamento non proprio naturale.
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Lunedi, Giugno 23, 2008
Fiori di castagno
castanea sativa

Quando guardo i boschi e li vedo coperti d'oro, so che è fiorito il castagno. I fiori maschili sono lunghi amenti gialli, alla base dei quali, sul medesimo germogli, sbocciano i fiori femminili da cui si svilupperanno verso l'autunno gli spinosi frutti.
Bella pianta il castagno da frutto, creato mediante innesto dallo snello castagno selvatico. Grande albero dal tronco scabroso e fessurato, a volte cavo, dove si può fantasticare di nascondersi e magari perdersi dentro il mondo fatato del bosco. O più prosaicamente si può raccogliere un humus fertilissimo ottimo come ammendante per le piante in vaso.
Il castagno è qualcosa di più di un albero, è un ecosistema e una civiltà. Ecosistema perchè il bosco di castagno fornisce habitat e nutrimento a moltissime specie vegetali e animali, non ultime le api che con quei fiori d'oro fabbricano un miele prelibato. Una civiltà sopravvissuta per millenni grazie al legno e ai frutti del castagno, ma ormai quasi perduta, tanto che le splendide castagne vengono ora per lo più abbandonate nel sottobosco.
Ma il bosco è rimasto, scampato a tante traversie, deforestazione, ma soprattuto gravi malattie che lo hanno falcidiato. In America, dove il castagno (Castanea dentata) è oggi una pianta semi-estinta.
Per nostra fortuna, da noi il castagno ha resistito e i boschi sono ancora vivi, ombrosi, ricchi, dorati d'estate e spinosi d'autunno.



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Domenica, Giugno 22, 2008
Elleborina rosea

cephalantera rubra


Un grazioso fiore del sottobosco, fotografata nel giugno 2005 nell'entroterra di La Spezia. Un fiore timido e ricercato, un'altra orchidea dei nostri boschi a testimoniare l'enorme ricchezza di questa famiglia anche ai nostri climi. Il suo nome popolare , elleborina, pare suggerire affinità con gli ellebori, altri fiori di sottobosco molto interessanti (di cui prima o dopo certo avrò occasione di dire qualcosa), ma che con le orchidee non hanno nulla a che vedere. Non sono riuscita a capire se ci sia una somiglianza oppure una bizzarra omonimia.

Intanto l'estate si fa sentire e non posso che rallegrarmene. Per noi abitanti delle zone temperate, i cambi di stagione fanno parte del bioritmo. Tuttavia c'è sempre un attimo di smarrimento quando la nuova stagione si presenta, imponendosi quasi, sembra, all'improvviso. L'estate è questo grande calore, che ci stordisce e affatica, questa natura eccessiva che supera ogni barriera, ogni limite, questi giorni lunghi e queste notti, brevi, tiepide e intense. Quando l'estate arriva, mi pare sempre di essere impreparata. Ma mi abituo in fretta e poi non vorrei che finisse mai.

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Sabato, Giugno 21, 2008
Notte di mezz'estate
lavandula officinalis & hypericum perforatum
Oggi è il giorno del solstizio, oggi il sole si ferma e inverte la sua corsa. E' il giorno più lungo dell'anno, e la notte più breve. Per celebrare il trionfo del giorno due piante semplici e mirabili, ciascuna a modo suo.
La lavanda, quella classica che in Liguria si chiama 'spigo', è sbocciata tutta, una nuvola di viola azzurro, e inonda l'aria di profumo. Un profumo asciutto e inebriante, che non stanca mai. Non stucchevole come quello dei gelsomini, nè sfuggente e aristocratico come quello delle gardenie. Fra i suoi molteplici utilizzi, quello più semplice e che preferisco è certo raccogliere i fiori e comporli in piccoli sacchetti di tulle per profumare armadi e cassetti. Si conservano per anni.
L'iperico è un fiore popolare. Pianta preziosa e caratteristica viene definita nei libri di erboristeria per le sue grandissime virtù offcinali. Ho già detto troppe volte come ami le piante e i fiori fin da quando ero bambina, una curiosità spontanea e allegra, non educata, perchè non avevo maestri. Da bambina, dunque, conoscevo benissimo questo bel fiore giallo, comunissimo nei nostri prati, e, non sapendo il nome, scientifico o popolare che è poi lo stesso, lo chiamavo 'fiore ritornello'. Tanto per dire che era un fiore simpatico. E inconfondibile. perchè l'iperico non assomiglia a nessuna altra pianta.
Da domani le giornate ricominciano, impercettibilmente a farsi più brevi a vantaggio della notte. E' trascorso il cammino verso l'estate e ricomincia quello verso l'inverno. Ma questo è solo un dato astronomico, nella realtà stanotte è finita l'attesa e l'estate è arrivata davvero.
La foto è stata scattata vicino a Triora (Imperia) nel giugno 2004.

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Venerdi, Giugno 20, 2008
Giglio martagone
lilium martagon
Ci stiamo avvicinando al culmine, al giorno più lungo e alla notte più corta dell'anno. E mentre il tempo migliora e il sole si fa ogni giorno più caldo, voglio festeggiare il trionfo della natura con alcuni dei suoi fiori selvatici più belli.

Conosco il giglio martagone per nome da quando ero bambina, perchè era una delle carte di un gioco molto apprezzato, i quartetti dei fiori. Così quando l'ho visto, finalmente vero, l'ho riconosciuto subito. Proprio per la forma dei suoi fiori viene chiamato turbante di turco o riccio di dama, ed anche il suo nome vero deriva da una forma di turbante che, in turco ottomano si chiamava appunto martagon. Un nome così bizzarro ha qualcosa di arcano, come magica è questa pianta che può diventare alta fino a più di un metro e accogliere sullo stesso fusto sottile decine di fiori, pare fino a 40, anche se personalmente non ne ho mai visto uno così grande. Specie protetta in molte regioni d'Italia, non conviene affatto raccoglierlo anche perchè, contrariamente alla maggior parte degli altri gigli, ha un odore pungente e poco piacevole.
La fotografia è stata scattata sulle pendici del monte Antola, alta Val Trebbia, nel giugno 2005.

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Giovedi, Giugno 19, 2008
Zucchini

cucurbita pepo


Oggi abbiamo finalmente mangiato i primi zucchini. Piccoli, ma ottimi. A causa delle sue origini tropicali lo zucchino (Cucurbita pepo) richiede clima temperato-caldo e molta acqua. Le recenti piogge sono state abbondanti, ma non abbastanza tropicali. Troppo freddo e un'umidità fradicia, e non madida come quella dei tropici. I primi zucchini erano stentati e trasudavano pioggia. Fiori tanti, maschili, che elimino a malincuore; alcuni andrebbero invece raccolti accuratamente, per preparare una prelibata frittura con pastella, mozzarella e acciughe. Nonostante il conclamato scarso valore nutritivo, lo zucchino esulta in cucina. Qualche modesta ricetta la potrete trovare alla pagina
www.macalu.it/appennino/cucina/ricette.html.
Consiglio le zucchine soffritte anche per condire la pasta, con un po' di formaggio fresco. Una ricetta veloce e poco impegnativa, ma di sicura riuscita.
Oggi è anche tornato il sole, speriamo che duri.

(la foto è di Luca Sacconi)

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Martedi, Giugno 17, 2008
Botton d'oro
trollius europaeus
Parafrasando il grande Jorge Amado, che sono certa mi scuserà di averlo preso a prestito in modo un po' irriverente, oggi mi sento davvero 'Carla Federica stanca di pioggia'.
Qualche giornalista, amante di statistiche ad effetto, ha scritto che è stata la primavera più piovosa degli ultimi duecento anni. Non so come sia stato il diluvio (che si dice mitologia nata dal grande disgelo), ma sono certa che piove da almeno quaranta giorni e quaranta notti, con interruzioni trascurabili.
Sotto questa coltre di umidità fitta, la terra è diventata molla e fradicia, le foglie piegate e piagate, mentre prosperano soprattutto le erbe peggiori. Però, dopo tutto, io ho ho creato questo blog dichiarando che non esistono erbe peggiori e voglio rimanere fedele alle intenzioni, nonostante le avverse fortune.

La mia irrefrenabile voglia di sole trova una fugace soddisfazione nel contemplare questo bellissimo fiore, giallo oro, uno dei ranuncoli più grandi che si trovano nei nostri prati. Tutti i ranuncoli hanno petali dal colore sgargiante e dal tessuto lucidissimo. Con l'eccezione del favagello (ranunculus ficaria), sono tutte piante velenose se ingerite fresche, anche se con l'essicazione perdono la loro velenosità e vengono normalmente consumate nel fieno dai bovini. Non ero certo a conoscenza di quanto fossero velenose, quando passeggiando nei prati da bambina mettevo in bocca qualsiasi erba trovassi. Sono certa di avere succhiato anche i ranuncoli, ma non ricordo effetti collaterali. Tuttavia non bisogna sottovalutare la pericolosità delle piante velenose. Esiste addirittura un piccolo ranuncolo che si chiama ranunculus scelleratus, ma non perché sia più velenoso degli altri, è solo uno fra tanti, da evitare di mangiare in insalata. Probabilmenteche si è guadagnato il nome perchè in una famiglia così malfamata qualcuno doveva pur farne le spese.
Così il botton d'oro della foto non è più dorato, o più lucido, degli altri, ma solo più grande e rotondo, e finisce per rappresentarli tutti, i ranuncoli, con il giallo luminoso del sole che tanto si fa desiderare quest'anno.

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Lunedi, Giugno 16, 2008
Barba di becco e altri soffioni
tragopogon pratensis
Accennavo ieri ai soffioni che affollano i prati di fine primavera ed estate. I soffioni sono raggruppamenti di frutti alati, minuscoli acheni ciascuno dotato di un'appendice, detta 'pappo', a forma di piumetta che ne facilita la dispersione al vento. Tutte le piante che formano soffioni appartengono alla famiglia della composite, quella della margherite e dei fiordalisi, anche se non è vero l'apposto, ovvero non tutte le composite, i cui frutti sono piccoli acheni, formano raggrupamenti di frutti in forma di soffioni.
Nella maggior parte dei casi (ma anche qui ci sono eccezioni), il fiore che dà origine al soffione è una margherita gialla, molto simile a quella del tarassaco, che di questo genere di piante è forse la più famosa. Un'altra margherita gialla che forma soffioni, è il dente di leone, inconfondibile perchè deve il suo nome alla forma delle foglie, frastagliate in forma di dentatura acuminata.
Anche la barba di becco comune è una larga margherita gialla e il suo nome, sia scientifico che popolare, deriva proprio dalla pelosità dei suoi frutti. Tragopogon viene dal greco e significa barba di capra, ovvero barba di becco, essendo il becco il caprone. I soffioni della barba di becco sono più grandi di quelli del tarassaco e quindi particolamente ricercate per essere ... soffiati.


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Domenica, Giugno 15, 2008
Erba ginestrina
coronilla varia

Si chiama anche vecciarini ed ha qualche affinità con l'erba medica, anch'essa coltivata come foraggio. Anch'essa gradita al bestiame, come ai bambini gelati e caramelle. Bella quando si sparge sui prati, con le sfumature morbidissime dei suoi fiorellini.
Ancora prati di giugno, quindi, e ancora fabacee. Magari mi ripeto un po', ma ne vale la pena. I prati di giugno, contro ogni apparenza, sono fioriti anche quest'anno, in questa stagione, umida e ventosa, che ci fa sospirare, che neppure riusciamo a immaginare possa a un certo punto diventare estate. Mi scopro meteopatica e sono inquieta e insoddisfatta. Voglio il mio pezzettino di primavera, il sole che quando finalmente esce è così caldo. Ogni mattina mi ripeto che sarà la volta buona, che tuoni e fulmini si sono ormai sfogati abbastanza, ma ogni mattina nere nuvole smentiscono la mie più accorate speranze.
Per fortuna i prati di giugno non tradiscono, per fortuna ginestre e ginestrine, trifogli e erbe mediche, i tarassaci con i loro soffioni, le linarie e i convolvoli sono sbocciati ancora.

scritto alle 20:02 da CarlaFed ::    COMMENTI


Sabato, Giugno 14, 2008
Tiglio

tilia argentea


Lo incontro tutte le mattine, e le sere, guidando verso il lavoro, e poi di ritorno a casa, un grande tiglio sul margine della strada. Un albero imponente e florido, carico di fiori bianchi. E mi viene in mente il tiglio che si dice abbia più di cinquecento anni che si incontrava poco prima di entrare a Crocefieschi, in valle Scrivia, in corrispondenza di alcune vecchie case che marcavano l'ingresso nella cittadina. Si incontra ancora? Forse sì, dato che è ancora vivo il tiglio di Macugnana (Novara) che risale al 1200.
Il tiglio, sacro nelle mitologie slava e germanica, è albero maestoso e dolce nello stesso tempo, con le sue foglie a forma di cuore, i suoi bianchi profumatissimi fiori 'volanti'(da cui deriva il nome, greco ptilon, latino tilia, ala). Della singolare forma e delle eccellenti virtù dei fiori di tiglio si trova notizia ovunque. Ma a me piace soprattutto l'albero, così decorativo e paziente nei viali della città, così smagliante e solido, così provvidenziale.

Non è facile fotografare un albero, un grande albero intendo. Renderne in una sola immagine tutta la possenza e la grazia. Meglio il particolare, della foglia, del fiore, anche se per vederlo, e riconoscerlo bisogna fermarsi. Anche questo l'ho imparato a mie spese; mai fermarsi all'apparenza fugace. per conoscere e riconoscere un albero, bisogna osservarlo proprio da vicino.

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Venerdi, Giugno 13, 2008
Linaria
linaria vulgaris

Pianta robustissima, e naturalmente infestante, eppure delicata, con quei suoi mirabili fiori a bocca di leone. Sono gialli tendenti all'arancio all'interno della 'bocca'. Le foglie sono sottili come quelle del lino (da cui il nome), fitte fitte sullo stelo, esile inizialmente, ma tenace e legnoso in maturità.
Una pianta povera, come quelle che piacciono a me, sia le foglie che i fiori sono commestibili in insalata. Se non ha ancora i fiori (inconfondibili), attenzione a non scambiarla con qualche euforbia, pianta velenosa; però, dovrebbe essere difficile perchè tutte le euforbie sono ricche di lattice, la linaria no.
Avevo trovato questa pianta nell'orto e mi dispiaceva estirparla; così l'ho addirittura trapiantata in un piccolo angolo con altri fiori, un trattamento che non so quanti 'contadini' riserverebbero alle erbe spontanee dei campi. Infatti sono stata un po' ingenua, è molto difficile eliminare la linaria e certamente sarebbe sopravvissuta anche senza il mio aiuto. Ora prospera dappertutto, superando ogni confine.
Nella famiglia dell Scrophulariaceae, a cui appartengono tutte le bocche di leone da giardino e le digitali, ci sono varie specie del genere linaria, piuttosto comuni in tutt'Italia. Oltre alla vulgaris, la supina e la speciosa. Spero di aver riconosciuto la mia, ma se così non fosse, spero che gli esperti saranno indulgenti nel correggermi

scritto alle 15:04 da CarlaFed ::    COMMENTI


Giovedi, Giugno 12, 2008
Sambuco di montagna

sambucus racemosa


Molti conoscono il suo parente di città, il sambuco comune, sambucus nigra, con i suoi fiorellini bianchi disposti a corimbo, che si mutano in bacche viola scuro. Quel sambuco è una pianta celebre fra erboristi e naturopati per gli svariati utilizzi di foglie, fiori, frutti e persino corteccia. Quel sambuco è un piccolo albero a portamento arbustivo, dal legno duro e resistente alla fiamma (pessimo per il camino), che cresce praticamente ovunque, compresi gli incolti abbandonati di periferia ed è difficilissimo da estirpare.
Meno comune, ma più garbato, il sambuco rosso o di montagna (sambucus racemosa), ha foglie più appuntite e fiori più grandi. Maturerà, in estate, grappoli (corimbi) di frutti rossi, assai decorativi.

scritto alle 12:29 da CarlaFed ::    COMMENTI


Mercoledi, Giugno 11, 2008
Carpino nero
ostrya carpinifolia

Sto trascurando gli alberi. I miei grandi amici. I miei numi tutelari. Grandi, freschi, pazienti. Potenti con i forti e arrendevoli con i deboli.
Ma sono i fiori di giugno, anche in questo giugno uggioso e temporalesco, che mi hanno distratto. Però questa è anche la stagione in cui gli alberi si rivestono; da stecchi secchi e aridi, tornano nobili cavalieri, sfoggiando il loro verde migliore.
Verde que te quiero verde1
Così verde è il carpino nero, la specie più comune nei boschi misti di castagni, anche detto carpinella o carpino a frutti di luppolo. Anche il suo nome scientifico, ostrya carpinifolia, deriva dalla forma dei frutti, che sembrano pigne morbide, o bizzarre conchiglie, come quelli del luppolo.
Eccolo quindi con tutti i suoi ornamenti che aiutano a riconoscerlo. I frutti appunto e i fiori maschili, che sono amenti gialli, e le foglie, molto simili a quelle del carpino propriamente detto, o carpino bianco (carpinus betulus).
1Federico García Lorca - Romance Sonámbulo

scritto alle 18:09 da CarlaFed ::    COMMENTI


Martedi, Giugno 10, 2008
Oxalis

oxalis deppei


Croce di ferro. Pianta della buona sorte. Questi alcuni dei nomi popolari in inglese di questa pianta.
All'inizio della primavera ci sono in commercio molte scatole o cassettine di bulbi misti, che in genere contengono per la maggior parte gladioli, ma anche altre varietà di bulbose da fiore, popolari, ma colorate. I bulbetti di oxalis deppei appartenevano a una di queste confezioni, scartata da un mio conoscente perché "recapitata in ritardo". Dato che io ho un debole per i trovatelli, me li sono ritrovati tutti nel mio giardino, nell'aiuola delle ortensie. Ironia della sorte visto che il mio giardino è già pieno zeppo di oxalidacee, come l'oxalis corymbosa, una specie di acetosella rosa, graziosa, ma terribilmente invadente. Insomma, l'oxalis deppei è nato, è scomparso d'inverno e rinato in primavera. A differenza dei suoi parenti spontanei, ha foglie quadrilobate, anziché semplicemente trilobate, cioè quadrifogli, anziché semplici trifogli. Tanto meglio, può darsi che portino fortuna. Si veste fiori rossi, minuti, ma intensi. Si dice che sia una pianta da giardino roccioso, perenne, tappezzante. Come dire che conviene tenerla d'occhio. Ma per me è comunque la benvenuta.

scritto alle 17:56 da CarlaFed ::    COMMENTI


Lunedi, Giugno 09, 2008
Orchidea maculata
dactylorhiza fuchsii
L'orchidea è fiore aristocratico, elaborato e talvolta inquietante. Molte orchidee valgono quanto un gioiello e durano recise un tempo lunghissimo. Ho letto che questo è dovuto al fatto che le orchidee tropicali vivono sugli alberi ad altezze strabilianti come fiori parassiti delle cortecce. Sovente devono attendere per intere settimane l'arrivo di un insetto, quello giusto, che completi la loro fecondazione. Per questo il loro fiore è tanto longevo, ed ha avuto tanto successo dai fiorai.
Questo vale per le orchidee tropicali, però. Ci sono specie di orchidee anche nei prati delle nostre colline, non poi così rare, anche se alcune di esse fioriscono solo occasionalmente e per questo non dovrebbero mai essere raccolte. Anche queste orchidee nostrane hanno comunque fiori particolari, irregolari, vistosi, teneri ma voluttuosi se osservati da vicino, che formano compatte infiorescenze cilindriche. Certamente fra i fiori più interessanti dei nostri prati. In questa orchidea, il petalo inferiore (più correttamente tepalo, perché fusione di petalo e sepalo), che si chiama labello, è molto diverso dagli altri e si protende allargandosi con tre lobi macchiettati. E' noto a tutti come gli insetti possono talvolta cadere nell'inganno di riconoscere in quel petalo penzoloni le striature del dorso della femmina che vanno cercando. E quando si accorgono dell'errore, hanno già fatto il loro dovere di impollinatori.
L'orchidea maculata della foto non appartiene al genere orchis, ma al genere dactylorhiza e la ragione credo che sia da ricercare nella forma della radici. Le orchidee del genere orchis, parola che in greco antico significava testicolo, hanno radici a forma di rizotuberi appaiati e di forma arrotondata, che hanno precisamente la forma di testicoli. Questo nome non portò molta fortuna alla pianta, saccheggiata nel Medioevo per presunte virtù afrodisiache. Il nome della famiglia è Orchidaceae, ma altri generi, come appunto dactylorhiza, non hanno radici a forma di testicolo, ma a rizoma diviso in filamenti più sottili (ancora dal greco daktylos, dito e rhiza>, radice).

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Sabato, Giugno 07, 2008
Poligala
polygala nicaeensis

Le mie conoscenza degli utilizzi medicinali delle piante cominciano e finiscono con la poligala. Con questo grazioso fiore lilla, che si sboccia fra giugno e luglio nei prati di mezza montagna, da sempre in casa mia si preparava un ottimo ed efficace sciroppo per la tosse. Come tutte le tradizioni orali, la ricetta si perde un po' nelle notte dei tempi e le proporzioni corrette fra acqua, zucchero e petali me le sono dimenticate. Tanto meglio perchè il fiore di poligala di Nizza che raccoglievo a cesti da bambina è diventato sempre più raro e quando lo trovo preferisco, con un po' di magone, lasciarlo dov'è.

La famiglia della Polygalacee è molto numerosa e ormai sono arrivate dai fiorai piante diverse e di portamento quasi arbustivo note come 'poligala'. Ma la 'nostra' poligala è questo piccolo fiore, dalla forma curiosa e inconfondibile, che deve il suo nome ("molto latte") alla credenza che favorisse la produzione di latte delle puerpere.


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Giovedi, Giugno 05, 2008
Iberide
iberis umbellata

L'Iberis sempervirens è, come suggerisce il nome, una pianticella sempreverde di modeste dimensioni. Si espande però molto in larghezza, tappezzando le aiuole di cuscini erbosi, che si ricoprono di fittissimi fiori bianchi a primavera. Un effetto suggestivo e di facile realizzazione in qualsiasi giardino. Terminata la fioritura, la pianta perde gran parte della sua attrattiva; i frutti, piccole silique a forma di cuore, velocemente ingialliscono e spargono semini giallognoli dappertutto.iberis umbellata A parte questo piccolo inconveniente, peraltro passeggero, la pianta mi piaceva e, anche per cercare di limitare la proliferazione delle erbacce, l'anno scorso ho provato a seminarla per riempire gli spazi rimasti vuoti in un'aiuola. E'cresciuta assai bene, ha fatto dei bellissimi fiori, viola, e una miriadi di silinque a cuore (vedi foto a destra); dopo di che ha esaurito velocemente il suo ciclo, gli steli sono seccati e di 'sempervirens' non è rimasto un bel niente.
Infatti avevo sbagliato pianta.
Avevo seminato l'Iberis umbellata, che è una pianta annuale, eretta, con fiori rosa lilla, a forma di ombrellino, molto simili a quelli dell'Iberis sempervirens. Cresce spontanea, come quella nella foto qui sopra, nei luoghi montani e sulle rocce. Ma per farla rifiorire in giardino, non si può far altro che riseminarla.

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Mercoledi, Giugno 04, 2008
Malva
malva sylvestris

La malva è un'erba di grandi virtù, è una pianta robustissima, è un fiore vistoso dai contorni netti e delicati, è un colore e una storia. Bisogna cogliere le foglie prima che spuntino i fiori, oppure cogliere i fiori e essicare tutto insieme all'ombra. Conservare in recipienti ermetici all'aria e alla luce. Tutte queste istruzioni le trovate nei trattati dell'erboristeria, sacra e profana.
Come tutte le piante silvestri, rustiche, selvatiche, rozze, la malva cresce dappertutto e non muore mai. C'era una grande pianta di malva al bordo del prato, è stata estirpata sei volte, e strappata, e letteralmente sbranata dai cani, e ancora rinasce ogni primavera, alta e prospera come nuova.
Più fortunata è questa pianta di malva cresciuta su pendii montani, disturbata soltanto dal frullo di ali verdoline che si confondono per forma, se non per colore, con i suoi petali.

scritto alle 22:40 da CarlaFed ::    COMMENTI


Martedi, Giugno 03, 2008
Crescione

lepidium sativum


Il crescione è un'insalata piccante che consiglio a chi ama i gusti insoliti. A me piace molto e lo semino ogni anno. Cresce rigoglioso all'ombra della magnolia.
Quello che non sapevo è che piacesse anche alle chiocciole che supponevo preferissero gusti più 'soft'. Mi piacerebbe pensare che questa sia una pioniera, oppure una che ama le emozioni forti. Credo piuttosto che l'emozione forte gliela abbia procurata Luca, cacciandola dal prato che stava falciando. Ora però sul crescione sembra a suo agio ed è anche piuttosto fotogenica.
Osservo le erbe del giardino, e intanto non smetto di stupirmi del comportamento delle chiocciole, che denota grande personalità e indipendenza. Nonostante la loro proverbiale lentezza, è difficile convincerle a rimanere in un posto a loro non gradito e riescono sempre a prendere decisioni imprevedibili.
Il crescione Lepidium sativum non deve essere confuso con il crescione d'acqua Nasturtium officinalis, pianta acquatica spontanea, ma facilmente coltivabile, sempre della famiglia della Crucifere (ovvero Brassicacee, ovvero cavoli), sempre commestibile, ma con aspetto e caratteristiche un po' diverse.

scritto alle 16:35 da CarlaFed ::    COMMENTI


Lunedi, Giugno 02, 2008
Aquilegia
aquilegia vulgaris

C'è sempre una prima volta nella vita. Il primo giorno di scuola, la prima sbornia, il primo amore. La prima volta che si vede un fiore di aquilegia nel bosco. In un giardino non è la stessa cosa, i giardini sono fatti apposta per ammaliare e stupire e l'aquilegia è addirittura un fiore troppo modesto e rustico per interessare granchè i giardinieri. Nel bosco invece il fiore di aquilegia è una piccola meraviglia. Dall'alto ha l'aspetto di un berretto da giullare, con cinque pinnacoli a cui potrebbero essere appesi cinque sonagli. I pinnacoli, o speroni, sono già visibili nei boccioli. La corolla, doppia, sembra una tazza divisa in cinque scomparti, ciascuno con appeso un petalo. Leggo su Garzanti linguistica che il nome aquilegia deriva dal latino aqua 'acqua' e legere 'raccogliere' e quindi significa proprio recipiente per l'acqua. L'aquilegia (famiglia Ranunculacee) cresce bene all'ombra e esiste in molti colori, ma la più comune si trova nelle sfumature del viola, anche detta aquilegia scura. Comuni sono anche azzurre e rosate.

Un consiglio per chi abita dalle mie parti (provincia di Genova) - Molti dei fiori che mostro nel blog sono stati fotografati sul monte Antola, alta val Trebbia. Si dice che il nome derivi dal greco anthos, 'fiore', proprio per via della ricchezza delle fioriture. Gli itinerari più comuni sono dalla Casa del Romano, sopra Propata, per turisti pigri e per chi ha fretta; da Piancassina in Val Brevenna, facile e affascinante, ma un po' più ripido; da Donetta (Torriglia) per chi vuole cominciare a sgranchirsi le gambe. Se cercate fiori, sempre da guardare e non toccare, non rimarrete delusi.

scritto alle 12:20 da CarlaFed ::    COMMENTI


Domenica, Giugno 01, 2008
Prati di giugno

genista tinctoria

E' arrivato giugno, il mese più ricco e affascinante dell'anno. A giugno la natura esplode. Lussureggiante, fantasiosa, tenera, come una ragazza di vent'anni. L'erba rigogliosa è ancora di un verde delicato e fresco; non l'ispida sonnolenza dell'esagerata erba estiva. Ma sopratutto in giugno i prati straripano di fiori. Fioriscono tutti insieme, con gli accostamenti più insoliti e armoniosi, ogni genere di colore e forma, inaspettate simbiosi visitate da miriadi di insetti.
Quest'immagine è un omaggio agli splendidi prati di giugno, e molte altre se ne potrebbero mostrare.
Aprile è stato freddo e maggio piovoso. Abbiamo ancora tanta voglia di primavera. Giugno non è sempre affidabile dal punto di vista metereologico. Ma se ancora non siamo proprio in stagione balneare, lo spettacolo dei prati è assicurato.

scritto alle 16:29 da CarlaFed ::    COMMENTI


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