Fiori e foglie... una pianta al giorno
Amo moltissimo le piante. Soprattutto i grandi alberi, le creature più generose della terra. Ma anche le piccole erbe di prato, persino quelle più impudenti, che si ostinano a resistere ai miei tentativi di estirparle dalle aiuole del giardino. Poca gente osserva le piante, forse le trovano noiose. Pochi sanno riconoscere un leccio, o addirittura distinguere un ippocastano da un tiglio. E' un vero peccato, le piante non sono affatto noiose, e in questo diario botanico io voglio presentare ogni giorno una pianta diversa, del giardino, del campo, del bosco
Naturalmente questo blog non ha pretese scientifiche né manualistiche. E' solo una piccola raccolta di pensieri, mentre osservo le piante, con la speranza di imparare a conoscerle meglio.

Domenica, Novembre 30, 2008
Ciclamino
cyclamen persicum
Non si è fatto attendere a lungo, quest'anno, il primo fiore di ciclamino. L'ho trovato così nella piccola aiuola ombrosa, fra le luminose foglie cuoriformi, madide di pioggia. Il ciclamino è una pianta comune e molto conosciuta, soprattutto perchè si ricopre di fiori colorati in una stagione in cui fiori e colori si fanno assai desiderare. Vive bene in vaso, anche se non è molto felice nell'aria asciutta e tiepida degli appartamenti. E' un fiore da sottobosco; la sua temperatura ideale è intorno ai 10° C e predilige terricci umidi. Di miti pretese, richiede assai poche cure, ma è altrettanto facile rovinarlo per sempre. D'altra parte, come dicevo, il ciclamino è una pianta assai comune; forse il fiore più noto dopo la rosa e la margherita. Ciascuno conosce un infallibile sistema personale per farlo rifiorire anno dopo anno. Qual'è il mio segreto? Nessuno, naturalmente. Li lascio lì, nell'aiuoletta ombrosa, i bulbi nella terra per tutta l'estate, invisibili. Verso settembre, spuntano i germogli rossicci, e le prime foglie verde scuro. Quindi, prima o poi, a seconda della temperatura e dell'umidità della stagione, quando ne hanno voglia e la natura li chiama, sbocciano i fiori.

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Sabato, Novembre 29, 2008
Galla sulla rosa
R.canina con galla da Diplolepis rosae
Questa pianta di rosa canina non ha quasi più foglie, né tantomeno fiori. Il sole gioca a illuminare un oggetto strano, che è rimasto tenacemente attaccato ai suoi rami. E' una variopinta galla, come un batuffolo di pizzo, un groviglio di sottilissimi filamenti di colori sgargianti. L'aspetto è assai curioso e attraente e viene davvero voglia di raccoglierla, e conservarla, anche perchè i colori e l'aspetto si mantengono a lungo.
Che cosa complicata sono le galle. Sembra davvero facciano parte della pianta, un organo o un accessorio. Ma con la pianta hanno poco a che fare, o meglio probabilmente la pianta ne farebbe volentieri a meno. Sono escrescenze prodotte per una reazione alla puntura di un insetto, un imenottero cinipede, più semplicemente una piccola vespa, che depone le uova dentro le gemme. Le sostanze chimiche rilasciate dall'insetto indicono la pianta a svilupparsi in modo anormale, crescendo un vero e proprio tumore. Dentro alla galla, sia essa legnosa e sferica come quella tipica delle querce, o serica e vaporosa come quella della rosa, le uova trovano la loro culla e crescono fino a trasformarsi in piccole vespe e volare via. Il responsabile di questa operazione di sfruttamento è in questo caso il Diplolepis rosae, che potete ammirare in tutto il suo spelndore in questa pagina.
Fotografata nel bosco del massiccio dell'Adelasia (Savona), ottobre 2004

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Venerdi, Novembre 28, 2008
Kako cinese
diospyros kaki
Oggi è caduta la prima neve. Sembra una frase da romanzo, un po' retorica, ma in realtà racconta di un evento stupefacente. Qui da noi (le vicinissime colline di Genova, città profondamente mediterranea), la neve non è abituale specialmente alla fine di novembre. E allora che foglie, che fiori mi rimarranno da contemplare, osservare, descrivere in questo lungo inverno? Quest'inverno che ancora deve cominciare, ma già si preannuncia prepotente.

Non ho fatto neanche in tempo a fotografare il mio albero di kaki, spoglio, ma coloratissimo dei suoi frutti, molli e zuccherini, solari come gioielli sui rami nudi. Ora la neve ha disegnato fini contorni bianchi, o lucenti come vetro, lungo rami e rametti. L'albero della fotografia qui accanto (dicembre 2004) si trova vicino a una casa descritta in questa pagina (scorretela per piacere fino giù in fondo a destra) come 'casa dei cigni'. Si trova lungo la strada che da Gattorna (val Fontanabuona) si dirige verso Uscio.
Il kaki, albero un po' misterioso, di certa origine cinese, ma sconosciuto allo stato selvatico e diffuso solo in coltivazione, è il grande protagonista di questa stagione spoglia. L'anno scorso a gennaio l'ho fotografato proprio sotto la neve, ma lo mostrerò un'altra volta. Ho trovato però dei versi che ben si addicono alla sua strana natura, di mostrare pomi sgargianti quando già ha perduto tutte le foglie, come fossero variopinti fiori di una primavera che non c'è, versi che chi vuole può leggere qui.

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Giovedi, Novembre 27, 2008
Frassino rosso (o verde)
fraxinus pennsylvanica
Dato che il blog si chiama fiori e foglie, oggi vado un po' fuori tema, ot come si dice in rete. Ma l'inverno porta via le foglie e l'albero spoglio, svestito, scopre forme difficili da immaginare quando era coperto dal fogliame. Questo frassino si chiama verde, ma anche frassino rosso (red ash), forse per distinguerlo dal frassino bianco, fraxinus americana, molto simile e più comune (in America). fraxinus pennsylvanica

















Senza foglie, nè tantomeno fiori, di un albero si può guardare la corteccia, grigio marrone, con fessure strette, intrecciate. Una corteccia particolare, per un legno duro, resistente, a grana grossa, ideale per fabbricare utensili
(il palazzo sullo sfondo a destra é la Casa Bianca)

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Mercoledi, Novembre 26, 2008
Quercia a dente di sega
quercus acutissimaquercus acutissima

In America ho incontrato alcune specie di querce che non avevo mai visto. Quest'albero cresce in un piccolo giardino dietro la Casa Bianca, oltre la Pennsylvania Avenue. E' un albero largo, con lunghe foglie seghettate (qui sopra in un ingrandimento un po' spinto).
L'ho visto, e mi sembrava un castagno. Il castagno del Nord America, Castanea dentata, è stato praticamente sterminato dal mal dell'inchiostro, causato da un fungo assassino, e la specie non si è mai completamente ripresa. Così per un momento ho creduto che fosse un raro esemplare di sopravvissuto. Ma i giardinetti dietro alla Casa Bianca sono molto ben curati e gli alberi hanno l'etichetta. Questa diceva "Sawtooth Oak" (Quercia a dente di sega), Quercus acutissima. La quercia e il castagno sono della stessa famiglia, le Fagacaee, e si distinguono non tanto dalle foglie, quanto dai frutti, ghiande o castagne. Un'altra etichetta diceva che quest'albero è una casa per gli scoiattoli e viene mantenuto per provvedere loro cibo e riparo. Già, gli scoiattoli amano le ghiande.
Sciurus carolinensisGli scoiattoli erano davvero numerosi intorno a questa quercia, ma ce n'erano moltissimi un po' dovunque, sparsi per il verde urbano. Allegri e ben pasciuti, un po' sfrontati, ti scivolavano accanto con noncuranza civettuola, seguiti dalla grande e vaporosa coda grigia.

Ho appreso poi che la quercia a dente di sega non è americana, ma originaria dell'Himalaya. In America è considerata specie invadente. Piantata per ornamento e per far piacere agli scoiattoli e ad altri animaletti selvatici, ha cominciato a diffondersi e a soppiantare le specie native. Un altro esempio di pianta deportata per interesse e poi colpevolizzata per la sua capacità di adattamento. Il nome italiano dovrebbe essere "quercia a foglie appuntite", mentre la "quercia a foglie di castagno" è Quercus castaneifolia, anch'essa originaria dell'Asia, con le foglie appena più larghe. Devono essere due specie assai simili, ma non credo correrò mai il pericolo di confonderle. A meno che non comincino a diffondersi con prepotenza anche nelle città e nelle boscaglie d'Europa.

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Martedi, Novembre 25, 2008
Liquidambar
liquidambar styraciflua
Anche il liquidambar, o dolce gomma, è un albero americano, ma come essenza ornamentale è assai diffuso anche in Europa. E' un albero nobile, di aspetto e nome. A cominciare dalla sua famiglia, le Hamamelidaceae, che comprende numerosi generi di piante da giardino originarie del Nord America e dell'Asia. Attraente ed elegante, soprattutto nei suoi colori autunnali, deve molto del suo fascino a quel nome così esotico, così musicale. L'origine del nome non è araba, come verrebbe da pensare, ma spagnola; significa 'ambra liquida', perché ha una resina molto fluida, che gli indigeni americani usavano come antiparassitario.



Ha belle foglie palmate, quasi a forma di stella, profumate di incenso. Assomigliano a quelle degli aceri, ma da queste si distinguono perchè sono alterne e non opposte.
liquidambar styraciflua
La foto in alto a sinistra è stata scattata in una limpida giornata fra novembre e dicembre di numerosi anni fa, nel parco di villa Serra a Comago, un interessante parco in stile inglese che si trova in val Polcevera, proprio al confine del comune di Genova.
Quello a destra invece è un piccolo albero fotografato a Washington la scorsa settimana. La foto è un po' mossa (anche a Washington c'era vento). Le foglie sono ancora quasi tutte verdi, con sfumature rosate. I frutti hanno l'aspetto di piccoli ricci, ma non pungono. Sono composti da tante capsule saldate insieme e maturano quando le foglie cominciano a cadere, spalancando tante bocche dalle quali escono i piccoli semi alati.



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Lunedi, Novembre 24, 2008
Camelia sasanqua (hiemalis)

E' fiorita.
Come scrive Paolo Pejrone, con le giornate sempre più corte, insieme al profumo delle castagne, sbocciano le camelie sasanque "sempre con quell'aria di essersi sbagliate di tempo: troppo presto o troppo tardi?"
Non è certo stagione da fiori, la temperatura si è fatta molto rigida e dopo gli acquazzoni, è arrivato un vento gelidissimo che quest'anno ha spazzato via velocemente il ricordo del tepore di ottobre. Ma la camelia è fiorita, puntuale, delicata, magnifica.
La mia camelia è un ibrido di sasanqua e il suo nome corretto è C. hiemalis Kanjiro, creata in Giappone nel 1954 dall'originale C. hiemalis, che era arrivata dalla Cina molti secoli prima. La C. hiemalis fiorisce un po' più tardi della sasanqua, ha cominciato a metà novembre, come stesse attendendo i primi fiati di inverno. La stavo aspettando. Solo mi auguro che si trovi bene e che cresca rigogliosa come questa sua parente


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Domenica, Novembre 23, 2008
Aceri americani
acer pensylvanicum
Per le strade di Washington, in questa stagione, gli alberi sono macchie di colore intenso. Da lontano, si può provare a indovinare, in giallo sono i ginkgo, in rosso vivo le querce, e gli aceri.
Gli aceri americani sono famosi per i colori e per lo sciroppo, che si ricava dalla linfa primaverile. La pianta che ne produce di più è l'acero del Canadà (Acer saccharum), la cui foglia appare appunto sulla bandiera canadese. Ma lo zucchero si ricava anche dalla linfa dell'acero rosso (Acer rubrum), che ho incontrato sovente per le strade di Washington, insieme all'Acer pensylvanicum, acero della Pensilvania. L'acero rosso si chiama così non tanto a causa del colore del fogliame autunnale, ma perchè dello stesso colore rosso sono i fiori, e le samare, le ali dei semi.
acer pensylvanicum
L'acero della Pensilvania viene anche detto acero striato perché la sua corteccia è cosparsa di sottili nervature, come la pelle di un serpente. Questa caratteristica che può aiutare ad indentificarlo non si vede però in questa fotografia. Si vedono solo le foglie, rosso arancio, che spiccano con stridente contrasto contro la gelida vetrata azzurrata di un grattacielo.

Sono belli gli alberi di Washington, e sembrano quasi felici. Soprattutto nei piccoli giardini, crescono vasti e liberi. Non ho visto malattie evidenti, anche se certo la sofferenza esiste anche per loro. La città non è proprio un luogo a misura d'albero, anche se l'albero può adattarvisi, se non è violentato da potature troppo violente che lo umiliano e lo indeboliscono.

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Sabato, Novembre 22, 2008
Ginkgo biloba
ginkgo biloba
Sono stata a Washington per una settimana e lungo i vasti viali di questa 'capitale del mondo' ho incontrato alberi bellissimi. La stagione ormai quasi invernale, umida prima e poi gelida e ventosa, ne aveva già spogliato alcuni, mentre altri si erano rivestiti dei già decantati colori autunnali per cui molti alberi americani sono assai rinomati.
Albero di media taglia, ma assai diffuso nei viali delle città, il ginkgo è una pianta molto originale. E' un albero antichissimo, spontaneo in certe regioni dell'Estremo Oriente, largamente usato in Occidente a scopo ornamentale. Si classifica come conifera, o meglio gimnosperma, letteralmente 'dal seme nudo', perchè i suoi semi non sono racchiusi nell'ovario. Queste piante non hanno veri e propri fiori, nè veri e propri frutti. E' l'unico sopravvissuto della famiglia delle Ginkgoaceae che, come testimoniano i resti fossili, erano molto diffuse 150-200 milioni di anni fa ed appartenevano a un ordine più antico delle conifere. Per questo a volte il ginkgo viene chiamato 'fossile vivente'.
Ha foglie decidue, disposte a grappolo, di forma molto caratteristica, a volte profondamente incise (da cui l'aggettivo biloba), che prima di arrendersi all'inverno si colorano di giallo canarino. Nella bella stagione, cresce delle bacche voluminose che ricordano grosse prugne dal lungo picciolo, anche se non sono propriamente frutti (assenti nelle gimnosperme), ma piuttosto involucri carnosi che ricoprono i semi. Emanano un odore abbastanza sgradevole, ma l'interno, semi compresi, è commestibile e ricco di sostanze di interesse farmacologico, i ginkgolidi.
ginkgo biloba
Il ginkgo non è una pianta rara. Come essenza ornamentale è utilizzato abbastanza anche in Italia, anche se tristemente pare essere più noto per l'odore poco piacevole dei suoi frutti che per le sue singolari proprietà e le antichissime origini. Un piccolo ginkgo cresce anche in un'aiuola presso il grattacielo dove lavoro, a Genova, non lontano dalla Lanterna. Non lo nota nessuno. L'aiuola, angusta e lambita dal vento di mare e dal traffico incessante, è ingombra di erbacce e spazzatura. Più fortunati i ginkgo urbani di Washington crescono in aiuole ben curate e ricoperte di viole del pensiero, geranei malvaccini e liriope muscari (vedi 27 ottobre), per citare solo alcune delle pianticelle che ho identificato. Si riconoscevano da lontano per il colore vivace e la silouette elegante, a volte slanciata, come nella foto qui sopra, a volte più ramificata, ma sempre nitida e aggrazziata, anche se il traffico e il vento non risparmiano neanche loro.

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Giovedi, Novembre 13, 2008
Il blog è sospeso fino al 22 novembre


A presto !

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Mercoledi, Novembre 12, 2008
Capelvenere
Adiantus capillus Veneris
Cresce copiosa sui muri umidi, coprendo con le sue morbide chiome, lunghe fino ad oltre mezzo metro, grondanti pareti di roccia. Le sue foglioline verde tenero sono molto decorative ed usate anche dai fiorai. Conosco un posto, non lontano da casa mia, dove è particolarmente abbondante e lussureggiante e lì l'ho fotografata domenica scorsa, durante un breve intervallo fra violenti scrosci di pioggia. Era coperte di gocce, ma asciutta. Perchè il capelvenere ama l'acqua, ma non si inzuppa, mai. Felce della famiglia delle Adiantacee, deve il suo nome agli steli, neri e sottili come capelli (ma Venere non era bionda?); ma anche al fatto che dalle sue foglie si ricavava un infuso utile al benessere delle chiome. Ha altre proprietà e veniva usata per curare affezioni delle vie respiratorie. Contiene anche una misteriosa sostanza che aiuterebbe a guarire dal vizio del fumo e dell'alcool. Di più non so. Ho smesso di fumare diversi anni fa, e senza capelvenere. Penso però che le felci, come gli equiseti, siano tutte piante un po' magiche, antiche e primitive possiedono virtù che si perdono nella notte dei tempi, di cui si è persa memoria e parole.

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Martedi, Novembre 11, 2008
Foglie morte (sorbo montano)
sorbus aria


Un tappeto di foglie morte ha ricoperto l'acqua limpida del torrente. Sono foglie di sorbo montano, la lamina verde si è fatta gialla e bruna, ma sul dorso il grigio splende dello stesso argenteo bagliore di quando la foglia era giovane e palpitante sul ramo. E intanto nell'acqua si specchiano i profili nudi dei tronchi.


Les feuilles mortes se ramassent à la pelle,
Les souvenirs et les regrets aussi
Et le vent du nord les emporte
Dans la nuit froide de l'oubli.

...oh wind
If winter comes, can spring be far behind?


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Lunedi, Novembre 10, 2008
Leccio
Quercus ilex
E' così diffuso, così comune, così dominante, in città, nei viali e nelle piazze, e fuori, in campagna, sulle coste e sulle pendici, che quasi non si vede, non si nota più, non sembra così importante. Isolato o in gruppo, boschi e boscaglie, il suo mantello, verde cupo e grigio opaco, copre le valli e borda le scogliere, mentre il suo tronco nero, scabro, a tratti contorto, si eleva robusto, ma senza slancio.
Si fa amare quest'albero, possente, che tuttavia non può dirsi bello; certamente non molto fotogenico, con quel colore così uniforme, a tratti spento, le foglie legnose piene di imperfezioni e la chioma ineguale, ingombrante. Ho cercato a lungo un'inquadratura che gli rendesse giustizia, che ne rappresentasse la nobiltà di quercia sempreverde. Ho cercato di coglierne il solido profilo, o solo qualche fronda contro lo sfondo del mare. Ma alla fine, anche questa volta ho rinunciato, mi sono rassegnata (come già avevo fatto in questa pagina) a scegliere un'immagine un po' scontata, foglie e ghiande nel folto della chioma.

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Domenica, Novembre 09, 2008
Polipodio o felce dolce
polypodium vulgaris
Da qualche giorno sto a curiosare su rocce e muri umidi (nel frattempo continua a piovere). E naturalmente ho rincontrato lui, una vecchia conoscenza. Quanti ricordi. Da bambini lo chiamavamo reganisso, credo una deformazione dialettale della parola liquirizia. Quando si riconoscevano le foglie sui muri umidi come questo, si tirava fuori la bianca radice, che è poi un rizoma, cioè un fusto sotterraneo, da cui si dipartono sottili radici marroncine. Il rizoma del polipodio è fibroso e dolce. Ripulito alla bell'e meglio della terra e della pellicola esterna, si succhia avidamente. E' un po' amaro, ma sa irrimediabilmente di liquirizia. La liquirizia, quella vera, si ottiene dalla radice di una pianta delle leguminose che si chiama Glycyrrhiza glabra ed diffusa nel Mediterraneo orientale ed anche in Italia. Il polipodio é una felce, quindi una pianta molto differente dalla liquirizia, ma il suo rizoma contiene la sostanza glicirrizina, che é poi il principio attivo dell'estratto di liquirizia e quella che le conferisce il sapore caratteristico, dolce e aromatico. I rizomi, essicati, di polipodio a volte si trovano anche in vendita. Ma vuoi mettere l'emozione di tirar fuori la radice dal terreno e succhiarne l'umore, un po' acre, stritolando fra i denti la scorza così terrestre, umida, coriacea, dolce. Quanti ricordi.

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Sabato, Novembre 08, 2008
Ombelico di Venere
Umbelicus rupestris
Sono ormai due settimane che piove a dirotto. Non è proprio il diluvio universale, perchè ogni tanto si interrompe e spunta un sole che è ancora caldissimo per la stagione. Ma per il resto del tempo siamo qui, inumiditi fino alle ossa, con gli orti pieni di melma e l'erba che cresce a vista d'occhio. Sui muri ombrosi, dove vive questa graziosa pianta grassottella (succulenta, della famiglia delle Crassulacee), l'acqua impiega ancora più tempo ad asciugare e le foglie sono coperte di goccioline. Il nome curioso di questa pianta deriva certo dalla fossetta centrale che presentano le sue foglie proprio sopra l'attaccatura del picciolo. E' curioso, sugli stessi muri, anche più umidi se possibile, cresce anche il capelvenere, un'altro attributo della divina bellezza. L'ombelico di Venere però in certi dialetti, come quello di Savona, si chiama 'gobetto', come dire che le forme della natura possono suggerire immagini contrastanti. All'inizio della primavera, l'ombelico mette in scena i suoi fiori, piccole campanule pendule disposte a fitto grappolo lungo lo stelo. Ma in questa stagione ci rimangono le foglie, carnose e ricche di sostanze benefiche. Un impacco di foglie pressate era rimedio efficace per piaghe ulcerose e per calli e duroni. Ora che l'inverno si avvicina e i nostri piedi saranno messi a dura prova dalle scarpe pesanti, forse varrebbe la pena provare.

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Venerdi, Novembre 07, 2008
Colori d'autunno

L'autunno è una stagione dai colori forti. Queste sono le foglie di una roverella o simile, anche se è difficile crederci, come un fuoco le avesse avvinte all'improvviso. In basso, ancora gialline, le foglie di un carpino nero. Ricordo un' amica che diceva di amare l'autunno più di ogni altra stagione a causa dei suoi scenografici colori. Doveva essere molto giovane, forse da giovani si può amare l'autunno (anche se io non l'ho amato mai, sempre mi stringeva la gola lo struggimento per queste giornate sempre più brevi). Crescendo (invecchiando) non più, lo si contempla forse, dopo qualche violento temporale, il cielo di un azzurro cristallino e i colori inebrianti. Non lo amo, ma resta l'attonita ammirazione per l'abito degli alberi, le foglie che, prima di morire per apoptosi, indossano la loro veste più bella.

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Giovedi, Novembre 06, 2008
Sanguisorba
sanguisorba officinalis
Non è certo più la sua stagione e da tempo i capolini rotondi dei suoi fiorellini sono sfioriti e poi seccati. Restano le foglioline dai bordi dentati, disposte in crescendo sullo stelo mediano, imparipennate, velocemente cangianti dal verde al rosso, al giallo, al bruno. Forse è scorretto cercare di identificare una pianta dalle sole foglie e da qualche fiore secco, ma sono abbastanza convinta che si tratti di S. officinalis, perchè l'altra specie che le assomiglia S. minor ha foglie decisamente più piccole.
Viene chiamata anche pimpinella, salvastrella o bibinella. Ma poichè il genere pimpinella esiste e identifica un'erbetta diversa, della famiglia della Umbellifere, preferisco chiamarla con il suo nome per non creare confusione. Il suo nome latino, sanguisorba, peraltro ci ricorda le sue proprietà curative, di antiemorragico e astringente. Le graziose foglioline, che sembrano pizzetti ritagliati ad arte con sapienti sforbiciate, hanno un sapore fresco e aromatico, gustoso complemento di tradizionali insalate.

Fotografata ai Piani di Praglia a fine ottobre (prima dei diluvi).

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Mercoledi, Novembre 05, 2008
Pino nero
pinus nigra
Mentre le foglie grandi delle latifoglie decidue sono sempre più gialle, cerco di dedicarmi alle conifere (più generalmente sarebbero le gimnosperme); ma non sono molto brava a distinguerle e mi vergogno ad ammettere che a volte, come dicono gli ignoranti, mi sembrano tutte uguali. Intendiamoci, non che io confonda un pino con un abete o con un larice, o peggio un tasso con un cipresso. Ma i pini, i pini, ahimé, mi creano dei problemi e temo di non avere la pazienza e l'attenzione per controllare numero, lunghezza e flessibilità degli aghi, dimensioni delle placche dei tronchi e spessore della resina delle gemme per tentare di dar loro un nome.
Il pino nero, anche detto pino austriaco, perché appartenente a una sottospecie che é originaria di Austria e Croazia, è stato utilizzato, a volte a sproposito, per il rimboschimento delle colline ligure, private ormai da secoli dei loro boschi di lecci e altre querce. Così il pino nero si trova, un po' come l'abete, quasi dovunque, qui nell'entroterra di Genova, un po' spaesato, di un colore irreale e quasi finto. I suoi lunghi aghi sono di un verde cupo e intenso, ma soprattutto mi piacciono le sue pigne, così coniche come si conviene, spesso accoppiate a due a due quasi come gemelle siamesi.

scritto alle 22:52 da CarlaFed ::    COMMENTI


Lunedi, Novembre 03, 2008
Sofora
sofora japonica
Quest'albero viene a volte confuso con la robinia (robinia pseudoacacia, volgarmente detta acacia). Sono entrambe della famiglia delle leguminose, ed entrambe hanno fiori papilionacei appariscenti e frutti a bacello. Però le differenze sono assai rilevanti ed è molto semplice distinguerle. Per esempio le foglioline della sofora sono più appuntite di quelle della robinia e basta un colpo d'occhi per rendersene conto (vedi la pagina già citata). E poi la robinia fiorisce alla fine della primavera, mentre la sofora fiorisce alla fine dell'estate. Quindi se vedete una robinia coperta di fiori bianchi a fine agosto, non è uno scherzo di natura, è una sofora. I bacelli della robinia sono piuttosto piatti e scuri, quelli della sofora sono carnosi, giallo verde pallido, con i semi in rilievo. Rimangono a lungo sulla pianta, più delle foglie. La sofora, a volte chiamata anche 'pagoda cinese' ed originaria dell'estremo oriente, è molto comune nei giardini e sui bordi delle strade in città. Invece la robinia, una pianta americana, si trova più comunemente sui dirupi incolti e nei boschi semiabbandonati.
Ho fotografato questa sofora durante uno breve sprazzo di sole in questi giorni temporaleschi, in via Torricelli, Genova Borgoratti.

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Domenica, Novembre 02, 2008
Abete bianco
abies alba
Quest'albero non dovrebbe avere bisogno di molte presentazioni. Molti diranno 'un pino', perchè pino significa conifera per la maggior parte della gente, alberi con foglie aghiformi e frutti conici, le pigne. Riconoscere le conifere, specie da una certa distanza, è ancora più difficile che riconoscere le latifoglie. In questo caso, trattandosi di un sentiero botanico, non c'erano molti dubbi. Un abete bianco, che assomiglia molto a un albero di Natale, anche se gli alberi di Natale sono in generale abeti rossi (picea abies).
Ieri ho parlato neviera, e oggi mi pareva giusto mostrarla. Una cavità semicircolare rinforzata da un muro di pietra a secco. Sulla sinistra, fuori della foto, ci sono i due pioppi tremuli di ieri. In mezzo l'abete bianco domina con la sua sagoma netta, imponente, scura. Un albero che non si mescola con il resto del bosco. Queste conifere sono arrivate su queste colline portate da interventi più o meno discutibili di rimboschimento e sono sempre un po' spaesate, diverse. Oggi il rimboschimento si fa in un altro modo, quando si fa. Ma abeti e pini venuti da altrove restano e, quasi loro malgrado, diventano protagonisti del paesaggio.

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Sabato, Novembre 01, 2008
Pioppo tremulo
populus tremula
Questi due esemplari di pioppo tremulo crescono presso la neviera del sentiero botanico CAI dei laghi del Gorzente. La neviera è di per se stessa una costruzione affascinante. In questo caso si tratta di una specie di cisterna rotonda, scavata nel terreno e rinforzata con un muro di pietra a secco. Un buco, dove la neve doveva conservarsi a lungo, almeno fino a primavera inoltrata o persino d'estate. Una volta la neve, e il ghiaccio che se ne formava, era preziosa, non c'erano frigoriferi per tenere al fresco cibi e bevande.

In queste zone montane, il pioppo tremulo è un albero assai comune, a volte è un piccolo albero a fianco del sentiero e cresce persino sui crinali. Ha la corteccia bianco grigia e foglie quasi rotonde. Trema e stormisce al vento. Ma il pioppio tremulo può raggiungere facilamente i 20 metri di altezza, come questi due alberelli, freschi, anche se già un po' spogli. Nobili e slanciati come fanciulli cresciuti quasi troppo in fretta.

scritto alle 19:54 da CarlaFed ::    COMMENTI


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