Il ninfeo di palazzo Lomellino

Piante del n infeo

Begonia e capelvenenre

Palazzo Nicolosio Lomellino è uno dei palazzi più rappresentativi fra i cosidetti palazzi dei Rolli, sito che fa parte del patrimonio Mondiale UNESCO. Edificato intorno al 1570, il palazzo Nicolosio Lomellino si trova proprio accanto al municipio (Palazzo Tursi). Essendo proprietà privata, non si può visitare sempre, ma sempre si può occhieggiare dalla via Garibaldi, attraverso l’atrio e i suoi mirabile stucchi, verso il cortile interno, fino all’imponente ninfeo settecentesco, il ninfeo di Fetonte. Dove c’è acqua, le piante prosperano, e questo luogo non fa eccezione, nonostante gli sforzi dei manutentori di liberarlo dalle intruse. Pare, mi hanno raccontato, che dopo essere state estirpate con violenza, mettendo anche a repentaglio la pietrosa superficie del ninfeo, queste siano tutte tornate, come prima e più di prima. Per lo più si tratta di capelvenere, la morbida felce dei muri umidi, e poi qualche altra intrusa, di quelle che stanno dappertutto come la Conyza o Erigeron che dir si voglia . Infine ci sono queste belle foglie, grassocce, cuoriformi, con picciolo e venature rossicce. Subito ho pensato a una begonia, e continuo a pensarci. La somiglianza più stretta è con Begonia evansiana, che produce graziosi fiorellini rosa a fine estate. Io credo che queste foglie siano un abbellimento per il prezioso ninfeo e spero non vengano estirpate troppo presto, che rimangano ancora un pochino e sia loro permesso di fiorire. Magari a fine estate potrò avere una conferma della mia determinazione.

Lavori in corso

Bituminaria bituminosa

Bituminaria bituminosa

Su uno sbancamento della collina dove è in costruzione una nuova casetta, la primavera non si è fermata. Fa quel che può e forse non resisterà a lungo, ma in fondo alle piante non interessa se la ruspa ha aperto varchi a pochi centimetri dalle loro radici, magari travolgendo altre piante. Alle piante non interessano le recinzioni e neppure le reti arancioni che delimitano il cantiere. Non importa nulla di nulla, fintanto che conservano lo spazio vitale per crescere un poco, dissetarsi ogni tanto e aprirsi sempre alla luce. Sono piante umili, il trifoglio bituminoso odora così profondamente di catrame che sulla strada sembra proprio dover essere a suo agio, con la tempra robusta dei suoi fusti e il verdo carico delle sottili foglioline. Cresce dappertutto, nelle cunette, al bordo del selciato e sugli sterrati, e il fiore è quello dei trifogli e dell’erba medica.

Anche la borragine è una pianta di poche pretese. Da giovane ha foglie verdissime, morbide e saporite. Poi quando le foglie cominciano a guastarsi, molto spesso si macchiano di bianco a causa di un fungo, esplodono i fiorellini azzurro viola, come caramelle stellate. Eccola qui, intrappolata sul bordo del baratro. La fotografia, scattata attraverso la rete arancione che delimita il cantiere, non rende l’idea della posizione scomoda in cui si era trovata perchè la distanza era troppa e io uso quasi niente i teleobbiettivi. Copiosamente fiorita si alzava, con piglio deciso, proprio sul ciglio dello scavo appena aperto, dentro una terra gialla che forse già stasera non ci sarà più.

borrago officinalis

Borrago officinalis

A proposito di papaveri

Papaveri

Papaver dubium

Scartabello fra vecchi quaderni (alcuni non li ho mai gettati via) alla ricerca di qualche pensiero antico e trovo questa piccola poesia intitolata ‘Papavero’, scritta nel giugno 1972, quando cioè avevo, ebbene sì, 16 anni

Costruito con petali sottili
che la bufera strapazza,
per il sole di un campo di grano
a greggi fiorisce, per poco.
E come me, fiore senza profumo,
dal cuore verde di foglia,
troppo rosso ardente
troppo fragile.

I papaveri davvero hanno sempre esercitato un fascino particolare su di me. Già ne parlai nel mio vecchio blog il 24 maggio 2008, ingannandomi però sulla specie che credo non sia quella più conosciuta di Papaver rhoeas (rosolaccio), ma piuttosto il papavero più selvatico, anche se altrettanto comune, chiamato papavero a clava, Papaver dubium. Oggi incontro ancora gli stessi papaveri lungo le crose che guidano le mie passeggiate nei giorni di semifesta, sono papaveri pallidi, perchè il loro colore non è il rosso acceso, ma il rosso aranciato, ormai quasi sfioriti, ma eretti spingono alte le loro capsule di semi, presto maturi. Un ciuffo ribelle nel mezzo alla stradina, via Casale, una mulattiera quasi parallela a via alla Chiesa di San Giorgio di Bavari.

Ancora papaveri in Non solo città, accanto al rosso, c’è anche il rosa carico del Papaver somniferus, proprio quello dell’oppio.