Ponte Pila

Ponte Pila

A  Bice
Smarrita,
sotto cumuli d’anni
e di cemento,
pur la memoria
di quel ponte
che traghettava
i nostri passi di bambine.
Ma non sconfitto
è il vento;
ora si è fatto
spirito del Borgo,
ha la sua dimora
nelle cavità di androni e palafitte
e ancora,
al varco ci travolge e dice
quel che è perduto
e quello che rimane.
… tra noi questa lunghissima alleanza
e immagini lontane
che il ricordo scompiglia
e ricompone.
Sul ponte
improvviso,
l’uragano.
Le nostre mani unite
a trattener l’ombrello rovesciato,
il turbine del vento
che confonde
quella tua sciarpa gialla
con la mia sciarpa rosa.
Santina de Angelis
(Trani 1913 – Genova 2005)

Ponte Pila

Il Bisagno del tempo che fu, in un post un po’ OT rispetto al mio solito sguardo verde. Oggi mi fermo al bianco e nero, ai grigi del nitrato d’argento. Il ponte Pila, nei pressi di Brignole, oggi non c’è più perché in quel tratto il torrente è stato coperto nel 1929, mentre l’arredo del ponte, ringhiere e lampioni,  è stato trasferito sul ponte Monteverde, di fronte all’ ingresso del cimitero monumentale di Staglieno. I versi sono di mia madre Santina, insegnante e poetessa, che negli anni ’20 del Novecento era una bambina.

Vi presento il Bisagno

Torrente Bisagno

Bisagno nel rione  San Gottardo e
e fioritura autunnale di topinambur (Helianthus tuberosus)

Il Bisagno torna a far parlare di sè. Quando sento menzionare il suo nome nei notiziari di radio e televisione come ‘il fiume di Genova’, mi viene in mente il sorriso divertito e beffardo della mia amica Irena, polacca di Stettino, che abita sulle sponde del vasto estuario del fiume Oder.
“… and this is the river.”
“River?!?”

Naturalmente il Bisagno non è un fiume, è un corso d’acqua a regime torrentizio, che d’estate talvolta di acqua ne ha proprio niente. Nasce da modeste colline dell’Appennino che stringono la città a nord. Della sua storia, e dell’alta valle, ho parlato in una pagina diversi anni fa.

Torrente Bisagno

Torrente Bisagno in via Piacenza presso il ponte Guglielmetti

Il torrente, che talvolta diventa cattivo, è sempre abbastanza brutto. E’ giallastro e disadorno, ingombro di vegetazione selvaggia, invadente, rami spezzati e spazzatura. Proprio perchè è così brutto, nell’ultimo tratto, poco più di un chilometro, il torrente è stato coperto, tombinato si direbbe oggi, con una di quelle opere pubbliche del ventennio fascista, che hanno cambiato, per sempre, l’aspetto di tanti luoghi del nostro paese. Opere contestabili, ma durature. Almeno fino a quando l’incuria non finirà di distruggerle. Già l’antico ponte di Sant’Agata è stato una delle vittime della scarsa manutenzione della copertura, quando nel 1970 l’acqua “che porta via, che porta via la via” lo travolse senza pietà per la sua storia millenaria. E’ invece sopravvissuto a memorabili piene, tanto devastanti quanto improvvise, il settecentesco ponte Carrega, che si trova più a nord e al riparo dall’onda di ritorno del tunnel di copertura. Peccato che un ponte così bello sia relegato all’ombra dell’ingombrante e antiestetico viadotto della A12.

Bisagno

Il Bisagno a San Gottardo lungo via Emilia
ancora topinambur

Nel lungo tratto aperto al cielo, l’acqua scivola stretta fra rive incolori, sormontate da disordinate costruzioni, che hanno forse l’unico pregio di essere tutte diverse, alte, basse, esili, grasse, ingombranti, accatastate (nel senso di catasta e non di catasto). I palazzoni alti e grigiastri gli incombono addosso, così vicini alla sponda che sembra quasi non credano che sia un vero corso d’acqua.

Lungo il lurido greto crescono in ogni stagione piante e fiori sorprendenti. Talvolta monotoni, come le distese autunnali di topinambur (Helianthus tuberosus, vedi 4 settembre 2008), che è il fratello tuberoso del girasole (Helianthus annuus). Oppure aggressivi come d’estate le cardogne, Scolymus hispanicus, sgargianti margherite gialle che è meglio guardare e non toccare perchè interamente ricoperte di tenacissime spine. A volte si incontra qualche esotica avventizia, perfettamente a suo agio, come la verbena del Brasile (Verbena litoralis).

Scolymus hispanicus

Cardogne (Scolymus hispanicus) sul ponte Feritore

E in primavera si inalzano i verbaschi, Verbascum sinuatum, piante comunissime, ma attraenti. Come scrivevo il 29 giugno 2008, il verbasco sinuoso è snello, ma ha un portamento regale, sembra un grande candelabro a più bracci, e ogni braccio regge numerosi gruppi di fiori giallo brillante, corolle di cinque petali e stami dalla peluria violetta.

Verbascum sinuatum

Verbascum sinuatum presso il ponte Carrega

Ponte Carrega

Il settecentesco ponte Carrega, sopravvissuto a tutte le devastanti piene

Linaria da marciapiede

Linaria vulgaris

Linaria vulgaris

La linaria (Linaria vulgaris, vedi 13 giugno 2008) è una piccola pianticella vagabonda con graziosi fiori gialli a forma di bocche di leone. Proprio come la bocca di leone, sua sorella maggiore (Antirrhinum majus, vedi 26 settembre 2009), era in passato classificata nelle scrophulariaceae, mentre secondo la classificazione più moderna fa parte delle plantaginaceae. Il suo nome deriva dalla forma delle foglie, lanceolate e sottili come quelle del lino, o forse anche dal fatto che delle colture del lino è infestante caratteristica.

Fiorisce dalla tarda primavera fino a autunno inoltrato, fiori abbondanti e fieri, ma delicati ed eleganti. E cresce davvero dappertutto. Perfino sul bordo di un marciapiede di un polveroso viale di periferia, incastrata fra l’asfalto e la pietra, dove sia il terriccio che la accoglie è difficile immaginare. Esile e sinuosa, tenacissima, fiorisce, e si fa sberleffi di tutte quelle piante raffinate che hanno bisogno di humus e attenzioni per partorire magari poche stentate corolle.