Mandorlo a Borgoratti

Mandorlo

Prunus dulcis

Il mandorlo è il primo a fiorire. Degli alberi da frutto, intendo. I mandorli fioriscono quando ancora non ci siamo accorti che sta per arrivare la primavera, non ci stiamo pensando proprio. Il mandorlo di questo terrazzino non è da meno. L’avevo ricordato, insieme ad altri, già in questa pagina, e poi il giorno di San Valentino, 14 febbraio 2009. Proprio qui, ferma al semaforo di via Cadighiara, sorveglio il mandorlo che si sveglia, su una stretta fascia, sotto una casa appesa sul pendio. Immerso nell’ombra, è un piccolo albero da nulla capace di esplosioni straordinarie.

La mandorla è uno dei primi frutti ‘addomesticati’ dall’uomo. Quella primitiva è molto velenosa, perchè contiene un discreta quantità di amigdalina, una specie di cianuro. Ma a poco a poco, forse osservando gli animali o forse dopo ripetuti errori fatali, ne è stato selezionata una varietà dolce, a basso contenuto di amigdalina, commestibile e delicata, dal gusto raffinato. Non è al sapore delle mandorle che penso quando contemplo il miracolo di quei fiori bianco rosati che sbocciano quando è ancora inverno. Mi piacerebbe che durassero di più, forse penso, ed ho fretta di vederli sul mio ciliegio.

L’ippocastano di piazza Manin

Ippocastani (Aesculus hippocastanum)

Ippocastani in piazza Manin
(Aesculus hippocastanum)

Genova, piazza Manin angolo con via Assarotti. Un imponente albero di ippocastano allunga i suoi rami verso un elegante palazzo d’epoca (clicca per ingrandire). In tutte le stagioni, lo orna e impreziosisce con i suoi colori. In tutte le stagioni io pensavo: ecco un albero da fotografare. Il verde intenso delle larghe foglie a ventaglio contro l’azzurro del cielo primaverile. I perfetti coni di fiori che sembrano merletti. Le foglie stanche, accartocciate, cariche dei colori dell’autunno. E infine i rami, alti e spogli, eretti contro il grigio dell’inverno. Sullo sfondo, il palazzo, splendida inquadratura.

Aesculus hippocastanum

Troppo tardi. L’albero non c’è più e ne è rimasto soltanto un corto moncone. Forse era malato (ma sani sembrano i suoi primi vicini). Forse appariva un pericolo così alto e maestoso sul bordo dell’incrocio. Forse, semplicemente, i suoi rami esuberanti e frondosi si erano avvicinati troppo all’intimità di qualche ricca signora. Non so, ma ci sono rimasta male.
A quel che resta dell’albero, dedico questi bellissimi versi di Primo Levi (già pubblicati in questa pagina)

Il mio vicino di casa è robusto.
E’ un ippocastano di Corso Re Umberto
Ha la mia età, ma non la dimostra
Alberga passeri e merli, e non ha vergogna,
in aprile, di spingere gemme e foglie.
Fiori fragili a maggio,
a settembre ricci dalle spine innocue
Con dentro lucide castagne tanniche.
E’ un impostore, ma ingenuo: vuol farsi credere
emulo del suo bravo fratello di montagna
signore di frutti dolci e di funghi preziosi.
Non vive bene. Gli calpestano le radici
i tram numero otto e diciannove,
ogni cinque minuti, ne rimane intronato.
E cresce storto, come se volesse andarsene.
Anno per anno succhia lenti veleni
dal sottosuolo saturo di metano
E’ abbeverato d’orina di cani.
Le rughe del suo sughero sono intasate
dalla polvere settica dei viali.
Sotto la scorza pendono crisalidi
morte che non diverranno mai farfalle.
Eppure nel suo torbido cuore di legno
sente e gode il tornare delle stagioni.

Qui sotto altre immagini di fratelli ippocastani di città
Aesculus hippocastanumAesculus hippocastanumAesculus hippocastanum

per le descrizioni, altri link sui miei blog
19 aprile 2009
10 dicembre 2008
19 maggio 2010