Capperi di città

Capparis spinosa

Capparis spinosa

Credo che sia noto a tutti, i capperi crescono, e prosperano, sui muri. Ma anche sulle rocce, e sugli scogli in riva al mare. Si infrattano praticamente dovunque e poi ricadono, formando rigogliose cascate verdi. Non pare davvero che abbiano bisogno di molta terra, sembra viceversa che amino l’aridità e l’aria salmastra. Tuttavia la propagazione dei capperi ha aspetti alquanto bizzarri. Pare che i semi aspettino anni per germinare dal momento in cui si staccano dalla pianta, mettendo a dura prova la pazienza dei coltivatori. Si dice che sia necessario introdurli proprio in fondo alle spaccature dei muri, e spingerli più dentro possibile. E’ consigliato l’uso di una cerbottana.  Molti raccontano di aver messo a dimora semi e di essersene dimenticati, avendo infine perduto le speranza di vedere un germoglio. Finchè, dopo anni di immobilità, nel bel mezzo di altre piante più giovani, e come obbedendo a una segnale antico e mai sopito, il cappero era esploso, incontenibile.

Capparis spinosa

Capparis spinosa
Strada Aldo Moro (sopraelevata)

Se però si lascia fare tutto a loro, coi i soliti metodi naturali, quali vento insetti vari, uccelletti e formichine o quant’altro, i capperi ce li ritroviamo più o meno dappertutto, in mezzo ai calcinacci che prediligono, sui muri a fianco di strade e autostrade, se abbastanza vicini al mare e ben esposti a sud, pronti a far sbocciare in ogni estate i loro straordinari fiori bianchi.
La pianta della foto in alto cresce sul muro della torre di Vernazza, parte del sito UNESCO delle Cinque Terre. Ma altrettanto a loro agio e rigogliose, anche se un po’ più impolverate, sono le piante di cappero che crescono sui muraglioni della strada sopraelevata che attraversa Genova da levante a ponente costeggiando il mare. E i sorprendenti frutti pendono a grappoli  sui muri esterni del giardino dell’Acquasola, un parco cittadino recentemente scampato a un progetto di parcheggio.

Capparis spinosa (frutti)

Capparis spinosa (frutti)
Mura dell’Acquasola

I capperi crescono allegramente anche nel mio giardino, versante occidentale delle colline liguri, lontano dal mare.Che poi i germogli, o i frutti siano commestibili e gradevoli è un altro discorso. Per la buona tavola magari sarà meglio affidarsi ai capperi di Pantelleria.

Giglio di San Giuseppe

 

Hemerocallis fulva detto Giglio di San Giuseppe

Giglio di San Giuseppe
Hemerocallis fulva

Ogni giglio ha il suo santo. Per il giglio di San Giovanni (Lilium bulbiferum) la ragione di tale attribuzione è ovvia, dato che i fiori sbocciano verso la fine di giugno, proprio in corrispondenza del giorno dedicato al celebre santo. Invece questo  falso giglio, che giglio non è, ma un lilioasfodelo o Hemerocallis (famiglia Asphodelaceae), fulvo perchè di acceso colore rosso arancio, la dedica a san Giuseppe è quantomeno bizzarra. Hemerocallis fulva sboccia alla fine della primavera, quando la ricorrenza del santo, 19 marzo, è trascorsa da tempo.  La confusione aumenta quando si scopre che le Hemerocallis si chiamano anche gigli di san Gaetano (Thiene da Vicenza), che si festeggia il 7 agosto, non lontano dalla loro stagione di fioritura. Ma San Giuseppe? Questo santo spesso viene rappresentato con il bambinello in braccio e un giglio in mano (a lui o al bambino), ma ahimè il giglio è sempre bianco, quel Lilium candidum, giglio propriamente detto, che si chiama anche giglio di San Pietro e fiorisce anche lui alla fine di giugno. Pare quasi che ogni santo esiga il suo giglio, e fra santi e gigli non ci si raccapezza facilmente.

Hemerocallis fulva detto Giglio di San Giuseppe

Hemerocallis fulva

Meno male che questo bellissimo fiore, che spopola nei giardini perché è anche facile da coltivare, ha il suo nome scientifico, preciso, e volgarmente si può chiamare anche giglio turco, il che concorda con la sua origine asiatica. Emerocallide significa bellezza del giorno, o di un giorno, un nome che sembra suggerire il fatto che i fiori durano poco e velocemente appassiscono.  Neofita naturalizzata, in questo angolo di strada, che corre sulle sponde del torrente Bisagno, davanti a una cabina elettrica, questi gigli sono stati probabilmente piantati per ingentilire la lapide di ricordo di uno dei tanti sacrifici partigiani.

Ailanto fiorito

Ailanthus altissima

Ailanthus altissima

Ancora ailanto! Il più prepotente invasore degli spazi verdi di città e periferie, ora ribattezzato addirittura killer dei boschi. Di lui è stato detto di tutto, e di più, e anch’io ho dato il mio contributo. Ma i fiori, quelli non li fa vedere nessuno. Forse perché mostrare i fiori, come mostrare i cuccioli, intenerisce gli animi e rischia di creare simpatia nei confronti di una pianta, o di una razza, che si vorrebbe bandita per sempre. Eccoli i fiori bianchi dell’ailanto, sbocciati su un bell’albero sul ciglio della strada, in via Mogadiscio, appena sopra la chiesa di Montesignano di cui parlavo l’altro giorno, in direzione di sant’Eusebio. Un bell’albero che ha già sparso germogli in giro, senza ritegno, fra asfalto e marciapiede. Che coraggio impudente!

Ailanthus altissima

Ailanthus altissima