L’invasione delle libellule

mareggiata a Celle LigureDa qualche giorno ne parlano tutti. Giornali, social media, tv. La Liguria è pacificamente invasa dalle libellule che ordinatamente sciamano a favore di vento. C’è chi le ha viste dirigersi verso Nord, quando tutti si sarebbero aspettati che andassero a Sud, chi ne ha ammirato le ali argentate, chi quelle dorate. Tutti le hanno salutate con allegria, fantastiche predatrici di molti generi di insetti molesti.

E’ finita che le ho viste anch’io, sulla costa sferzata dalla mareggiata, con vento birichino che voleva convincerle a fermarsi un po’. Siamo sul litorale di Celle Ligure e il gioco delle onde sta pian piano rallentando la sua forza.

LibellulaEcco una o due libellule, ma soprattutto una, appoggiata su uno stecco di finocchio marino, proprio a  due passi da me. Riesco a vederla fra luce ed ombra perchè le sue ali traslucide riflettono il sole. Fa un piccolo volo in tondo e torna sullo stecco. Il vento le impedisce per un po’ di migrare lontano. Solo per questo, credo, sono riuscita a fotografarla.

Per noi sempre frettolosi e approssimativi, le piante sono più facili, così tranquille e docili, sempre accondiscendenti. I fiori in questa stagione scarseggiano, ma il litorale è ancora generoso di colori.

Carpobrotus edulis

Carpobrotus edulis

Il fico degli ottentotti (Carpobrotus edulis) è ormai diventato uno di casa sulle nostre coste. Ne ha fatta di strada, dalla sua terra di origine, il Sud Africa, la patria degli ottentotti, che è il nomignolo vagamente canzonatorio dato dagli olandesi agli indigeni del luogo. Ora è neofita invasiva, ma ormai naturalizzata, fico di mare dal sapore acidino, si può assaggiare quando è maturo perchè, appunto come dice il nome C.edulis, è commestibile. Ringrazio questo fiore tardivo, e le sue foglie grassocce che non temono i venti salmastri e gli aridi declivi delle scogliere.

(vedi anche il mio primo blog 12 maggio 2009)

Bagolari

Li conosciamo come grandi alberi dal fusto diritto e la corteccia liscia, così come appaiono in filari maestosi sulle mura di Lucca (7 settembre 2009) e infinite volte fotografati, rigogliosi o barbaramente mutilati, verdi e folti o colorati d’autunno, anche loro abitanti della città in tutte le stagioni.

Celtis australis

Celtis australis a villa Croce

Un piccolo virgulto è cresciuto vicino alla grata di una cantina, nella nobile villa Croce, che fu donata, con l’annesso giardino, da Andrea Croce nel 1951 alla città di Genova perchè ospitasse un museo, oggi il museo di arte contemporanea. Il piccolo rametto si allunga, illudendosi forse di raggiungere i giganti che lo sovrastano, il maestoso canforo e gli aerei pini domestici. O forse non si illude affatto, esiste e basta, piccolo o grande che sia. Senza presunzione e aspettative, per lui la vita è semplicemente esserci, respirare, o meglio convertire nel sole anidride carbonica in ossigeno.

Celtis australis

Celtis australis sul greto del Bisagno

Celtis australis

Celtis australis sul greto del Bisagno

Il bagolaro è  specie frugale e pioniera, che ha meritato addirittura il nome di spaccasassi, e non serve spiegare perchè. Più divertente è pensare che Linneo lo chiamò australis e non perchè provenga all’altro emisfero, ma soltanto perchè abitava le regioni del sud. Il nome comune invece deriva dalle sue bacche, piccole drupe gialline che virano al nero.
Eccole quasi mature su questo esemplare che cresce  nel greto del torrente Bisagno, già appetibili per gli uccellini di passaggio. Il greto è ancora piuttosto asciutto, anche se la minaccia delle sue piene già incombe, e l’albero allunga nel sole le sue lucide, libere fronde. Finalmente un bagolaro felice.

 

Il Bisagno, prima della pioggia

In attesa delle rovinose piene che sempre contraddistinguono la stagione autunnale e non solo, il greto del Bisagno viene sistematicamente ripulito non solo di carcasse e rifiuti della civiltà, ma anche di ciò che vi cresce, libero e spontaneo, un po’ troppo esuberante. Senza acqua diventa una strada grigia, ma velocemente ripopolata dalle frasche. Con il passare degli anni però, e gli studiosi di erbe pioniere potranno spiegarci perchè, le varietà di piante che crescono e prosperano nella ghiaia appena inumidita sono sempre meno diversificate.

All’inizio dell’autunno, l’inula, Dittrichia viscosa, la fa da padrona e colora di giallo intenso ogni angolo, arrivando anche a oscurare il morbido violetto della Buddleja. Ci sono altri fiori nascosti nel fogliame disordinato, saponaria (vedi 1 agosto 2009) certamente, e qualche malcapitata bella di notte (Mirabilis jalapa, vedi 18 settembre 2009), sfuggita da qualche giardino.

Xanthium strumarium

Xanthium strumarium

Ha larghe foglie palmate la nappola minore (Xanthium strumarium), cosidetta perchè i suoi frutti spinosi sono di dimensioni più piccole di quelli di Xanthium italicum, nappola italiana. E’ una pianta ruderale, pioniera, di nessuna utilità, nè avvenenza. Solo una bella macchia di verde sul grigiore polveroso del pietrisco. (Ma in Sardegna, nel distretto di Sarrubus, una specie affine, Xanthium spinosum, veniva impiegata dalla medicina tradizionale per curare la diarrea).

Persicaria maculosa

Persicaria maculosa

Poco più in là è fiorita la persicaria (Persicaria maculosa, vedi 13 agosto 2009), con le sue spighe rosa. Lei infestante irriducibile, abitatrice dei bassifondi, parente povera e sfrontata di specie nobili come la bistorta (Bistorta officinalis) e appetitose come il grano saraceno (Fagopyrum esculentum).