Verde balcone

Asparagus sprengeri

Asparagus sprengeri

Un balcone fiorito in maggio è un esercizio quasi obbligatorio per chi ama le piante, e non è difficile da realizzare per chiunque abbia voglia di frequentare con assiduità qualche vivaio e non dimenticare le innaffiature. Ma una cascata di verde lussureggiante nel cuore dell’inverno cittadino colpisce l’immaginazione e fa correre  la fantasia a qualche nobildonna che con  attenzione e cura si preoccupa del rispetto delle tradizioni. Ma anche se non è così, certo è che queste piante non sono capitate e si sono mantenute qui così per caso.  La protagonista del primo balcone è un asparago ornamentale,  spesso chiamata asparagina, con i suoi lunghi fusti flessuosi, le minuscole foglie a squama e i piccoli e verdissimi cladodi, che sono rametti trasformati. Talvolta il verde si punteggia di bacche rosse arancio, e qualcuna occhieggia in mezzo alla cascata di rami, come si vede ingrandendo l’immagine (selezionandola con un click si apre in un’altra pagina) e osservando con attenzione. In questo luogo e in questo tempo, non si può davvero pretendere di più. Dove si trova di preciso questo balcone non lo so. L’ho fotografato fra piazza Santa Caterina della Rota e piazza de’ Ricci, forse lungo la via di Monserrato che le unisce.

Balcone fiorito

Nephrolepis cordifolia – Hedera helix – Trachelospermum jasminoides

Certa è invece la localizzazione del secondo balcone verdeggiante, immortalato sempre in un pomeriggio d’inverno, nella stessa zona. Siamo in piazza Farnese, che si raggiunge percorrendo fino in fondo quella stessa via di Monserrato, e questo edificio è dirimpetto all’immacolato  palazzo omonimo, che è sede dell’Ambasciata di Francia. Non so quanto nobile sia questa costruzione, che si fregia di reggere la targa del luogo, ma da nobili è circondato, ad angolo con il convento e la chiesa di Santa Brigida e con alla destra, oltre il vicolo dei Baullari, il palazzo del Gallo di Roccagiovane.  Fra le piante si riconoscono i cespi dalle lunghe fronde della felce Nephrolepis cordifolia, che spuntano a frange direttamente dal rizoma sotterraneo,  l’edera maculata (Hedera helix) dalle sfumature bianche, e perfino un falso gelsomino (Trachelospermum jasminoides) con le sue foglie persistenti e coriacee, e i fusti che si arrampicano sul muro. Ne avrà tempo per fiorire e inebriarci con i suoi effluvi più o meno gradevoli. Per ora verdeggia.
A quando un concorso per balconi lussureggianti nel cuore dell’inverno?

Paulownia, solitaria regina

Paulownia tomentosa
piazza della Chiesa Nuova

Gli alberi in città sono spesso individui solitari, condannati all’isolamento austero e talvolta negletto all’ombra di monumenti ed edifici che essi nobilitano con la loro discreta ed elegante presenza.

In questa piazza, nelle vicinanze di corso Vittorio Emanuele a Roma, magnificenza e bellezza non mancano, fra la chiesa di santa Maria in Vallicella, fatta edificare a metà del 16° secolo da San Filippo Neri e l’oratorio dei Filippini, in stile barocco, opera di circa cent’anni dopo dell’architetto Francesco Borromini.

Paulownia tomentosa

Paulownia tomentosa
d’inverno

La paulownia, a volte chiamata pawlonia o volgarmente paulonia, è un grande albero originario dell’Oriente, con ampie, larghissime foglie e straordinari fiori dal colore azzurro e lilla. Il  nome stesso suggerisce la sua natura aristocratica perché deriva da Anna Paulowna (o Pavlovna), la figlia dello zar di Russia Paolo I. Naturalmente fu battezzata così in onore dello sponsor, perché con la Russia non ha nulla a che fare, essendo originaria del Giappone e laggiù scoperta da Carl Thunberg, discepolo di Linneo.

Paulownia tomentosa

Paulownia tomentosa
frutti estivi

Pianta attraente, ma anche resiliente e tollerante dell’aria malsana delle metropoli, viene largamente utilizzata nel verde urbano. Scoprirne la fioritura in città è affascinante, ma questa purtroppo dura molto poco e questi che rimangono sugli invernali rami spogli sono i frutti, anzi gli involucri dei frutti, che già hanno rilasciato i semi. Scarno e nobile ornamento dell’inverno.
I vasti rami carichi lasciano immaginare quale macchia di verde generoso quest’albero sarà nella bella stagione, nella piazza inondata di sole.

 

Portulaca al Testaccio

TestaccioL’area dismessa dell’Ex Mattatoio del Testaccio a Roma, dove fino al 1970 venivano macellate le carni per il fabbisogno della capitale, è stata in anni recenti parzialmente ristrutturata e accoglie realtà culturali di grande importanza, come l’Accademia di Belle Arti, la Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre e una delle sedi del museo di arte contemporanea MACRO.

Testaccio

Plumbago capensis
Senecio angulatus

Sul lato opposto, verso Campo Boario, là dove  la carne veniva mercanteggiata, sono invece alloggiate associazioni e aggregazioni sociali le più disparate, dalla Casa della Pace, a gruppi etnici di liberazione nazionale, come YPG. In queste terre di tutti e di nessuno, le erbe selvagge prosperano indisturbate, accanto a fioriture massicce di floride piante da giardino abbandonate.

Portulaca oleracea

Portulaca oleracea

La portulaca (Portulaca oleracea), detta anche porcellana, erba da porci, sportellacchia, e chi più ne ha più ne metta, è una delle erbette più comuni e diffuse negli incolti o ai bordi delle strade. Le sue parenti nobili si possono acquistare in vaso nei vivai e producono fiori sgargianti e variopinti. Però non è vero che lei, la piccola impudente, abbia fiori insignificanti; viceversa le sue piccole corolle gialle hanno un’aggraziata eleganza, fra le foglie carnosette, spesse e lucide, di forma ovale. I fusti prostrati, rosseggianti, morbidi, si allungano perfettamente a loro agio in mezzo alla spazzatura. La portulaca, che, come tutte le erbacce, viene sistematicamente estirpata, è in realtà un’insalata prelibata, se raccolta pulita e fresca, e può essere consumata cruda, con pomodori e cipolla, o lessata come gli spinaci, o fritta con le uova, come sempre ottimamente suggerisce Primo Boni nel suo insostituibile manuale “Nutrirsi al naturale con le erbe selvatiche” (Ed. Paoline 1977). Selvatiche, appunto, non urbane, perchè seppure questa pianticella ci sorprende e allieta con la sua esuberanza, non credo che cibarsi di questi esemplari cittadini sia poi così salutare.

Margherite dei muri

Erigeron karvinskianus

Erigeron karvinskianus
Lungotevere della Farnesina

Sono neofite invasive, più o meno naturalizzate  in varie regioni italiane. Se non le ho ricordate, qualche giorno fa, fra le erbe da muro tipiche cittadine, è perchè credo che meritino una collocazione di riguardo. Generose e aggraziate, quando sbocciano in cespi ricadenti di corolle bianco rosate, senza curarsi di intemperie e inquinamenti, a loro i muri devono molto.
Qui crescono sull’alto muraglione di Lungotevere della Farnesina, non lontano da ponte Sisto, e da via delle Mantellate. Siamo vicino a Trastevere, a due passi dall’orto botanico di Roma, uno dei giardini incantati da visitare una volta nella vita.

Erigeron karvinskianus

Erigeron karvinskianus
Genova Borgoratti

Il loro nome è cèspica, o meglio Erigeron, che significa più o meno ‘presto vecchio’, ed è il nome greco del senecio, perchè anche questa pianta ha pappi bianchissimi che maturano velocemente dagli effimeri fiori ed è un genere di asteracee americane che ha colonizzato anche il nostro continente. Non tutte sono altrettanto graziose; per esempio, non è molto bella la seppola, Erigeron canadiensis, particolarmente aggressiva negli ambienti degradati, anche se nota per i suoi utilizzi medicinali come antidiarroico nei paesi di origine. L’epiteto specifico di questa specie, karvinskianus, è dedicato all’esploratore e botanico Karwinski von Karwin (1780 -1855), che studiò la flora tropicale dell’America Centrale.

Queste margherite si trovano proprio su tutti i muri, resistente anche nella brutta stagione, come la sorella Erigeron annuus, come lei importata dall’America nel 18° secolo per adornare i giardini e similmente sfuggita alla coltivazione.

Bauhinia della pace

Piazza del Fico

Piazza del Fico

Bauhinia

Bauhinia

 

Il quartiere si chiama Parione ed è il sesto rione di Roma. A due passi da piazza Navona, le strade sono strette, a misura d’uomo e di carretto, più che di autovetture. Non ci sono molti alberi, così che i pochi diventano famosi. Come il fico che dà il nome alla piazza del Fico, che dà il nome al bar del Fico, che se ne sta proprio sotto l’albero.

Bauhinia

Bauhinia

Ma il fico non è solo. Si gira l’angolo in via della Pace e si incontra un grande albero allampanato e un po’ pendente, legato come un salame da un filo di lampadine, che però per ora sono spente. Sorprendentemente si tratta di una bauhinia, specie assai meno familiare del fico.  Originaria dell’Asia, ma ampiamente diffusa in Sud America e nelle zone più calde, quest’albero si riconosce per la forma bilobata delle sue foglie, che ricordano l’impronta di uno zoccolo bovino, da cui il nome “pata de vaca” cioè zampa di vacca, con cui è anche conosciuta. Ma anche il nome scientifico, Bauhinia, discenderebbe dal singolare aspetto delle foglie perchè, si racconta, Linneo l’aveva così battezzata in onore dei due fratelli John e Caspar Bauhin, botanici svizzeri del XVI secolo, associandola a una coppia di persone in analogia con la duplice rotondità.

Dopo averla conosciuta negli orti botanici di Lucca (9 novembre 2009) e nei giardini Hanbury di Ventimiglia, dopo averla incontrata in India (1 marzo 2010) e in Brasile , eccola in una veste decisamente più domestica, mentre staglia le sue foglie contro le persiane di un palazzo d’epoca.
Chissà se questa bauhinia cittadina riesce, o vuole, fiorire, e come lo fa, se i suoi straordinari fiori sono bianchi o rosa, e quanti dei tanti passanti sollevano lo sguardo a guardarla, e riescono a stupirsi di tanta bellezza esotica nel centro di Roma.

Rose bianche

Rose bianche in piazza Emporio

Rose bianche in piazza Emporio

 

Cultivo una rosa blanca
en junio como enero
para el amigo sincero
que me da su mano franca.

Y para el cruel que me arranca
el corazón con que vivo,
cardo ni ortiga cultivo;
cultivo la rosa blanca

(fra Lungotevere Aventino e Lungotevere Testaccio, Roma)

La fontana di Piazza Mastai

Piazza Mastai

In piazza Giovanni Mastai Ferretti
fanno il bagno i ragazzetti,
fanno i tuffi nella fontana
della tranquilla piazza romana.
Passano i filobus, la circolare,
pieni zeppi da scoppiare.
Dai finestrini i passeggeri
osservano i tuffi con sguardi severi
e minacciando con il dito
dicono: “Guai ! è proibito!”

Piazza Mastai

Piazza Mastai

Ma io posso leggere nel loro cuore,
sotto la giacca, sotto il sudore.
E dentro c’è scritto: “Fortunati
quei diavoletti scatenati!
Sarebbe bello, invece di andare
al ministero a scribacchiare,
tuffarsi con loro nella fontana
d’una tranquilla piazza romana,
dimenticando il caldo e i guai
nella fontana di piazza Mastai.

Gianni Rodari