Osmanto, fiore d’autunno

<em>Osmanthus fragrans</em>

Osmanthus fragrans

Nella piccola aiuola di via di Francia, quella dove cresce il ginkgo, i brevi arbusti di osmanto sono fioriti.

Osmanthus

Osmanthus fragrans

In novembre? Sì, proprio in novembre. Avevo già mostrato il dimorfismo fogliare dell’osmanto incontrato ai parchi di Nervi nel dicembre 2010. Ma non c’erano fiori e mi ero rammaricata che non fosse primavera. Non sapevo che l’osmanto profumato fiorisce spesso due volte, in primavera e in autunno, per la felicità delle spose di questa stagione. Infatti in Cina, sua terra di origine, l’osmanto è il simbolo dell’amore e del romanticismo, donato dalla sposa alla nuova famiglia per esservi accolta e per garantire la nascita di molti figli.

Una bella sorpresa davvero questa fioritura profumata, circondata dal grigio del cemento, nutrita dall’immondizia dell’aiuola. Ammiro come questo spazio verde prospera e si mantiene bello, anche se l’intervento umano è sporadico. Ma di più non si può, e forse non si deve. Senza nulla togliere ai pur occasionalmente solerti spazzini, il merito è tutto delle piante, della loro grazia, della loro resilienza, del loro coraggio. Ginkgo, osmanto, rovi, nobili e verdi, semplici e indomabili.

Fiori sulle rovine in via di Francia

via di Francia
La stazione ferroviaria di via di Francia è una stazione a metà. Esiste solo per i treni diretti a levante, mentre quelli che vanno verso ponente transitano senza fermarsi. E’ una stazione metropolitana, utilizzata soprattutto per il trasporto locale e abbastanza frequentata. Naturalmente solamente su uno dei due binari. L’altro esiste, ma non serve a nulla perchè i treni in transito passano altrove, su diverse rotaie che si trovano in posizione rialzata rispetto alla stazione.

La stazione di via di Francia sta da anni nel bel mezzo di un grande cantiere, che avanza come i ghiacciai, un passo avanti e due indietro. Dietro la stazione, dietro il cantiere, ci sono edifici abbandonati e irraggiungibili che raccontano storie sconosciute.  Imponenti nel loro disfacimento, certe costruzioni conservano intatta l’impronta della loro originaria, rispettabile e quasi gloriosa, destinazione d’uso. Così anche se rovine propriamente non sono, mi affascinano non tanto per il loro abbandono, quanto perchè resti di una vita precedente. via di FranciaDi indistruttibili ruderi, protagonisti loro malgrado di importanti angoli della città, avevo già scritto.

Stupefacenti, è ovvio, le piante che li popolano, li hanno colonizzati e non li abbandonano. Come questa bignonia,  Campsis radicans  (vedi anche 14 luglio 2008), incontenibile arrampicatrice, con le sue fronde sgargianti e con le inconfondibili trombe rosso arancio.  Mi avventuro nei pressi del cantiere per fotografarla, nella canicola del torrido pomeriggio. La costruzione gialla scrostrata su cui si abbarbica sembra davvero un’antica stazione, ma purtroppo io non ne so nulla. Forse occorrerebbe intervistare qualche vecchio sampierdarenese attento alle modificazioni urbanistiche e architettoniche del suo quartiere. Esisteva anche in passato una stazione da queste parti? Non siamo lontani dalla villa Grimaldi, La Fortezza, e neppure dalla cinquecentesca villa Scassi. Le rovine a metà si mescolano con nuovi colossi, già a loro modo fatiscenti, come il grattacielo di 24 piani denominato Torre Cantore, di un improbabile cemento rosa, costruito nel 1968.

La bignonia è una pianta americana che d’inverno perde le foglie e quasi scompare, sorprendendoci con il suo ritorno, anche molto lontano da dove l’avevamo lasciata all’inizio dell’inverno, sempre più esuberante, sempre più temeraria.

Fiori da rotonda

Rotonda con bocche di leone

Antirrhinum majus  
San Benigno

Le rotonde stradali, o rotatorie, sono diventate in pochi decenni una presenza costante nelle città, come in periferia e nelle strade extraurbane, sostituendo molti semafori, e con qualche vantaggio per il traffico, ora che finalmente la maggior parte degli automobilisti ha imparato come funzionanano. Dove ci sono ampi spazi, le rotatorie si susseguono vaste e regolari. Negli spazi angusti della Liguria e soprattutto in città, talvolta le rotonde sono quasi invisibili ed è problematico comprendere chi è fuori e chi è dentro, con complicazioni e intoppi per la circolazione.
Ma anche le nostre microscopiche rotonde hanno al centro il loro cerchio di ghiaia e terriccio dove possono o vogliono trovar posto delle piante. Talvolta sono disposte ad arte, anche se non sempre curate a dovere.  Talvolta l’abbandono incombe e allora, se la terra resiste, le piante scelgono da sole dove andare. Nella rotonda di via di Francia nei pressi di san Benigno (foto sopra) ha trovato riparo l’immancabile pianta di bocche di leone, già incontrata altrove come pioniera (vedi mura della Malapaga, ma anche altri muri).

Rotonda con reseda

Reseda luteola
San Martino

Un’altra rotonda, piccola e abbandonata, ma trafficatissima,  poco lontano dall’ingresso del pronto soccorso e dell’ospedale di San Martino, è invasa dalla reseda biondella, pianta ruderale, amante dei terreni di riporto e dei calcinacci. A ben guardare si scopre che su questa rotonda la reseda non è sola, ma si accompagna a un’altra pianticella notevole, la sanguisorba minore, Poterium sanguisorba, specie alimurgica e officinale, ma già osservata spesso negli spartitraffico.

Fiori da rotonda

Reseda luteola
Poterium sanguisorba
San Martino

Tutt’e due queste rotonde, in tempi più recenti delle fotografie, sono state, per così dire, ripulite dalle erbacce per accogliere esemplari da vivaio, palme per lo più, quelle piante cioè che ostentano staticità stagionale. Ma non a lungo sono piante felici; coperte dalla polvere e soffocate dagli scarichi, ho notato come difficilmente resistano allo stress. A quelle condizioni estreme invece meglio si adattano piante mutevoli e vagabonde. Disordinate e fiere, se riprenderanno il sopravvento, il verde della rotonda sarà salvo.

Lobularia marittima

lobularia maritima
Non lontano dalla lanterna, cioè dal mare, su rocce da troppo tempo contaminate dai commerci umani, spazzatura, catrame, olii e fumi, queste piccole brassicaceae crescono a frotte, come sulla spiaggia più incontaminata. Fra nuovi getti di ailanto (25 agosto 2008), protesi verso il cielo, e qualche non meglio identificato grespino, o radicchietto o costolina a capolino giallo, nel marzo ventoso escono dappertutto, quasi a dire che dello sfregio del mondo la primavera spavalda se ne frega.