Asparagina

asparagus Sprengeri
Ho scelto il nome asparagina per quest’umile pianta flessuosa, perchè proprio così la chiamano gli amanti delle piante in vaso e in giardino. Mi pare un nome gentile per un asparago, anche se, ad essere pignoli, asparagina sarebbe il nome di un aminoacido, ovvero di uno di quei venti composti chimici che formano le proteine.
L’ho vista comparire, pendente da un muraglione di un bel giardino a Nervi (Genova), carica di bacche verdi e rosse, e mi ha fatto venire in mente qualcosa, qualcosa che non riuscivo a mettere a fuoco. Mi ha fatto venire in mente gli asparagi che si trovano nella macchia mediterranea d’estate, cespuglietti spinosi e ramificati, carichi di bacche verdi e nere (Asparagus acutifolius, 20 agosto 2008). Niente a che fare con gli asparagi commestibili, che di una pianta molto simile sono i germogli (chiamati turioni).
Gli asparagi sono singolari esponenti della famiglia delle liliacee, tanto singolari da aver recentemente conquistato una famiglia tutta loro, le asparagaceae (vedi anche A.falcatus, 3 settembre 2010). Nelle piante mature, le foglie sono minuscole e ridotte squamette alla base dei fusti, sostituite per la funzione clorofilliana dai cladodi (rametti trasformati) che si sviluppano nella loro ascella. In questo gli asparagi ricordano altre liliaceae, quelle del genere Ruscus (pungitopo, 1 dicembre 2008 e pungitopo maggiore, 5 gennaio 2010).
La varietà che si vede in questa fotografia è abbastanza ricercata e attraente. I cladodi sono sì appuntiti, ma non così spinosi come negli asparagi selvatici e danno alla pianta giovane e meno giovane l’aspetto di un piumino verde. Sembra tuttavia che la pianta debba essere abbastanza ‘anziana’ per produrre questa profusione di bacche.

Tricyrtis

tricyrtis hirta
E’ un giglio e viene dall’Himalaya. E’ delicato e perfetto, rustico e coraggioso, ma non meno di certi suoi parenti selvatici di qui, come il giglio martagone.
Anche questa è un piccola pianta straordinaria e sconosciuta, un pezzetto di ignoto da portare a casa mia.

Dato la maggior parte, pardon la totalità, della piante da appartamento viene da lontano e in natura prospera in climi assai diversi dal nostro, questa pianta non è una rarità, soltanto una nuova opportunità di scoperta. Giro per mostre e mercati per vedere e conoscere piante diverse. Anche se amo la natura selvatica e le specie di casa mia, il giardino diventerebbe troppo noioso se davvero dovessimo limitarci ai fiori che conosciamo da sempre.

Colchico

colchicum autumnale
Il colchico è una pianta molto velenosa che fiorisce in autunno e assomiglia come una goccia d’acqua a un’altra pianticella, il croco (5 febbraio 2009), che velenosa non è. Anzi da una specie (ormai solo coltivata) di croco, Crocus sativus, si ricava la preziosa spezia dello zafferano. Così il colchico è conosciuto anche come zafferano bastardo. Mi pare sia alquanto difficile definire i caratteri che distinguono questi due generi, che fra l’altro appartengono anche a due famiglie distinte. Il croco è della famiglia delle iridaceae, mentre il colchico appartiene tradizionalmente alle liliaceae, oggi più frequentemente inserito in una famiglia ad hoc, le colchicaceae. Anche la distinzione sul periodo di fioritura, secondo la quale il croco fiorisce alla fine dell’inverno, mentre il colchico fiorisce alla fine dell’estate, mi sembra non accurata, perché i crochi fioriscono anche in autunno e il celebre Crocus sativus si mette a dimora proprio fra agosto e  settembre per raccoglierne i fiori fra ottobre e novembre. La differenza sta in qualche particolare della forma, i petali più appuntiti, il colore più pallido, le dimensioni maggiori e anche osservando che il colchico ha sei stami, mentre il croco ne ha solo tre. Questo fiorellino spiegazzato mi pare proprio un colchico, così dolce ed etereo, eppure così velenoso, perché contiene colchicina, una sostanza che in pratica è in grado niente di meno che di distruggere le cellule, anche se ha anche utilizzi farmacologici, principalmente nella cura della gotta.
Fotografato sul sentiero del bosco, vicino casa, Fontanegli (Genova).

Asparago falcato

asparagus falcatusSembra che questa varietà di asparago esotico (l’origine è Africa tropicale) sia improvvisamente comparso in Italia allo stato spontaneo, avvistata all’isola d’Elba nel marzo 2010. Non si sa ancora tuttavia se si possa considerare naturalizzata, forse solo sfuggita alle coltivazioni, ovvero addirittura semplicemente coltivata. La pianta è molto robusta, attraente, esuberante; ed è conosciuta come ornamentale.
Lontano dagli onori della cronaca, io qui l’ho fotografata nei giardini botanici Hanbury. Gli asparagi appartengono alla grande famiglia delle liliaceae, recentemente divisa in numerose famiglie più ‘tematiche’, e quindi confluiti nella famiglia delle asparagaceae. Come ho già commentato in altra occasione, preferisco tenermi le liliaceae perchè, in prima approssimazione, mi semplifica la vita.

Chlorophytum

chlorophytum comosum
Sembra un giglio, il bianco minuscolo fiorellino del clorofito, modesta e generosa pianta da appartamento, che tutti prima o poi abbiamo provato a crescere e propagare, tuffando nell’acqua le rosette di foglie che spuntano dai fusti sottili. Tutti quei ciuffetti che lo adornano gli danno un aspetto da ragazzino scarmigliato, particolarmente grazioso nella varietà on foglie verde pallido a righe bianche.
Non è sembra un giglio, troppo microscopico il fiorellino per potersi fregiare di quel nome, ma in realtà è proprio della famiglia dei gigli, le liliacee. Originario dell’Africa meridionale, la specie più comune è c.comosum, che significa dotato di chioma, cappellone insomma.

Lilioasfodelo

Anthericum liliago

… o giglio di San Bernardo

La primavera è la stagione dei gigli e ogni santo ne ha uno. Poco male se secondo le classificazioni più o meno recenti non sono tutti gigli propriamente detti. Così se il giglio di San Giovanni è proprio un Lilium vero, il giglio di sant’Antonio (vedi 3 agosto 2009 nel vecchio blog) è un’amarillide e appartiene correttamente alla famiglia delle Amaryllidaceae. Anche questo lilioasfodelo, detto anche giglio di San Bernardo, non è un giglio Lilium, ma appartiene al genere Anthericum, recentemente attribuito alla nuova piccola famiglia delle Anthericaceae. Leggo però nelle belle pagine del Dipartimento di Botanica dell’Università di Catania che “le liliaceae sono una grande famiglia … che oggi si tende a separare in numerose piccole famiglie, ma … il criterio sistematico più antico fornisce un’utile visione d’insieme del gruppo”. Per farla breve, senza urtare la sensibilità di nessuno, attribuirò questo giglio alle Liliaceae, come l’asfodelo (vecchio blog, 6 aprile 2010; famiglia moderna delle Asphodelaceae) e i vari agli (vecchio blog 2 maggio 2008, 12 marzo 2009 e 1 maggio 2010; recentemente raggruppati nelle Alliaceae)(1).
I fiori di questa pianta, candidi e sottili, sono disposti in racemi, sorta di pannocchie, e non si aprono mai tutti insieme; così sulla stessa infiorescenza convivono boccioli molto immaturi, corolle spalancate, con stami diritti e il lungo stilo arcuato, e corolle sfatte, ove già occhieggiano le capsule verdi dei frutti. Se ne incontrano numerosi nei sentieri di mezza collina durante la loro luminosa, breve stagione, prediligendo la roccia silicea a quella calcarea. Dato che io non so quasi nulla di rocce, sono i fiori che mi parlano del loro substrato, e non viceversa. A poco a poco da loro imparerò qualcosa anch’io.

(1) Molte delle piccole famiglie in cui erano inizialmente state divise le Liliaceae sono più recentemente e correttamente state inserite nella famiglia delle Asparagaceae.