Alaterno

Rhamnus alaternus Alaterno

Rhamnus alaternus

L’alaterno fiorito mi viene incontro sul ciglio della strada di casa, una strada costeggiata da arbusti di macchia, e qualche roverella spoglia, una strada ripida e contorta, ma sempre solcata da un ininterrotto flusso di motori, auto, moto e furgoni, nella loro esasperante corsa verso urgenti e irrinunciabili destinazioni. Le piante sul margine della strada se ne stanno quiete a godersi l’avanzare delle stagioni. Hanno le foglie impolverate, stropicciate, ricamate con brandelli di ragnatele e qualche macchietta nera, parassita o catrame, alla base dei piccioli.  Ora la primavera regala mazzi di fiori chiari alle ascelle e subito anche le foglie sembrano molto più verdi e molto più belle.

Rhamnus alaternus Alaterno

Rhamnus alaternus

Della famiglia della Rhamnaceae, l’alaterno è uno dei protagonisti della macchia mediterranea e, insieme a un gruppetto di altre irriducibili, uno dei residui più autentici dell’antica macchia sempreverde subtropicale, quella che un tempo era dominata dai lecci. L’aspetto e il portamento è simile a quello di vari altri arbusti con cui condivide l’habitat, come l’ilatro comune (Philirrea latifolia), con cui potrebbe essere facilmente confuso. Ma non sono neppure parenti stretti, perché Philirrea è un olivastro della famiglia dell Oleacee e si distinguono immediatamente osservando la disposizione delle foglie, opposte sul ramo quelle dell’ilatro e alterne quelle dell’alaterno. Ed è persino facile ricordarlo per l’assonanza del nome della pianta con “alternus” ossia alternato, assonanza di cui, di dice, approfittò appunto Linneo per battezzare la specie.

L’alaterno è una pianta robusta, solida e schietta, non particolarmente attraente, ma neanche priva di fascino antico. Utile come siepe e frangivento, uno dei suoi nomi volgari, legno puzzo, ricorda come il suo legno, duro e bruno, emani al taglio un cattivo odore. Però ugualmente quel legno venne utilizzato per secoli per lavori di ebanisteria. Le bacche, che non sono certo appetibili e contengono anzi principi tossici, erano comunque un’antica medicina e tutte le parti della pianta vennero a lungo impiegate come coloranti.

 

 

Giuggiolo

Giuggiolo

Ziziphus jujuba
piazza della Giuggiola

Il giuggiolo è un piccolo albero con fronde abbondanti, rami tortuosi e spesso irti di spine e foglie composte, di un verde lucido e brillante. I frutti sono delle drupe e assomigliano a datteri o a olive marroncine; hanno polpa carnosa e succulenta, maturano fra settembre e ottobre e si possono consumare freschi, ma anche essiccati. Il loro succo, dolce e acidulo, ha dato origine al modo di dire ‘andare in un brodo di giuggiole’ per indicare una condizione di felicità e allegria.

Piazza della Giuggiola

Quartiere del Carmine, Genova

Il brodo di giuggiole si ottiene da una ricetta antica in cui le drupe vengono  cotte in acqua, zucchero e vino ottenendo una gustosa bevanda debolmente alcolica e ricca di vitamina C. Originario del Medio Oriente e diffuso in India e in Cina, quest’alberello appartiene famiglia delle Rhamnaceae, come ranno (1 settembre 2008) e alaterno (5 ottobre 2008) e viene chiamato anche Zizzolo, nomignolo più simile al suo nome vero, scientifico, che è  Ziziphus jujuba.

Giuggiolo

Ziziphus jujuba
frutti vicini alla maturazione

E’ una pianta robusta, molto resistente ai parassiti, e un tempo in Nord Italia era tradizione piantarne un esemplare presso casa. Oggi è diventato un po’ meno popolare, forse perché la sua crescita è molto lenta, benché l’attesa sia ripagata da una bellezza unica a maturità. E’ una pianta longeva, tanto che si dice che la pluricentenaria giuggiola dell’omonima piazzetta, nel quartiere medioevale del Carmine a Genova, sia uno degli alberi più antichi della città.

Giuggiolo via Spallarossa

Ziziphus jujuba
via Spallarossa, Genova

Ziziphus jujuba

Ziziphus jujuba
Castello di Paderna (PC)

Un altro giuggiolo, imponente e magnifico, cresce entro le cinte murarie del castello di Paderna, presso Pontenure (PC), dove ogni anno si svolge una vivace fiera mercato di piante antiche e dimenticate. Questa è il primo giuggiolo che ho riconosciuto, e ricordato nel blog (4 ottobre 2009). Ma c’è una giuggiola anche poco lontano da casa mia, in via Spallarossa, una creuza difficilmente carrozzabile parallela a via San Colombano. Sono certa che è lì da svariati anni e mi chiedo come mai non l’avessi mai notato prima. Ma ora che l’ho scoperto non mancherò di passare spesso a salutarlo.