Piccole Koelreuterie crescono

Le Koelreuterie sono comparse, minute e lucenti, su un lato del viale corso Paganini, fra ponte Caffaro e Castelletto in Circonvallazione a monte, messe a dimora da poche settimane in sostituzione delle sofore del Giappone (Styphnolobium japonicum).

Koelreuterie

Koelreuteria paniculata
corso Paganini – luglio 2019

Sull’altro lato della strada, prospicienti un alto muraglione, dominano, austeri e negletti, i pini. Ma lungo il marciapiede di accesso ai palazzi di abitazione, alte e nobili costruzioni ottocentesche, ci vuole qualche cosa di più arioso e cangiante.
Le sofore avevano sofferto parecchio,  regolarmente soggette a drastiche potature, o meglio barbaramente capitozzate (vedi anche 8 dicembre 2008) e forse non hanno retto allo stress. Spesso gli alberi di città hanno un’esistenza grama, perchè devono sacrificare le loro esigenze di radici, rami e chiome in spazi costretti e malati.

Sofora

Sofora japonica
(Styphnolobium japonicum )
corso Paganini – dicembre 2008

Auguro vita migliore alle nuove arrivate, piccole Koelreuterie, che allietano la nostra estate, torrida e tempestosa, con i loro grappoli di palloncini dorati a forma di cuore. Le hanno sistemate per bene, in eleganti gabbiette di tubo verniciato che potrebbero proteggerle, almeno per un po’, dagli insulti dei mezzi motorizzati.

Se il nome, Koelreuteria paniculata, non sembra uno dei più semplici da pronunciare e memorizzare(1), possiamo salvarci chiamandolo semplicemente albero della lanterne cinesi; e uno sguardo fugace alla sua chioma d’estate spiega il perchè.
Introdotto in Europa dalla Cina settentrionale già nella seconda metà del 1700, questo snello alberello è oggi spontaneizzato in diverse regioni d’Italia come alloctona casuale e addirittura alloctona naturalizzata in Toscana. Ma non in Liguria, dove non si vede frequentemente; ed è stata una graziosa sorpresa scoprirla qui

Koelreuteria

Koelreuteria paniculata
corso Paganini – luglio 2019

(1)Non è difficile immaginare che questo nome sia stato attribuito in omaggio al grande botanico tedesco Joseph Kölreuter (1733–1806), membro dell’Accademia di Pietroburgo. Kölreuter è uno studioso molto importante non solo per la botanica, ma anche per l’agricoltura, perchè è stato il primo a studiare scientificamente i fenomeni dell’ibridazione, un processo usato anche per ottenere nuove varietà o specie vegetali.

Selezionando le immagini, queste si aprono in un’altra pagina in dimensioni 800×600 px

Ginkgo, l’immortale

Ginkgo biloba

Ginkgo biloba
via di Francia

In un piccola aiuola ai piedi dei grattacieli, in via di Francia, cresce un albero di Ginkgo biloba, il fossile vivente, specie relitta. Altre pianticelle lo accompaganno, un osmanto, un pruno. Ma è il ginkgo che domina, nonostante le potature. L’ho osservato in tutte le stagioni, nell’inverno spoglio e all’inizio della primavera. Adesso, nel fuoco polveroso dell’estate, le sue preistoriche foglie sovrastano i simboli del nostro presente, o di un passato molto più vicino, come una cabina telefonica.

L’immortalità insegue il gingko come una persecuzione. Albero antichissimo, imparentato con le conifere o gimnosperme senza fiori, la sua origine si perderebbe nella notte di 250 milioni di anni fa. Considerato estinto per secoli, è invece sopravvissuto, si dice, grazie a monaci buddisti, e battezzato Ginkgo dai botanici del settecento, ma per un errore di trascrizione del nome orientale. Ritorna in voga ai nostri giorni, quando gli esseri strani e misteriosi possono avere molto successo.

Ginkgo biloba

Ginkgo biloba
orto botanico di Lucca

E’ un albero avvezzo alle resurrezioni.  Un bell’esemplare nell’orto botanico di Lucca porta una  targa con due date di nascita, 1880 e 1950, quando fu colpito da un fulmine e dato per morto. Invece la morbide foglioline bilobate rispuntarono dal moncone e presto l’albero tornò alto e florido.

Specie dioica, porta strutture riproduttive maschili e femminili su piante separate e per lo più si incontrano esemplari maschili, perchè le femmine hanno fama di imbrattare nasi e strade con gli involucri puzzolenti dei semi. A parte questo inconveniente, è ormai una pianta comune nell’arredo urbano in tutto il mondo, perchè il fogliame è molto attraente, e vira al giallo brillante in autunno, prima di cadere (vedi anche 22 novembre 2008).

Rosa in Lungobisagno

Rosa“La strada si chiama Lungobisagno Dalmazia. Come se il Bisagno fosse un corso d’acqua di tutto rispetto e non un torrentaccio arido e sbrindellato, capace solo di qualche momento di rabbiosa follia distruttrice, “acqua che porta via, che porta via la via” come dice Fabrizio De Andrè in Dolcenera. Dalmazia, forse per ricordare, nel bene e nel male, il tempo in cui tutte le isolette della costa orientale dell’Adriatico facevano parte dell’Italia.
Piccole case popolari più vecchie di me, davanti ad altri palazzoni popolari, che circondano una piazza non a caso chiamata piazzale Adriatico. Una snella pianta di rosa fiorisce da maggio ad ottobre. Fiorisce come le rose nei più lussuosi giardini. Fiorisce come fosse nel roseto dei parchi di Nervi. Fiorisce spavalda e incurante del traffico, dei fumi, del rumore. Sfacciatamente a suo agio, fra tubi di scappamento e cassonnetti della spazzatura.”

Così, senza aggiungere nulla, quasi un remake, riprendo qui un post del vecchio blog Fiori e Foglie del 16 luglio 2008. Non ho più visto quella rosa da diversi anni. Le case popolari di Lungobisagno Dalmazia hanno mantenuto lo stesso aspetto anche se quasi tutte sono state ripulite e ritinteggiate. La rosa resta sempre nel mio cuore, un fiore impavido e indipendente che quando decide di vivere non guarda in faccia nessuno.

Dice Eliana Bouchard nel suo bellissimo romanzo ‘Louise – Canzone senza pause‘ che la rosa è “il fiore della maturità, perché soltanto la pazienza e l’esperienza sono in grado di badare alle pretese di questa pianta difficile.” Ed io continuo ad avere un rapporto difficile con le rose, con loro non ho molta fortuna. Forse è perchè le amo moltissimo, ma non le ho ancora capite fino in fondo. Così quando ne scopro una così, splendida ed essenziale, nel posto più improbabile per trovarci una rosa, non ho difficoltà a capire come mai il senso comune l’ha incoronata regina di tutti i fiori.

Come nel luglio 2008, ricordo anche
una pagina dedicata al Bisagno
una pagina per gli alberi in città

Quando fiorisce il ligustro

Ligustro

Ligustro
Ligustrum vulgare

Il ligustro comune è un piccolo arbusto che si può incontrare spesso ai bordi dei boschi. Si fa notare soprattutto in questa stagione  per le dense pannocchie di fiorellini bianchi, come la pianta della foto a destra, in via Montelungo, una strada di collina che congiunge Bavari con Sant’Eusebio.
Comune nella zona Mediterranea (ma anche in tutta Europa), il nome Ligustrum potrebbe addirittura far pensare che sia ‘pianta della Liguria’. Tuttavia mi sembra proprio un’etimologia azzardata. Piuttosto i rami flessibili si prestavano molto a farne dei legacci, e quindi Ligustrum deriverebbe se mai dal latino ligare.

Ligustro piazza Tommaseo

Ligustrum lucidum
piazza Tommaseo

Questo piccolo arbusto si incontra talvolta nelle fioriere anche in piazzette cittadine, ma per ornamento urbano viene usata soprattutto un’altra specie, importata dall’estremo oriente. Si tratta di Ligustrum lucidum, un alberello di media statura, fino a otto metri, dalle foglie sempreverdi ovali, lucide (da cui il nome), e fiori bianchi in pannocchie lasse e piramidali, da cui nasceranno tante, ma proprio tante bacche sferiche blu opache (vedi 16 dicembre 2008).
La città ne è piena. Le pennellate bianco latte dei fiori si accendono in queste lunghe giornate, le più lunghe dell’anno, come lampi di luce, immersi nel verde cupo delle foglie.

Albero schivo, di poche pretese, resistente all’inquinamento, molto sfruttato e poco amato, si vendica delle scarse attenzioni che riceve quando i frutti sono maturi e li distribuisce senza ritegno ad ingombrare i marciapiedi. I fiori bianchi, invece, sono una visione leggera, quasi rinfrescante, nell’afa immota che strangola le strade.