Le sorprese della Casa del soldato di via Sturla 3 (ex Casa del Fascio, anno 1938, vedi il post di ieri) non sono ancora finite. Nell’angolo fra l’impiantito e il muretto che limita il terrazzo d’ingresso è cresciuto un altro germoglio straordinario. Ha lunghi ramoscelli eretti e flessibili, che già mostrano mazzetti di foglie verdissime, tante gemme traslucide e argentate e un paio di fiori maschili, amenti già maturi, con sfavillanti antere giallo-oro.
Foglie, gemme, amenti maschili sono quelli del salicone o salice delle capre, nome volgare di Salix caprea (22 marzo 2009), un audace alberello che vegeta dalla pianura fino alla montagna, anche nei pressi di zone antropizzate. La definizione di “specie pioniera molto rustica” lascia intendere come sia pianta capace di adattarsi su detriti e scarpate. Come altre essenze selvatiche, non è usuale in città, ma forse ce n’è qualche esemplare nei giardini qui sotto, i giardini di Vernazzola, un’area verde proprio dietro all’edificio. Altrimenti non mi spiegherei da dove e perchè sia arrivato fino a qui.
Sopra il piccolo salice e le mattonelle divelte del terrazzo, campeggia un singolare edificio, il cui aspetto è insieme inquietante e affascinante. Inquietante perchè questo modello di fabbricato richiama fin troppo il pesante fardello politico sociale del periodo storico in cui fu edificato. Affascinante perché rappresenta egregiamente un pezzo di storia dell’architettura, e anche dell’arte, di cui fra non molto potremo celebrare il centenario. Disturba forse l’apparenza e la fragilità del cemento, l’intonaco giallino, gli angoli squadrati (e potevano essere altrimenti?). Ma la forma è originale, fantasiosa, con quella torretta da astronave, quell’abbaino da sommergibile, le sottili colonne cilindriche e la vetrata a quadratini della colonna centrale. Come altri edifici pubblici d’epoca (vedi per esempio la gloriosa villa Posalunga di cui ho parlato qui) è da anni al centro di polemiche e discussioni riguardo al suo possibile reimpiego per la collettività, utilizzo che sarebbe naturalmente auspicabile. Purtroppo la sua, anche sommaria, ristrutturazione sarà morte certa per il piccolo salicone.
Uno spazio privo di terzo paesaggio sarebbe come uno spirito privo di inconscio — Gilles Clement “Manifesto del Terzo paesaggio”