Lo scotano (Cotinus coggygria), o albero della nebbia, smoke tree in inglese, è un’essenza comune.
D’estate sbriciola i suoi fiori in nuvole eteree e d’autunno macchia di rosso intenso le pendici delle colline.
Sono stupita, ma non troppo, di incontrarlo qui oggi, proprio sul bordo di una grande autostrada, in un luogo che, a ben vedere, non è molto più salutare delle città, seppure più aperto e arioso. Qui dove le merci si fermano per far riposare gli uomini, e gli uomini si alzano dal sedile, talvolta perfino camminanano, ma difficilmente si guardano intorno, qui ci accolgono senza fretta, sonnolente, garbate, dimesse, le piante da autostrada.
Uomini e merci difficilmente si occupano degli alberi che li circondano, e se lo fanno è probabilmente per lamentarsi dei pollini, delle polveri, o delle foglie morte. Ingombrante appare lo scotano, con quelle macchie polverose e giallognole, che tanto attraenti apparirebbero in un giardino elegante come disordinate e sciatte sembrano qui, in questo posteggio di autotreni.
Che sappiamo di lui? E’ un antico alberello mediterraneo e il suo nome assomiglia a quello che già gli diede Plinio di Vecchio, nel suo Naturalis Historia. Tutta la pianta è ricca di olii essenziali che venivano usati per conciare le pelli, ma anche per medicamento.
Ma forse meriterebbe più attenzione se mettesse in mostra dei fiori? Come faceva l’olivagno (Elaeagnus angustifolia), nello scorso aprile, appena fuori un’area di sosta della superstrada Aurelia SS1.