L’avevo conosciuta come albero delle farfalle, con il suo dolce profumo e i fiori delicati, e così l’avevo presentata tempo fa in questo post.
Ma basta guardarsi intorno, sui bordi dimenticati delle strade, nelle periferie abbandonate, sui terrapieni di cemento, per rendersi conto di come questa pianta, delicata e fragrante, sia in realtà un fiore da rovine, da rudere, da discarica. Una di quelle piante, insomma, capace di trovarsi a suo agio dappertutto, anche nella polvere di catrame.
Eccone una piantina minima, ma già meravigliosamente in fiore, cresciuta nella piega di un marciapiede, poco distante dal folto gruppo delle sue compagne, che hanno colonizzato due metri quadri di incolto, fra una saracinesca abbandonata e un tombino. La incontro, e c’è poco da stupirsi, abbondante e rigogliosa, anche nel greto del vicino torrente Bisagno, di cui è un’abitante ormai abituale. Riconosciuta prepotente invasiva, deve essere già in parecchie liste nere, quelle delle piante indesiderabili.
Ma per chi come me le piante le osserva, le ammira, e riesce semplicemente a stupirsi della loro incredibile vitalità in questi ambienti ostili di città, la buddleja rimane un piccolo miracolo di grazia e resistenza, alleata dei nugoli di insetti voraci, non certo solo farfalle, che si cibano del suo nettare caramelloso.