Ogni paese del mondo ha le sue viti. La “nostra”, vitis vinifera (4 settembre 2009) è originaria del Caucaso e si è diffusa velocemente in tutto il Mediterraneo. Un po’ come la razza bianca che non a caso si chiama ‘caucasica’. Ci sono poi le varie viti americane (3 ottobre 2008), semplicemente rampicanti usati per coprire i muri, quelle che si colorano di rosso d’autunno (27 novembre 2009).
Il tetrastigma viene dall’Asia, e precisamente dal Tonchino, la regione del Vietnam. E’ famosa perché per fortuna nostra e sfortuna sua, sopravvive con stile anche in cattività. Può essere coltivata fra le mura di una casa, senz’aria e senza luce, spesso esposta a siccità prolungata e a fonti di calore artificiali. E cresce e si arrampica, arrivando a coprire una spalliera alta fino a 2 metri. In casa, però, non produce nè fiori nè frutti. Diverso destino per questo esemplare che prospera nel giardino di villa Hanbury, ed è ancora, seppure trapiantata lontano da casa sua, una pianta vera.
Invece che il cyphostemma juttae fosse una vite dovevo proprio trovarlo scritto per poterci credere. E dire che questa pianta, fotografata alla fine di agosto nello stesso giardino, aveva in bella mostra anche i frutti, che tanto diversi dagli acini di una vite non sono. Si chiama anche vite della Namibia, paese dove vive, e proprio per le caratteristiche del suo luogo di origine, un deserto, ha un aspetto davvero singolare. E’ una pianta succulenta che cresce lentamente su un grosso tronco rigonfio, che le consente di sopportare siccità e calore eccessivo. Le piante come questa vite, dotate di tronco rigonfio, si chiamano caudiciformi e sono una particolare classe di succulente. Coltivarle, va da sè, non è molto facile ed è un’arte per pochi. Per quanto mi riguarda penso che lascerò la vite della Namibia a casa sua o sulla collina di capo Mortola dove sembra felice, lieta di contemplarla e stupirmi, ogni volta, dei suoi acini rossi come vino.