Stanno arrivando i momenti più difficili per questo blog. In mancanza di viaggi tropicali o trasferte a vivai climatizzati, fra qualche giorno dovrò arrendermi al silenzio visivo, al grigio medio implacabile dell’inverno. E anche se le camelie e il broccolo ramoso calabrese in giardino perseverano nella loro fioritura (non nascondo un piccolo compiacimento per l’accostamento azzardato), sono le eccezioni e non la regole; il prato è verde marcio e zuppo, gli alberi spogli o scuri. Ma se riuscirò in qualche modo a salvare il salvabile, e mostrare ancora qualche vegetale, magari assopito, oppure qualche altro che si ostina a stare sveglio, ancora una volta dovrò ringraziare le esotiche, soprattutto quelle rustiche, che allietano questa stagione così triste e spenta.
Questo sedum burrito non scompare come il popolare sedum spectabilis , ma mantiene foglie e portamento per tutto l’anno, se il gelo non lo uccide. Lo tengo, insieme ad altre succulente, al riparo nella ‘bussola’, una verandina davanti alla porta di ingresso. Ha foglie cicciottelle, come piccoli palloncini, raccolte a spirale fitta sui lunghi rami. Il portamento è ricadente ed adatto a guarnire panieri appesi. Durante il rinvaso, o semplicemente il trasporto, le foglioline cascano giù a frotte, ma si può sistemarle tutte quante sulla superficie della terra, perchè spesso radicano, dando origine a nuovi germogli e grassi rami penduli.
Non so perchè questa deliziosa pianticella si chiami burrito, parola certamente messicana, come il suo paese d’ origine. Insomma, non credo priprio che c’entri il burrito nel senso della tortilla arrotolata e ripiena; più probabilmente il burro, che in spagnolo significa asino. Infatti leggo su Wikipedia che il sedum morganianum, che al sedum burrito assomiglia parecchio, in inglese è soprannominato ‘burro’s tail’ o ‘donkey tail’, in sostanza coda d’asino. Ma quanta fantasia vedere una coda d’asino in questi rami grondanti di foglioline fitte come semi sulle pannocchie.
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