Questa volta ci siamo, deve essere proprio lei, Silene dioica, che si chiama anche Melandrium dioicum ovvero licnide. Vicino casa trovo soltanto Silene alba o meglio latifolia subsp albae, così è capitato che mi sia confusa (28 novembre 2009).
Questa pianta, molto pelosa, rossiccia nel fusto e nelle foglie, deliziosamente rosa brillante nel fiore, l’ho trovata in Piemonte, davvero non molto lontano da casa. Essendo pianta dioica, porta fiori maschili e femminili che tuttavia non mi pare presentino caratteri morfologici distinti, a parte, ovviamente, l’apparato riproduttivo. Come tutte le silene, nonostante l’innegabile grazia e delicata bellezza da fiore di campo, deve il suo nome a un personaggio grottesco, Sileno, maestro e seguace di Dioniso o Bacco. Così lo descrive la mitologia: un essere biforme, sempre ubriaco con il corpo umano enormemente gonfio di grasso, con orecchie e coda di cavallo, e cavalcante un asino , sul quale sempre trasporta un otre pieno di vino. La somiglianza con una creatura tanto brutta la dolce silene la deve al calice rigonfio, che la rende inconfondibile, nelle sue varie specie.
La silene è anche pianta commestibile, le foglie si consumavano lesse nelle minestre e nelle torte di verdura; e come una sua parente, la saponaria, che è della stessa famiglia, ma è velenosa, la radice mescolata con l’acqua veniva usata come succedaneo del sapone.