Panace comune

Si fa chiamare panace perchè dovrebbe essere la panacea di tutti i mali, ed effettivamente nei tempi passati quest’erba veniva utilizzata per curare le più svariate affezioni, e anche come pianta alimentare.

Panace comune

Heracleum sphondylium

Ma, come chi conosce le erbe fa spesso osservare, è molto difficile identificare in modo corretto le Apiaceae (ombrellifere) a fiori bianchi, molte delle quali sono assai velenose, come la cicuta maggiore e minore, e quindi la cautela è obbligatorio. Ad eccezione di alcune specie che conosco dall’infanzia, io sono sempre dubbiosa sul nome da dare a tutte queste piante, così simili e così leggermente diverse.  Sarà lei?  Non sarà lei? Come sempre, ci provo.
Il nome scientifico, Heracleum, si riferisce a Ercole, il greco Eracle,  forse per le dimensioni possenti che la pianta può assumere. In inglese si chiama hogweed, che significa letteralmente erba dei porci; non è un gran nome per una pianta alimentare, perchè i porci, si sa, mangiano di tutto.  Le foglie sono ampie, palmate e di forma molto variabile e hanno un glorioso passato nelle zuppe fermentate polacche.

Panace

Foglie di panace comune
(Heracleum sphondylium)
la foglia oblunga sotto i fiori è quella di un’ortica (Urtica dioica) che si è intrufolata nella foto

La lattofermentazione è  molto usata per la conservazione delle verdure nell’Europa dell’Est e se cavoli e cetrioli, ma anche carote e barbabietole, conservate con questo metodo non sorprendono più di tanto, in passato anche molte piante spontanee erano sottoposte a questo processo per consumarle.  Oggi, come ci informa questo interessante articolo, la lattofermentazione delle piante selvatiche, una volta molto diffusa fra le popolazioni slave, è completamente sparita dalle campagne.  Ma la panace, Heracleum sphondylium, menzionata per la prima volta come alimento e come medicina nel 1595,  è stata  anche l’ultima erba selvatica ad essere utilizzata in questo modo in Polonia e Lituania fino al XIX secolo in una zuppa detta barszcz. Lo stesso articolo riferisce di aver trovato almeno due esempi dell’utilizzo della panace in una zuppa affine al barszcz nei Carpazi fino al XX secolo.  Il sistema è semplice:  si mettono fusti e foglie in un’arbanella, coperti di acqua e si lasciano stare per qualche giorno prima di cuocerli nella zuppa. Il metodo però non è standardizzato e certamente richiede, anche per le verdure più usuali, pratica e consapevolezza.

Anche per la panace, toccasana per tutti i mali, c’è il rovescio della medaglia.  A causa della presenza di una sostanza della classe delle furanocumarine, questa pianta può causare reazioni di fototossicità, ovvero provocare irritazioni della pelle, anche severe,  su soggetti sensibili,  specie in caso di esposizione al sole.  Questa caratteristica è comune anche ad altre ombrellifere ed è particolamente significativa in un’altra panace, oggi oggetto di attenzione e preoccupazione, la panace di Mantegazzi, Heracleum mantegazzianum, considerata una specie tossica pericolosamente invasiva.

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