In principio si chiamò Victoria regia perché la regina Vittoria di Inghilterra era appena salita al trono e gli scopritori non vollero perdere l’occasione di dedicarle una pianta tanto eccezionale. Così, come racconta mirabilmente Silvia Fogliato in questa pagina, questa spettacolare ninfea dell’Amazzonia divenne l’emblema della nuova monarchia britannica.
Victoria è un genere di piante acquatiche della famiglia delle Nymphaeaceae, e comprende tre specie, tutte sudamericane. La loro caratteristica più appariscente sono le foglie, gigantesche zattere con il bordo rialzato. La specie amazonica, che cresce appunto nel bacino del Rio delle Amazzoni, era considerata la pianta con le foglie più larghe del mondo, ma questo primato le è stato espugnato da un’altra specie, Victoria boliviana, identificata recentemente in Bolivia e inscritta nel Guinness dei primati nel gennaio 2023, le cui foglie possono superare i tre metri di diametro.
Anche la terza specie Victoria cruziana, che fu scoperta nel bacino del Rio della Plata dal naturalista francese Alcide Dessalines d’Orbigny e da lui intitolata al suo finanziatore, il presidente della Bolivia Andrés de Santa Cruz, ha foglie di dimensioni rispettabili, oltre i 2 metri, ed è più facile da coltivare alle nostre latitudini perché ha esigenze leggermente meno estreme in quanto alla temperatura dell’acqua, cioè può germinare anche al di sotto dei 30° C.
La prima volta che ho incontrato Victoria, che per me era ancora e solo Victoria regia, è stato nel giardino botanico del parco Balboa a San Diego, California, nel 2001 e poi nel 2010, dove cresce la Victoria amazonica. Poi ho incontrato la Victoria cruziana durante una visita ai magnifici giardini di Villa Taranto su lago Maggiore, a Verbania, dove viene coltivata fin dal 1956.
Ma l’ho conosciuta veramente soltanto dopo la visita al vivaio-oasi naturalistica Le Moie, a Front Canavese (TO). In un un territorio di oltre 27 ettari, caratterizzato da risorgive naturali dove l’acqua sgorga a 12° gradi tutto l’anno, che era stato abbandonato e degradato a scarico di rifiuti, Carmelo Emanuele, per gli amici Emanuele Lemoie, ha creato una suggestiva sequenza di laghetti e vasche, animate da uccelli acquatici, pesci e anfibi e una serra destinata alle specie tropicali. Qui dal 2008, coltiva la Victoria cruziana e apre il suo spazio naturalistico ai visitatori perché possano ammirarne la fioritura.
Il ciclo vegetativo di Victoria cruziana è molto particolare. I fiori sono grandi, dai boccioli a punta, e si aprono di sera, anzi in piena oscurità, per ricevere l’impollinatore, che nel paese di origine è uno scarabeide del genere Cyclocaephala. La temperatura all’interno del fiore è anche di 6-7°C superiore all’ambiente circostante e l’intenso profumo che emana attira l’insetto che si tuffa a capofitto nel fiore ermafrodita. Quando questo si richiude, il visitatore rimane intrappolato al suo interno, i granuli pollinici maturano e si appiccicano a dovere sul suo corpo e sulle zampe. La sera successiva, il fiore si riapre e il coleottero è libero di andare a caccia di altro nettare, portandosi dietro la preziosa polvere per impollinare un altro fiore.
Siccome questo scarabeo non esiste nelle nostre regioni e l’autoimpollinazione è poco efficiente, un tempo si pensava che da noi per propagare la specie occorresse impollinare i fiori manualmente. Ma oggi si sa che non è necessario perché esiste un qualche grosso coleottero dalle elitre nere, ancora non identificato, ma molto attivo, in grado di svolgere con efficacia e probabilmente anche con piacere il lavoro del suo parente sudamericano.
I fiori già fecondati cambiano colore e assumono una tinta che dal rosa vira al rosso. Poi la corolla si richiude, il picciolo si piega e sotto il pelo dell’acqua comincia a formarsi un grosso frutto spinoso dove crescono centinaia di semi sferici, che potranno germinare nell’anno successivo.
Ecco come una straordinaria ninfea è riuscita a emigrare dal Sudamerica in Italia e, grazie all’entusiasmo di un grande appassionato, trovare la sua casa.