Niente fiori oggi, ma una cartolina che ho ricevuto qualche giorno fa dagli Stati Uniti. E’ una delle figure più comuni nelle incisioni rupestri del Sud Est, risalenti fino all’anno 1000. Kokopelli è una divinità della fertilità, dell’uomo e del suolo, rappresentata come un gobbo che suona il flauto e venerata dagli indiano Navajo e da altre antiche popolazioni di quelle regioni (oggi Utah, Arizona, New Mexico e Colorado). Kokopelli è il protettore di nascite e raccolti, ma rappresenta anche lo spirito della musica. Viene raffigurato frequentemente insieme a animali selvatici prede di caccia perché era il guardiano anche della loro riproduzione.
Kokopelli è anche il nome di un’associazione francese che ho conosciuto a una fiera di piante diversi anni fa. Un’associazione per la salvaguardia e la custodia dei semi. Costudire i semi non consiste nel catalogarli in ordine in un cassetto. Costudire i semi significa piantarli, farli germogliare e crescere, fino a che la pianta fiorisce, fruttifica e produce nuovi semi. E’ un compito niente affatto da poco, direi piuttosto impegnativo. Per gioco mi hanno regalato dei semi dell’atreplice biondo, uno spinacio selvatico rustico e dolce. Ma io, distratta, sono già due anni che non li ho più seminati e oggi sono corsa ai ripari. Anche se l’inverno non è ancora finito, anche se dovrò forse aspettare mesi prima di vederli spuntare, sono erbe di prato e ho fiducia che non mi lasceranno sola.