Da molti anni conosco questo tiglio, gigante isolato che cresce in una microscopica aiuola in mezzo al selciato, al centro della città. Si trova poco innanzi al palazzo del governo, o meglio della Prefettura e città metropolitana di Genova, il cinquecentesco palazzo Doria Spinola che fa parte del complesso dei Rolli. Ai piedi del tiglio un’edicola, fra le poche sopravvissute alla lenta agonia dei giornali stampati, accanto una banca, e, dalla parte opposta, l’ingresso della Galleria Mazzini, costruita nel 1880, in ferro battuto, per emulare le gallerie di Parigi e Milano.
Di fronte, lungo la via Roma, transitano automobili e i lunghi e goffi autobus snodati, uno dietro l’altro, in una processione che non conosce soste. Non troppo lontano, nella piazza Corvetto, molti altri alberi si stringono in filari e boschetti e accanto si trovano due fra i più larghi spazi verdi del centro città, la villetta Di Negro, vero parco storico, e la spianata dell’Acquasola.
Ma qui, in largo Lanfranco, che di piazza neppure ha meritato il nome, il tiglio è solo.
Da molto tempo lo conosco, due anni sono passati dalla foto di fine agosto in alto a sinistra, e quasi venti da quando lo avevo fotografato la prima volta in questa pagina. Vent’anni sono pochi per un albero, ma forse molti per un albero di città. Le stagioni lo attraversano e in questi giorni già sente l’autunno. Come i passanti frettolosi che lo sfiorano, senza curarsene granchè, oggi con la giacca sulle spalle, perchè l’aria che si sta facendo più fresca, per fortuna.
Il tiglio è un albero robusto, lussureggiante, che regala una magica e profumata fioritura. Indomito ed elegante contempla senza scomporsi le corse e i tumulti, gli affari e le truffe, i canti e le urla, le risate e le lacrime, gli abbracci e gli addii, teste, braccia, gambe, piedi, che scivolano fra il suo tronco e le sue radici.
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