Li conosciamo come grandi alberi dal fusto diritto e la corteccia liscia, così come appaiono in filari maestosi sulle mura di Lucca (7 settembre 2009) e infinite volte fotografati, rigogliosi o barbaramente mutilati, verdi e folti o colorati d’autunno, anche loro abitanti della città in tutte le stagioni.
Un piccolo virgulto è cresciuto vicino alla grata di una cantina, nella nobile villa Croce, che fu donata, con l’annesso giardino, da Andrea Croce nel 1951 alla città di Genova perchè ospitasse un museo, oggi il museo di arte contemporanea. Il piccolo rametto si allunga, illudendosi forse di raggiungere i giganti che lo sovrastano, il maestoso canforo e gli aerei pini domestici. O forse non si illude affatto, esiste e basta, piccolo o grande che sia. Senza presunzione e aspettative, per lui la vita è semplicemente esserci, respirare, o meglio convertire nel sole anidride carbonica in ossigeno.
Il bagolaro è specie frugale e pioniera, che ha meritato addirittura il nome di spaccasassi, e non serve spiegare perchè. Più divertente è pensare che Linneo lo chiamò australis e non perchè provenga all’altro emisfero, ma soltanto perchè abitava le regioni del sud. Il nome comune invece deriva dalle sue bacche, piccole drupe gialline che virano al nero.
Eccole quasi mature su questo esemplare che cresce nel greto del torrente Bisagno, già appetibili per gli uccellini di passaggio. Il greto è ancora piuttosto asciutto, anche se la minaccia delle sue piene già incombe, e l’albero allunga nel sole le sue lucide, libere fronde. Finalmente un bagolaro felice.