La villa mi è rimasta nel cuore. Era molto tempo che volevo vederla e il suo vestito primaverile, seppure in una giornata di cielo bigio e aria umida, mi ha sedotto. Come tutti i monumenti di una certa età, lascia intravedere, ma appena appena, qualche segno di degrado, di evitabile incuria; ma sfoggia, come gioielli ineguagliabili, le rughe del tempo. Avevo letto molto su di lei, di come doveva essere all’origine, il primo e più innovativo esempio di giardino aperto rinascimentale, di come sia cambiata nei secoli, con i platani secolari e le geometrie delle siepi di tasso e di bosso. Per qualche strana ragione, si usa pensare che le siepi squadrate, o topiate come dicono gli americani, siano il simbolo più tipico del cosidetto giardino all’italiana. Ma non è vero, sono invece un’invenzione francese che risale al XIX secolo. Il giardino all’italiana del Rinascimento era invece caratterizzato da aiuole fiorite, geometriche sì, ma ricche di vegetazione diversa.
Anche i maestosi platani che ora lo adornano non erano certo previsti nell’assetto architettonico originale. Troppo invadenti, tanto da mascherare le prospettive e soprattutto nascondere il panorama al di fuori del giardino, quel Monte Cimino che ne doveva essere la cornice.
E certamente nel giardino originale non comparivano le azalee, o meglio i rododendri, genere presente in Europa soprattutto sulle Alpi con specie endemiche, ma le cui versioni da giardino sono di origine più esotica. Il genere è rhododendron, rosa arborea o albero delle rose, mentre azalea è quasi un sinonimo, nome nato dall’equivoco che si trattasse di generi diversi. Quando le azalee arboree sono fiorite, sono una meraviglia. Qui, nella magica cornice di villa Lante a Bagnaia, ce n’erano di tutti i colori. Rosse, naturalmente, e rosa, bianche e screziate.
I rododendri appartengono alla famiglia delle ericaceae. Queste specie da giardino crescono bene su terreni acidi, il terriccio d’erica o di brughiera, leggero, ricco di radici indecomposte, assolutamente privo di calcio. Invece i rododendri alpini, quelli spontanei (forse un giorno li fotograferò dal vero …) non disdegnano la roccia calcarea. Le piante si adattano e mutano e le loro abitudini e preferenze sono imprevedibili.