A Villa Lante (Bagnaia, Viterbo), quasi un prototipo e certi uno dei più celebri esempi di giardino all’italiana, l’acqua è l’elemento cardine della composizione. Dentro, il giardino propriamente detto è tutto un susseguirsi di fontane tra loro collegate come nel ciclo vitale della natura nubi-pioggia-falde-fiumi. Fuori, nel parco, fra imponenti alberi secolari, l’acqua continua a dominare la scena, in pozze e fontane meno allegoriche, ma non per questo meno appariscenti. In questo ambiente acquatico ben deve trovarsi la silene fior di cuculo, una pianta che predilige prati umidi e paludosi. Come questo prato, dominato da tre antichi castagni e circondato da fitti ed imponenti lecci, che era quasi interamente coperto di questi fiori disposti in corimbi irregolari, le corolle rosa, i petali graziosamente sfrangiati. Come tutti i fiori di campo, le sileni sono anime senza grandi pretese, prosperano e fioriscono a lungo, con corolle regolari, aggraziate, ma fragili, e più robusti calici, spesso appicicosi, rigonfi, solidi. Perchè la corolla è solo un vezzo, è il calice quello che dovrà, a breve, sorreggere tutto il peso della capsula, cioè il frutto, cioè il futuro.
Crotonella o licnide, la silene fior di cuculo oggi viene chiamata Lychnis flos-cuculi nei trattati di botanica. E non è il cuculo, il famoso uccello senza nido, che ha dato a questo fiore il suo curioso nomignolo. Si chiama, chissà perchè, saliva di cuculo, quella schiumetta bianca spesso presente sugli steli, e comune su questa silene, che è una secrezione dell’insetto “sputacchina”, larva dell’emittero Philaenus spumarius.