Chiamarla miseria blu, o peggio ancora miseria asiatica, come viene spesso classificata, mi pare quasi un’espressione offensiva, specie in questi tempi di amore ed odio, di dolorosa ambivalenza verso tutto quello che arriva da lontano e dall’Estremo Oriente come lei. Non è altro che un altro tipo di erba miseria, molto simile a quella tradescantia (17 febbraio 2010), tanto generosa quanto modesta. Quell’ “ebreo errante” che trova spazio in qualsiasi appartamento anche ombroso, e cresce da un minuscolo pezzetto di fusto, da un’infima radichetta spuntata in un bicchier d’acqua.
L’erba miseria blu è un’infestante esotica che ormai si ritrova un po’ dappertutto. Nei giardini, certo, come l’ho trovata io, ma anche in campagna, negli incolti, al margine dei boschi. Dobbiamo farci l’abitudine, tutte queste piante colonizzano il nostro territorio e sarebbe assai difficile fermarle.
La tradescantia ha piccoli fiori bianchi, e la sua parente rossa, la setcreasea, fiori rosa. Piccoli, graziosi, sorprendenti. Come i fiori blu della miseria asiatica, due larghi petali, avvolti da una spata a doppia semiluna (che non si vede in questa foto). In questo genere, il terzo petalo è ridotto e praticamente assente e il fiore risulta così zigomorfo, cioè asimmetrico, a differenza di quello di altre commelinaceae che hanno fiori attinomorfi, cioè a simmetria raggiata. Ne ho trovato un getto in un aiuola e l’ho messo in un vaso laterale, per riempire il vuoto di qualche pianticella senza nome che non era soppravissuta all’inverno. Le sue piccole iridi di azzurro intenso si spalancano di mattina e durano meno di un giorno.
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