Presso il prezioso stagno della fontana del drago, accanto ai papiri, di fronte alla canoviana ‘schiava’ di marmo bianco, crescono le colocasie, soprannominate orecchie di elefante. Le tartarughine ne sono ghiotte e mordono con avidità i larghi lembi.
Altre piante simili della famiglia delle araceae (come il gigaro, 12 gennaio 2009, e la calla, 2 maggio 2010) si sono guadagnate questo soprannome per le vaste foglie dondolanti; così a volte le orecchie di elefante rispondono al nome di alocasia, verdi con macchie brune.
Nel Ponente ligure, si incontra di frequente anche come pianta ornamentale, in vasi per le strade, questa Colocasia, che mi pare assai simile a quella della villa, con tenue macchiette gialle ai bordi. Qui è stata fotografata in un vicoletto della frazione di Valloria (Prelà, Imperia).
Nel suo paese di origine, la Polinesia, si chiama taro ed è una pianta alimentare, di cui si consumano i tuberi, ricavandone anche amido e farina, e le foglie. Non mi azzarderei ad assaggiare queste colocasie da giardino, forse soltanto perchè ignoro i trattamenti che hanno subito per mantenerne la bellezza anche così lontano dalla loro regione di nascita. Ma apprendo che il taro, con altri nomi, è alimento essenziale anche in certi paesi dell’Africa e in America meridionale.
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