Scesa dal dorso del cavallo (come raccontavo il 7 giugno 2009), ho incontrato questo piccolo fiore. L’epilobio irsuto, detto anche garofanino d’acqua o viola di palude, predilige i luoghi umidi e i fossi. Io invece lo incontro sul bordo di una strada carrozzabile, quella che porta a casa mia, proprio sul colle di Bavari, delegazione genovese d’altura a 315 m slm. Chissà che cosa lo ha portato là, nel fossetto, fra asfalto e cemento, forse le piogge abbondanti degli ultimi mesi che hanno trasformato i bordi delle strade in rigagnoli per tre giorni su quattro. Il fiorellino è proprio grazioso, come si conviene a un epilobio, pianta umile, ma raffinata, coloratissima sui pendii di mezza montagna.
Il più comune è Epilobium angustifolium (21 agosto 2008) o garofanino maggiore. Il nome garofanino gli viene certo dal colore, che è assai simile a quello del Dianthus, il garofanino selvatico (10 luglio 2008). Ma la famiglia è differente, caryophyllaceae quella dei i garofani, onagraceae quella degli epilobi.
Anche l’epilobio irsuto ha proprietà officinali, ed era utilizzato dalla medicina popolare per lenire le infiammazioni della gola e curare le ferite; e quel cotone che sta dentro i frutti (sono i pappi, le piccole ali dei semi, che servono per sorreggere il loro volo verso nuova terra) veniva impiegato come stoppaccio per lampade.