Barba di becco violetta

tragopogon porrifoliusQuesta fotografia non rende giustizia a questo bel fiore di campo, modesto ed elegante, dal colore caldo e raffinato, la forma precisa e nitida. Le foglie, sottili e lanceolate, sembrano erba. I capolini sono ampi e solitari, con petali rosso viola, ornati da un’aureola di bratteee, più lunghe dei petali. Tutto questo si vede un poco in questo esemplare quasi sfiorito, ma ancora nobile e prestante, come un vecchio signore che non rinuncia alla sua classe.
La primavera è anche questo, fiori di rara bellezza che si disfano rapidamente, così che il loro aspetto non possa mai essere noioso come la gelida perfezione di ciò che non è vivo. Ma anzi lascino al loro sfiorire l’ansia di tornare a rivederli ancora.
Come già dicevo il 16 giugno 2008 a proposito della barba di becco comune, il nome tragopogon ha significa proprio barba di capro, per via dei semi alati di pappi che ne assicurano la dispersione nel vento. La barba di becco è una pianta commestibile, addirittura prelibata come insalata cruda o verdura cotta. Soprattutto era ricercata la radice, definita dalgi arboristi ‘di sapor dolce e ricca di latte mucoso e nutrientissimo’ e venduta nei mercati di ortofrutta come scorzonera bianca o raperonzolo selvatico. Il genere ha anche virtù terapeutiche, emollienti ed espettoranti.
Quando i capolini si chiudono, dopo il sole di mezzogiorno, e quando è finita la loro breve stagione, il fiore assume una forma conica che lo rende inconfondibile. Ma il fiore non resta chiuso a lungo, poco dopo le bratte si riaprono, e compare un soffione a forma di sfera, formato dagli acheni, ciascuno con il suo pappo piumosetto, simile a un paracadute.

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