Il cedro deodara è il più nobile dei cedri, albero maestoso, longevo, il cui nome significa ‘dedicato a Dio’. Infatti nella sua terra d’origine, l’Himalaya, è albero sacro, venerato religiosamente. Per questo mi pare sia degno di un post tutto suo, dopo un po’ di confusione del passato. Riassumendo, avevo attribuito a questa specie i cedri del parco della badia di Tiglieto (vedi 1 febbraio 2009), per poi ricredermi assegnandoli più correttamente alla specie atlantica.
Oggi incontro il cedro deodara, in un sabato di sole e vento selvaggio, lungo il bel sentiero botanico dell’eremo del deserto di Varazze. Dell’attribuzione sono certa anche se non riesco inizialmente ad apprezzarne il portamento, in fila lungo il sentiero, con un giovane esemplare piegato, forse dal vento. Bisogna alzare lo sguardo per aria per apprezzarne la maestosità e poi guardare le sottili foglie, aghiformi, ma non pungenti, riunite in ciuffetti da 10 a 20 aghi su corti rametti detti brachiplasti.
Simbolo di fertilità e durevolezza, si distingue dai suoi comuni, cioè non divini, parenti per i rami penduli, il fogliame più chiaro, gli aghi più lunghi e soffici.