Conosco questo grazioso cespuglio della famiglia delle Rosaceae, Raphiolepis, solo da qualche settimana e già l’ho incontrato più volte, con fiori rosa o bianchi carnosetti, le foglie spesse e graziosamente ovali. Inconfondibile, eppure simile a tanti altri fiori primaverili da giardino, forma siepi compatte e attraenti, come il viburno e la fotinia. Questa è indubbiamente la sua stagione, proprio in questi giorni dà il meglio di sè, come molti altri del suo genere, peraltro.
Ho fotografato questi esemplari alla Landriana, nobile giardino a sud di Roma nato dall’amore della nobildonna Lavinia Taverna e dall’arte del ‘gardener’ inglese Russel Page. Un ‘gardener’, apprendo durante la visita guidata, non è un giardiniere, nè un architetto del paesaggio, ma è entrambe le cose e molto di più. Soprattutto un artista che armonizza colori e forme, come un pittore. Dovremmo forse interpellare qualche linguista per scoprire come e se è possibile trovare una parola italiana per ‘gardener’. Contemplo estatica e ammirata questa meravigliosa opera vegetale. Anche se devo confessare che la mia anima è più affine al giardino planetario di Gilles Clement, dove c’è posto un po’ per tutto e anche asilo per i vagabondi.
Tornando al Rhaphiolepis, si tratta di un arbusto originario delle zone temperate calde e subtropicali dell’estremo oriente. Quindi la sua coltivazione richiede un’esposizione soleggiata, e un clima caldo e mite, anche se alcune specie (ma non R.indica) tollerano temperature fino a -15° C. Il suo nome comune in inglese è ‘Indian hawthorn’, dovremmo tradurre come biancospino indiano, anche se non vedo grandi somiglianze con il biancospino (Crataegus monogyna), a parte la comune appartenenza alle rosacee. Fra l’altro non mi risulta che Rhaphiolepis sia spinoso, quindi certamente non lo chiamerò biancospino.