Pittosporo

Pittosporo

Pittosporum tobira

Dopo un mese di pioggia intensa, l’autunno già scivola nell’inverno. Oggi il cielo è terso e immobile sull’orizzonte, ma l’aria è già frizzante. Non c’è grande scelta di piante rigogliose e fiorite in questa stagione dimessa. Ripasso le immagini del vecchio blog che voglio riproporre, fra le immagini di altri dicembre, umidi, limpidi e gelidi, vividi e colorati.

Figlia della città come sono, il pittosporo, piccolo albero di origine cinese così frequente nei giardini urbani, è una mia vecchia conoscenza. Ho imparato a riconoscerlo molto presto, perchè lo incontravo dovunque. Lo riconoscevo meglio del leccio e dell’alloro, altrettanto comuni nei giardini, ma anche piante tipiche della regione mediterranea.  Il pittosporo invece è un immigrato e non si trova mai allo stato selvatico.  Tollerante di quasi tutte le avversità del clima cittadino, è coltivato come specie ornamentale e viene usato soprattutto  per formare siepi.  Le foglie, persistenti, coriacee, sono lucidissime e hanno un odore arcano, se spezzate e strofinate, un odore che non mi dispiace, ma so che non sempre può risultare gradito.  I piccoli fiori invece, cinque petali bianchi tendenti al giallo, disposti a infiorescenze a ombrella, hanno il profumo dolcissimo delle essenze orientali.  I frutti sono pallette verdi, che diventano bianche e sempre più gialle, fino a che si spaccano e lasciano uscire i semi, color rosso acceso, immersi in una resina collosa da cui deriva il nome della pianta (come si legge su Wikipedia, da pitta che vuol dire pece e sporos seme).  Ed è proprio adesso la stagione della ‘schiusa’ dei frutti; e così in mezzo alle foglie, sempre verdissime, compaiono tanti punti rossi.

(Il post originale era stato pubblicato il 14 dicembre 2008)

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