Fiori e foglie... una pianta al giorno
Amo moltissimo le piante. Soprattutto i grandi alberi, le creature più generose della terra. Ma anche le piccole erbe di prato, persino quelle più impudenti, che si ostinano a resistere ai miei tentativi di estirparle dalle aiuole del giardino. Poca gente osserva le piante, forse le trovano noiose. Pochi sanno riconoscere un leccio, o addirittura distinguere un ippocastano da un tiglio. E' un vero peccato, le piante non sono affatto noiose, e in questo diario botanico io voglio presentare ogni giorno una pianta diversa, del giardino, del campo, del bosco
Naturalmente questo blog non ha pretese scientifiche né manualistiche. E' solo una piccola raccolta di pensieri, mentre osservo le piante, con la speranza di imparare a conoscerle meglio.

Mercoledi, Dicembre 31, 2008
Cotoneastro


Cotoneaster dammeri



Bacche rosse sono di buon augurio per l'anno nuovo. Ce ne sono ancora tante in giardino, nonostante il gelo terreo, e il vento teso dei giorni scorsi. Fra queste, quelle del cotoneastro, arbusto semistrisciante, di origine, manco a dirlo, cinese, il cui nome suggerisce che è stella, ma ha qualcosa, forse il bagliore dei fiori, del cotone. Assomiglia un poco alla piracanta, che però è rampicante e spinosa, e per questo può anche essere chiamato agazzino. Piccolo arbusto (spesso è bonsai), piccole foglie (anche loro appena segnate dal gelo), piccoli fiori bianchi a primavera (cotonosi?) e piccole bacche rosse brillanti per un nuovo anno di splendore e abbondanza, contro ogni previsione di sventura.

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Martedi, Dicembre 30, 2008
Sughera
quercus suber
quercus suber

Ho parlato di sughera e sughera sia. La sua scorza è corrugata come la pelle di un vecchio, spessa, profonda, porosa. Le foglie e le ghiande, il verde cupo e argenteo, assomigliano molto da vicino a quelli del leccio (10 novembre). Ma la sughera è più imponente, più ricercata, più esigente. Ha bisogno di grande calore e luce e non cresce in suoli calcarei. Suo cugino, il leccio, scuretto e contorto, cresce dappertutto. La sughera si trova in Sardegna, nella Maremma toscana, e poi sulle coste mediterranee di Spagna e Algeria, spesso coltivate per la produzione di sughero. Molto meno e molto poco anche in Lazio e in Liguria, dove è quasi una rarità da giardino.

Questa sughera è stata fotografata nel parco pubblico di villa Torlonia a Castelgandolfo (Roma), dicembre 2008.

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Lunedi, Dicembre 29, 2008
Gli alberi quando si spogliano: orniello
fraxinus ornusQuesto piccolo albero semispoglio cresce all'ombra di imponenti sughere (quercus suber), querce sempreverdi, e pini domestici (pinus pinea), in un boschetto pubblico, presso villa Torlonia, Castelgandolfo (Roma).

Il freddo è in questi giorni pungente. Più inverno di tutti gli ultimi inverni. Anche se posso amare certe limpide giornate di dicembre, l'aria frizzante e trasparente, lo spazio leggero, il gelido vento sferzante di questa stagione mi strozza la gola. In generale, l'inverno non mi piace proprio. Non vedo l'ora che finisca. Che magari soltanto l'aria si faccia appena più tiepida di sole, facendo presagire il ritorno della bella stagione. Ho nostalgia della profusione di fiori primaverili. Non basta a consolarmi l'istancabile camellia sasanqua hiemalis (vedi 24 novembre) dalle foglie di seta rigida e i fiori di raso che, assolutamente incurante delle temperature rigide, continua meravigliosamente a fiorire. Troppe piante mi circondano bruciate dal morso cieco del gelo. I piccoli ornielli, o frassini della manna (vedi 5 maggio 2008), hanno ormai perduto le loro foglie dorate (foto sotto) e prudentemente e saggiamente hanno messo in letargo i fusti snelli e i fragili rami, spogli.



Le foglie prima che cadano, al tramonto, Castelgandolfo (Roma), dicembre 2008


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Domenica, Dicembre 28, 2008
Le foglie prima che cadano: platano


platanus acerifolia

Roma, Lungotevere della Farnesina, dicembre 2008


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Martedi, Dicembre 23, 2008
Vacanze
auguri


Il blog si prende una breve vacanza per Natale e varie. Fra pranzi, cene, amici e parenti, correrei il rischio di non trovare il tempo e la concentrazione per scrivere. Spero di tornare presto con qualche immagine nuova.
Nel frattempo lascio nel web i miei auguri per tutti. La stella di Natale (euphorbia pulcherrima) non è vera, ma meglio così. Troppe volte le ho viste morire in pochi giorni senza poter far nulla per loro.




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Lunedi, Dicembre 22, 2008
Bambù
	Phyllostachys aurea
Il bambù è una pianta orientale per eccellenza. Non esistono specie spontanee di bambù nel continente europeo, anche se esso è coltivato nei giardini per scopo ornamentale, come essenza sempreverde e decorativa, e anche per produrre canne e tronchi diritti e robustissimi. Il bambù è noto come albero del panda, quella specie di orsacchiotto cinese che si ciba delle sue foglie. I bambù (in cinese zhuzi) appartengono alla famiglia delle Graminacee, tribù delle Bambuseae. I generi sono molto numerosi, ma le varietà ornamentali nei nostri giardini sono quasi sempre del genere Phyllostachys.
E' una pianta dai grandi primati. E' l'albero ad accrescimento più rapido che esista sul pianeta. Oltre ad allungarsi in altezza a velocità spasmodica, il bambù colonizza voracemente ogni luogo dove viene piantato, spingendo le robuste radici sotterranee anche molto lontano dalla pianta che le ha generate. L'apice della radice è tenera e affusolata, così da avanzare con prepotenza, niente affatto teneramente, come un punteruolo che perfora il terreno. Fiorisce raramente e in molti casi quando fiorisce, muore.
Altro primato della pianta sono i suoi innumerevoli utilizzi, dalle bacchette per mangiare il riso ai pali per le impalcature. I germogli e talvolta i semi sono commestibili e anche prelibati. Per i cinesi che ho conosciuto il bambù è molto di più di una pianta, è una inesauribile risorsa, è un culto. Un giovane dottore che avevo conosciuto all'Università di Hefei (capitale dell'Anhui) mi ha accompagnato nelle campagne vicino a Ningguo, sua città natale, per conoscere la Cina rurale. Il bambù era certo la coltivazione più importante.



Qui sopra un boschetto di bambù coltivati nelle campagne presso
Ningguo, Anhui, fotografato nel dicembre 2005.


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Domenica, Dicembre 21, 2008
Rosmarino
rosmarimus officinalis
Dove banchettano le api d'inverno? Certo sui fiori del rosmarino. Si può raccogliere anche il miele d'inverno, miele di rosmarino. Benché siamo ancora a dicembre, e secondo la manualistica la stagione della fioritura vada da gennaio a giugno, una delle piante di rosmarino del mio giardino sta aprendo i suoi timidi fiorellini azzurri. Coraggiosa e spavalda nel giorno più corto dell'anno, il solstizio d'inverno. Come sempre accade, il tempo metereologico si fa beffe del calendario e oggi è stato una giornata limpida e tiepida, dopo lunghe settimane 'autunnali' di gelo e tempesta. Ma il rosmarino non se ne è preoccupato troppo. E' pianta mediterranea, docile e resistente. E' difficile vederla soffrire e le sue foglioline appuntite sono sempre graziosamente verdi e lucide, nonostante tutto.
"Sogno, scrive il giardiniere Paolo Pejrone1, una montagna coperta di minuscoli fiori azzurri durante i lunghi inverni piemontesi. "
Il rosmarino è pianta dalle infinite virtù. Il suo semplice odore, dice sempre Pejrone, aiuterebbe a rinverdire e far riacquistare vigore alla memoria. E' poi un ingrediente fondamentale nella ricetta di un elisir di lunga vita, con origano e salvia, tutte macerate nel vino. Non pretendo tanto, una pianta decorativa e morbida, odorosa e saporita, e fiori che sbocciano nel gelido squallore dell'inverno non faranno la vita più lunga, ma certo la rendono più leggera.

1In "In giardino non si è mai soli"; Feltrinelli

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Sabato, Dicembre 20, 2008
Agrifoglio
ilex aquifolium
Ecco una pianta di stagione. Ha foglie spesse e lucide, frequentemente spinose, sempreverdi. Tuttavia non teme il freddo; le sue bacche rosso brillante durano sui rami tutto l'inverno. Con il vischio e il pungitopo (che porta anch'esso bacche rosse, vedi 1 dicembre), i rami dell'agrifoglio sono tradizionalmente usati per i decori natalizi e sono considerati di buon augurio per le più importanti feste dell'anno. Coltivato nei giardini, è un alberello frequente come specie spontanea nei boschi di faggi e querce, dove non può passare inosservato con le sue macchie di colore fra i rami spogli. La specie ha originato numerose varietà, diverse nelle foglie e nei frutti. Nel mio giardino, per esempio, ce n'è un esemplare le cui foglie non hanno mai le spine (vedi il blog del 29 aprile), mentre la pianticella di fronte ha foglie spinose e screziate di bianco.
Questa fotografia è stata scattata presso il passo della Scoffera in val Bisagno, dicembre 2004.


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Giovedi, Dicembre 18, 2008
Lichene

lichene

Dovrebbe essere del genere calendariella il lichene crostoso, giallo, che copre il ramo spoglio. I licheni sono organismi molto resistenti alle estreme condizioni climatiche. Sono organismi simbiotici, composti da ife fungine e minuscole alghe; ma nonostante sia il fungo a contribuire maggiormente al corpo vegetativo, il lichene non ha mai la molle consistenza di un fungo, ma è anzi sempre duro e asciutto. I licheni crostosi sono quelli che formano incrostazioni su rocce e rami.

Fotografato nel dicembre 2004, in alta val Trebbia, non lontano da Barbagelata. Il paese, forse disabitato, certamente deserto, credo si chiamasse Prato della Chiesa, anche se la chiesa non c'era.

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Mercoledi, Dicembre 17, 2008
Gli alberi mentre si spogliano: bagolaro

celtis australis

Sant'Eusebio, Genova, dicembre 2008


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Martedi, Dicembre 16, 2008
Ligustro
Ligustrum lucidumIl ligustrum lucidum è un albero cinese. Siccome non perde le foglie, è alto e lussureggiante ed ha un periodo floreale insolitamente lungo, viene coltivato largamente in parchi e giardini. Nonostante gli abbondanti fiori bianchi, fragranti e decorativi, nonostante la generosità con cui riempie i grigi spazi con il suo verde intenso, lucido, appunto, nonostante la sua grande tolleranza a tutte le avversità e torture che gli vengono inflitte dalla vita cittadina, il ligustro, chissà perchè, non incontra la simpatia di molte persone. Sarà che sembra un po' finto, sarà che, come l'ailanto, "ce ne sono troppi", saranno le bacche nere che insozzano i marciapiedi, il ligustro è un albero invisibile, non considerato. Accetteremmo di più il ligustrum vulgare o olivella (la famiglia è quella delle Oleacee), autoctono nell'area mediterranea, le cui foglie arrossiscono cupamente d'autunno prima di cadere. Ma non sarebbe altrettanto resistente, e persistente, e decorativo. Nè ci capiterebbe di incontrare questa profusione di frutti nel cuore dell'inverno.

Fotografato a Sant'Eusebio, dicembre 2008

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Lunedi, Dicembre 15, 2008
Le foglie prima che cadano: quercia

quercus cerris

Rocca dell'Adelasia (entroterra di Savona), autunno 2002
quanta neve deve essere caduta quest'anno sulla rocca,
ma qualche foglia sul cerro ci sarà ancora ...


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Domenica, Dicembre 14, 2008
Pittosporo
pittosporum tobira
Figlia della città come sono, il pittosporo, piccolo albero di origine cinese così frequente nei giardini urbani, è una mia vecchia conoscenza. Ho imparato a riconoscerlo molto presto, perchè lo incontravo dovunque. Lo riconoscevo meglio del leccio e dell'alloro, altrettanto comuni nei giardini, ma anche piante tipiche della regione mediterranea. Il pittosporo invece è un immigrato e non si trova mai allo stato selvatico. Tollerante di quasi tutte le avversità del clima cittadino, è coltivato come specie ornamentale e viene usato soprattutto per formare siepi. Le foglie, persistenti, coriacee, sono lucidissime e hanno un odore arcano, se spezzate e strofinate, un odore che non mi dispiace, ma so che non sempre può risultare gradito. I piccoli fiori invece, cinque petali bianchi tendenti al giallo, disposti a infiorescenze a ombrella, hanno il profumo dolcissimo delle essenze orientali. I frutti sono pallette verdi, che diventano bianche e sempre più gialle, fino a che si spaccano e lasciano uscire i semi, color rosso acceso, immersi in una resina collosa da cui deriva il nome della pianta (come si legge su Wikipedia, da pitta che vuol dire pece e sporos seme). Ed è proprio adesso la stagione della 'schiusa' dei frutti; e così in mezzo alle foglie, sempre verdissime, compaiono tanti punti rossi.

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Sabato, Dicembre 13, 2008
Le foglie prima che cadano: ciliegio

prunus avium


Braccate da pioggia, neve, e vento gelato, le ultime foglie che restano sul ciliegio del mio giardino.

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Venerdi, Dicembre 12, 2008
Nespolo del Giappone
Eriobotrya japonica
Chi l'ha detto che d'inverno non ci sono fiori? Quest'albero, di origini veramente esotiche1, fiorisce abbondantemente da novembre a febbraio, e i fiori, a guardarli da vicino, sono appariscenti e carnosi, riuniti in larghe pannocchie bianche. Ora questa pianta è assai diffusa nei nostri giardini, mentre quasi una rarità è diventato il suo "falso parente" nespolo comune, Mespilus germanica, i cui frutti non sono commestibili alla raccolta, ma hanno bisogno di 'frollare' o meglio fermentare a lungo nella paglia, fatto che ha dato origine al detto "col tempo e con la paglia maturano le nespole". Niente di tutto ciò per il nespolo del Giappone, i cui frutti maturano a primavera e sono immediatamente commestibili. Generalmente le nespole disponibili nei mercati ortofrutticoli provengono dalla Spagna o dal Sud Italia; ma in certi inverni miti, qualche frutto può arrivare a maturazione anche nel giardino di casa e a latitudini meno clementi. Non credo che sarà questo il caso, quest'anno il gelo si è già fatto sentire. Ma i fiori di nespolo non sembrano averne sofferto troppo. La pianta sarebbe anche bella, con ampie foglie coriacee e persistenti. Poteva essere anche il titolo di questo post: le foglie che non cadono mai ... Però tutta questa bellezza, di foglie e fiori, mi pare che non sia a fondo capita, e forse proprio per quel suo ciclo così perennemente 'fuori stagione'.

1Esotico significa letteralmente che viene dall'est, e dall'estremo oriente provenivano le essenze, piante e spezie più difformi da quelle a cui gli occidentali erano abituati

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Giovedi, Dicembre 11, 2008
Nocciolo



Gocce di neve si sciogliono sui fiori del nocciolo.

grazie, Luca, per questa bellissima foto scattata ieri nel nostro giardino
per il nocciolo e la sua fioritura invernale vedi 21 settembre


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Mercoledi, Dicembre 10, 2008
Le foglie prima che cadano: ippocastano
aesculus hippocastanum

Prima ancora di cominciare ufficialmente, l'inverno quest'anno ci strapazza, fra pioggia, temporali, vento e neve. Certe volte accade che dicembre sia così mite da far desiderare un poco qualche rigidezza del clima consona alla stagione. Ma quest'anno il freddo non si fa pregare e le folate gelide squassano gli alberi e li spogliano in un batter d'occhio.aesculus hippocastanum




Albero robusto, decorativo, maestoso, nobile, l'ippocastano stringe le sue ultime foglie avvizzite, gialle e brune, ma sempre, elegantemente, digitate, cioè a forma di mano. Quando le foglie cadono, lasciano sul ramo ferite a forma di ferro di cavallo.

Come mirabilmente raccontava in una sua poesia Primo Levi (leggetela qui), l'ippocastano è il classico albero da viali cittadini, avvezzo alle torture e ai veleni di un ambiente malato e prigioniero. Il suo portamento naturale, un'alta ed ampia cupola su un tronco spesso e corto, è svilito dalle frequenti potature impietose(foto a sinistra) e le castagne, le grosse castagne d'India, cibo e medicina tradizionale per i cavalli (da cui il nome), coriacee, ma preziose per il contenuto di saponine, sono sempre più rare su questi alberi.
Quant'è bello invece l'ippocastano in campagna, con la sua vasta ombra, le verdi foglie come grandi mani e le pannocchie di fiori bianchi che lo decorano a primavera. Un po' di questa bellezza si intuisce anche per i viali delle città dove pigramente, ma generosamente, le sue fronde mutano colore e forma come scorrono i mesi.

Fotografato in corso Solferino, Circonvallazione a monte, Genova, dicembre 2008

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Martedi, Dicembre 09, 2008
Acero giapponese palmato
acer palmatum
Questo piccolo albero dalle foglie fiammanti cresce nel giardino dell'asilo nido comunale di Sant'Eusebio, un quartiere collinare di Genova. Anche le foglie sono piccole, cinque o forse otto centimetri di larghezza, e finemente lobate. Si tratta certo di una pianta ornamentale, di cui esistono numerose varietà e cultivar fantasiose, di solito a portamento cespuglioso, comunemente anche utilizzate per realizzare bonsai. Il colore autunnale è molto acceso, screziato, simile a quello della vite americana. Un punto rosso vibrante nell'umido grigiore di questi giorni.

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Lunedi, Dicembre 08, 2008
Per piacere non capitozzate gli alberi (Sofora japonica)
Sofora japonica
I poveri alberi di città, che già soffrono la sete, l'inquinamento e l'incuria, sono ancora troppo spesso sottoposti alla capitozzatura. La stagione di questo drastico trattamento, erroneamente utilizzato per contenere la chioma e ridurre l'altezza di un grande albero, è già cominciata.
Ecco che cosa dice Plant Amnesty , un'organizzazione internazionale no profit dedicata alla promozione delle corrette tecniche di giardinaggio e potatura, su questa pratica perversa.
La capitozzatura è il danno più serio che si possa infliggere a un albero. Essa provoca la carie del legno e affama la pianta, rimuovendo la fonte di cibo, cioè le foglie, che sintetizzano il suo nutrimento. Oltre ad essere fortemente nociva, questo sistema non funziona quasi mai per contenere le dimensioni dell'albero. Infatti l'albero, dopo la mutilazione, aumenta disperatamente il ritmo di crescita dei rami nel tentativo di rimpiazzare rapidamente la superficie fogliare perduta. Inoltre non può in nessun caso essere efficace per contenere le dimensioni di una grande pianta: un acero giapponese o un maggiociondolo potranno crescere da tre a nove metri, mentre una quercia e un frassino raggiungeranno comunque 25, 30 metri e non è possibile fermarli capitozzando. Se ci si riesce, allora si è ucciso l'albero. Infatti, solo se l'albero è così danneggiato da essere prossimo alla morte, la drastica potatura arresta per sempre la sua crescita.
Inoltre la capitozzatura è costosa, per la necessità di continue correzioni dei succhioni (nuovi germogli lunghi e magri) e, se causa, come spesso accade, la morte dell'albero, per la sua rimozione.
La capitozzatura è brutta. Branche e rami appena tagliati ricordano moncherini di gambe e braccia amputate. L'albero perde per sempre la sua linea e non riacquisterà più l'armonica forma naturale.
La capitozzatura è pericolosa: la carie causa la perdita dei rami, la fame lo rende suscettibile di marciume radicale, causa comune del crollo, i nuovi rami sono più deboli e non hanno l'integrità strutturale di quelli originali; inoltre la densa ricrescita dei succhioni rende la chioma molto pesante e molto meno permeabile ai venti e ciò aumenta la possibilità di schianti in caso di tempeste. Sofora japonica
La capitozzatura dovrebbe essere proibita perchè possibile fattore di rischio per la cittadinanza.

Per piacere, non mutilate gli alberi, non capitozzate mai.

Foto scattate in corso Paganini, quartiere di Castelletto, Genova, dicembre 2008

Vedi anche SIA , Società Italiana di Arboricoltura, Sezione italiana di ISA, International Society for Arboriculture.

scritto alle 19:47 da CarlaFed ::    COMMENTI


Domenica, Dicembre 07, 2008
Le foglie prima che cadano: tiglio

tilia cordata

Parco di Villa Imperiale, Genova, quartiere di San Fruttuoso, dicembre 2008


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Sabato, Dicembre 06, 2008
Le foglie prima che cadano: faggio

fagus sylvatica

Sentiero botanico CAI verso i i laghi del Gorzente (Genova), novembre 2008


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Venerdi, Dicembre 05, 2008
Le foglie prima che cadano: castagno

castanea sativa

Strada fra Cornua e Sori (Genova), novembre 2004


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Giovedi, Dicembre 04, 2008
Ortica
urtica dioica
Come è verde l'ortica sotto la pioggia. Foglie sontuose e delicate, lucide e brillanti, anche se è proibito toccarle. Solo le donne di medicina quando la usano per frizionare muscoli doloranti, hanno salve le mani. In tutti gli altri casi basta sfiorarla per sapere a che deve la sua cattiva fama.

Ortica, la pianta degli orti. In aperta campagna, dove compare l'ortica c'è un segno di coltivazione, di campi addomesticati dall'uomo. Residui di pascoli e bestie, ammassi di pietre composte. Preziosa, questa semplice pianta, che cavalca gli inverni. Cibo e concime, medicina e insetticida. Eppure se la vedi la estirpi, con le mani guantate, strappandola senza pietà dalla terra. Come la sua vicina e antitetica parietaria (vedi 14 maggio) lei ricrescerà, sempre.



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Mercoledi, Dicembre 03, 2008
Ciliegio da fiore (autunnale)
Prunus subhirtella autumnalis
Stentavo a crederci. Pensavo di essermi sbagliata. Un ciliegio, seppure di varietà ornamentale e aspetto dimesso, fiorito in autunno inoltrato. Beh, non proprio fiorito, qualche sparuta corolla bianco rosata su rami che stavano perdendo le ultime foglie. Tuttavia sì, fiori di ciliegio in novembre. Eppure sembra che sia possibile. Si chiama Prunus subhirtella autumnalis e fiorisce proprio quando le foglie si tingono di arancio e rosso, come vuole l'autunno. Se il ciliegio è un albero straordinario, dal nobile legno rossiccio, al fogliame lucido e ricco, dai delicatissimi fiori, fino ai dolci, magici frutti, il ciliegio da fiore è una delle meraviglie della natura. Una meraviglia che riesce persino a fiorire l'inverno (e non solo in America). Anche se bisogna accontentarsi di pochi fiori per volta, perché la fioritura è molto lunga e l'albero deve dosare le forze.

Fotografato in una strada di Washington, novembre 2008. Lo sfondo è un'insegna dal bianco smagliante. Peccato per il poco contrasto con il tenero bianco dei fiori.

scritto alle 22:12 da CarlaFed ::    COMMENTI


Martedi, Dicembre 02, 2008
Borracina rupestre
sedum rupestresedum rupestre

Le borracine sono piantine grasse, succulente della famiglia delle Crassulaceae, tutte guarnite di graziosi fiori, alcuni bianchi, più frequentemente rosa, oppure gialli. La borracina rupestre è una pianta spontanea, molto comune sulle rocce delle nostre colline, cresce sulla lavagna e forma cespi ribelli e decorativi.

sedum rupestre



Ormai i brillanti fiorellini gialli disposti a corimbo su steli eretti sono scomparsi da vari mesi. Rimangono le foglie, cioè le foglie dei getti sterili, corte e grassocce, appuntite, verdi tendenti al rossiccio.
Ho fotografato la pianta fiorita (in alto a sinistra e qui a destra) a Triora (Imperia) luglio 2004, e le foglie autunnali (in alto a destra) su una roccia lungo la strada statale in Val Fontanabuona, novembre 2008

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Lunedi, Dicembre 01, 2008
Pungitopo
ruscus aculeatus
Il pungitopo è una pianta comune nelle aiuole dei giardini urbani. Anche nel mio giardino era stata piantata in ogni angolo e ho dovuto, non senza difficoltà, ridimensionarne un po' la diffusione. Per contro, allo stato spontaneo è specie protetta in molte regioni, a causa della raccolta indiscriminata di cui era oggetto per usarla negli addobbi natalizi. E' una pianta robusta, si difende con energia, per mezzo delle spine che crescono all'apice delle "foglie". Foglie che in realtà sono cladodi, cioè steli modificati, e sulla cui superficie, proprio in mezzo, crescono minuscoli fiori a forma di stella. La pianta è dioica, cioè i fiori femminili crescono su piante diverse da quelli maschili. Sulle piante femminili, nella stagione successiva ai fiori, maturano le bacche, verdi, arancioni e infine rosse. Sono proprio le bacche che rendono il pungitopo così ricercato per colorare le feste di metà inverno.
Una pianta interessante, e un po' incompresa. Senza le bacche perde gran parte del suo fascino. Però i germogli sono appetibili come gli asparagi selvatici (sono entrambe della famiglia delle liliacee), anche se leggermente più amari. Tutta la pianta ha proprietà officinali note fin dall'antichità. E utilizzi svariati. Con il pungitopo si costruivano ruvide ramazze e poi veniva usata per avvolgere carni e salumi e difenderli dai topi. Da cui naturalmente il nome.
La foto mostra una pianta spontanea, fotografata sul monte Treggin, entroterra di Sestri Levante, novembre 2002.

scritto alle 23:16 da CarlaFed ::    COMMENTI


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