Domenica, Agosto 31, 2008
Salvia ananas
Ecco un'altra pianta che ha preso in prestito un odore non suo (e un pochino anche il sapore). Originaria del Messico, ha foglie ovali e steli rossicci, e un odore che ricorda quello dell'ananas. E' una bella pianta da giardino, che poco ha da invidiare alla più conosciuta salvia splendens dagli abbondanti fiori rosso arancio. Si chiama in inglese 'scarlet pineapple' e da noi è più nota come 'salvia ananas'. Inutile dire che con l'ananas non ha niente da spartire, è una labiata come tutte le salvie, mentre l'ananas è un'esotica bromeliacea. Il suo profumo suggerisce di usarla per guarnire le macedonie, ma è apprezzata anche per aggiugnere un tocco insolito a pesce e carni bianche. Il suo fiorellino rosso scarlatto, delicato, ordinato, intenso, è stato una sorpresa in questi giorni perchè non credevo fiorisse più. Ma lo fa, da giugno a settembre, talvolta (cito il vivaista) anche in inverno. Staremo a vedere.
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Sabato, Agosto 30, 2008
Plectranthus
Questa pianta, che vive bene in vaso, in terrazzo o piccolo giardino, viene detta 'pianta dell'incenso', o 'pianta della mirra'. Non ha assolutamente niente a che fare nè con l'incenso nè con la mirra, ma sfregando le sue foglie manda un odore caldo e aromatico che assomiglia a quelle essenze. Me l'hanno regalata qualche mese fa e per ora cresce, tranquilla in un vaso, perchè non ho ancora deciso dove metterla. E' una sempreverde perenne, con belle foglie variegate e se sopravviverà all'inverno, potrebbe diventare piuttosto grande. A volte, pare, fa dei fiorellini bianchi (è della famiglia delle Labiate) alla fine dell'estate, ma la mia pianta è giovane e io non li ho mai ancora mai visti. Una volta ho fatto fatica a convincere un'amica che questa pianta non è la pianta dell'incenso. A dire il vero credo che sia rimasta ancora della sua opinione, che cioè l'incenso è estratto dalle foglie del Plectranthus. L'incenso è una resina che deriva da una pianta diffusa in Medioriente, del genere Boswellia. Anche la mirra è la resina di una pianta araba del genere Commiphora, che brucia con un odore simile. L'odore di una pianta non significa quasi nulla. Per esempio, ci sono moltissime piante che odorano di limone, ma non sono neppure vagamente simili o imparentate con il limone. I nostri recettori olfattivi sono vari e numerosi, ma pur sempre limitati. Mi chiedo se Lucy (la mia gattina) scambierebbe l'odore dell'erba luigia (erba limonina) con quello del limone, o del plectranthus per quello del fumo della resina di Boswellia. Certo sono odori che non le interessano molto, ma intuirebbe benissimo che sono diversi.
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Venerdi, Agosto 29, 2008
Fico d'India
Prima che l'estate finisca (ma quest'anno non pare intenzionata a farlo molto presto), devo ricordare questa singolare pianta, esotica e tropicale, che è diventata un po' il simbolo delle nostre assolate scogliere. Si chiama 'fico d'india' anche se viene dal Messico, un po' come si chiamano 'indiani' gli Apaches e i Comanches. In realtà è un vero e proprio cactus e in Texas si mangiavano le foglie di una specie simile e si chiamavano appunto 'cactus leaves'. Da noi invece si mangiano i frutti, un po' fico un po' frutto della passione, gradevoli anche se non entusiasmanti. Mi diverte però vedere come nascono sulle foglie, dai morbidi fiori gialli, come si affollano uno contro l'altro a grappolo, come in questa fotografia.
Il fico d'india cresce anche in Liguria, ma fruttifica moderatamente. In Sicilia, nell'agosto 2002, ho fotografato molti fichi d'India, con fiori e frutti. Un servizio fotografico un po' più completo si trova in questa pagina e nelle seguenti.
scritto alle 09:29 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Agosto 28, 2008
Biancospino
Il biancospino sta diventando rosso. Le bacche vermiglie cominciano ad apparire in questo periodo dell'anno, ma non spariranno dal bosco fino all'inverno pieno. Difficile cogliere la differenza fra il biancospino selvatico, crataegus levigata, e il crataegus monogyna, biancospino comune. Dopo un bel po' di confusione, mi sono decisa per il crataegus monogyna che è il più diffuso e quello che più corrisponde nella maggior parte dei libri. Comunque le due specie sono molto simili fra loro e talvolta si ibridano. I frutti di entrambe le specie sono bacche rosse, di forma assai simile, anche se un po' più piccole, ai 'pomodorini' delle rose selvatiche. Questi ultimi però non sono veramente frutti, ma cinorroidi, ovvero sorta di infruttescenze, o contenitori del vero frutto, che è un piccolo achenio. Invece i frutti del biancospino sono veri frutti con un seme (o 2 o 3 nel biancospino selvatico). Ancora un bel po' di confusione. Questi particolari tecnici non interessano tanto a quelli che del bosco amano soprattutto i colori e gli odori, l'ombra e la luce, i suoi fruscii e i suoi silenzi. L'improvvisa scoperta di un punto rosso fra i rami verde grigi o sul bruno di un tronco spoglio. Ma questi particolari mi aiutano un po' a ricordare le caratteristiche, a volte minute differenze, fra pianta e pianta che le rendono interessanti e uniche. Questa è la scienza che mi piace, perché è viva.
Fotografato nei boschi del parco dell'Antola, fine agosto 2004 Ancora biancospino qui.
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Mercoledi, Agosto 27, 2008
Lagerstroemia indica o Lillà
Quest'alberello ornamentale è molto simile all'aspetto al più tradizionale lillà (syringa vulgaris), ma da esso differisce per numerose caratteristiche. La lagerstroemia è una pianta esotica della famiglia della Lythraceae, mentre la syringa appartiene alla più casalinga famiglia della Oleaceae. Inoltre la syringa fiorisce in primavera, mentre la lagerstroemia fiorisce in piena estate. Tuttavia l'effetto è simile e al lillà fa pensare. Quando ho fatto questa fotografia, a Montemarcello Magra,vicino a Lerici (La Spezia), ho chiesto a un signore seduto in giardino qual'era il nome del'alberello fiorito che aveva accanto e lui mi ha risposto senza esitazione che si chiamava lillà. Per qualche tempo mi sono ingannata anch'io, perché questa pianta è molto diffusa e mi pare abbia un po' soppiantato la syringa. Un po' mi dispiace. Il lillà (syringa) è una pianta spontanea in tutto il vecchio continente; cresceva nel giardino di una casa di campagna al cui ricordo sono molto affezionata. E' un fiore speciale, romantico, un po' sdolcinato. Non posso fare a meno di associarlo ai romanzi rosa, tipo Delly, di cui uno dei primi che ho letto in vita mia si chiamava appunto "Sotto i fiori di lillà". Oggi ho imparato, su internet, che Delly è lo pseudonimo di due fratelli francesi che scrissero un centinaio di romanzi d'amore di incredibile successo ... ed io che pensavo che fosse una vecchia signora. Quante cose imparo su internet, e non solo sulle piante e i fiori.
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Martedi, Agosto 26, 2008
Noce
Ecco il noce (Juglans regia), il grande albero buono. Buona la chioma, buono il legno, buono il frutto. Dice di lui Giuseppe Barbera1 : "Si può chiedere di meglio ad un essere vivente che conservare l'ambiente dove vive proteggendo il suolo, accogliere la vita selvatica fornendo rifugio o nutrimento agli animali, abbellire il paesaggio con forme maestose, compensare chi lo coltiva fornendo ottimi frutti e il legname migliore?" E ricorda a questo proposito Marguerite Jourcenar: "Conosci un modo di vivere più saggio e foriero di buone azioni?" Oppure Linus dei Peanuts: "Se le cose vanno proprio male, ci si può sempre appoggiare." Ma anche il noce ha due identità. Ora che il frutto, una drupa, non è ancora maturo, è verde lucido fuori, nerissima, dentro, la polpa. Il mallo di noce è un ingrediente fondamentale delle tinture naturali per capelli, ma le sue proprietà coloranti suggeriscono anche utilizzi più sinistri. Nelle fiabe la bella fanciulla, magari principessa caduta in disgrazia, si imbratta, o viene costretta a imbrattarsi, il viso con il mallo di noce per annerirlo, così da apparire brutta e povera e confondersi con le popolane. E il noce, generoso e benigno, rami ampi e grande ombra, è l'albero dei sabba delle streghe. Un albero maledetto. Per fortuna le noci, dentro la dura scorza di legno, racchiudono un tesoro, il gheriglio, croccante ed amarognole da fresco, dolce e oleoso quando è secco. Energetico cibo dei poveri, questa buona azione può redimere l'albero da tutti i suoi misfatti. Buono o cattivo, vorrei un noce nel mio giardino. E' la definizione più pura della parola 'albero'.
Il ramo di noce della foto era a Rodia, comune di Messina, agosto 2002. 1Tuttifrutti, Mondadori, 2007
scritto alle 14:05 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Agosto 25, 2008
Ailanto
Insieme a molta altra gente, oggi sono tornata al lavoro in città dopo quindici giorni di vacanza passati nella mia casa, che è quasi in campagna. Così ricomincio a guardare gli alberi che vivono in mezzo ad asfalto e cemento ed a dividere con loro questo ambiente così poco naturale. L'ailanto (Ailanthus altissima) viene dalla Cina ed è uno dei più esuberanti colonizzatore dei piccoli spazi verdi urbani e periurbani. Chiamato albero del Paradiso, forse perché sale così in alto, è anche noto come l'albero di Brooklin, dal fortunato romanzo di Betty Smith, che citavo in questa pagina. Cresce dappertutto con grande facilità, nei cortili, ai bordi delle strade di grande traffico, nelle zone poco curate, fra gli edifici abbandonati e fra le macerie. Si riproduce velocemente grazie ai rizomi che corrono sottoterra e ai semi che sono racchiusi in samare alate. Ormai è considerata una pianta esotica invasiva, e quindi addirittura un pericolo per l'ambiente naturale. Lo si accusa di impedire la crescita delle specie autoctone a causa dell'ampia ombra delle sue foglie; di avere un cattivo odore e di contenere sostanze irritanti. Povero ailanto. Importato in Europa, certo contro la sua volontà, per ragioni economiche (lo si voleva impiegare per l'allevamento di un baco simile al filugello della seta, ma l'esperimento non ebbe fortuna), la sua unica colpa è quella di avere successo nella lotta per l'esistenza. Tutto sommato, io non lo trovo per niente brutto. Ha un portamento snello e lunghissime foglie composte, morbide e affusolate. In questa stagione, sfoggia gruppi di frutti giallo rossicci (vedi foto a destra) che si muovono graziosamente alla brezza. Certo, a volte, preferirei vedere altri alberi al suo posto, un magico tiglio o un solido ippocastano. Ma quale di loro sopravviverebbe in uno spazio angusto, fra inferriate arrugginite e copertoni di camion, fra fumi di scappamenti e rifiuti speciali? Vedo soffrire i platani urbani, grigi di malattia; piegarsi persino i pittosfori, neri di catrame. Tutto sommato sto dalla parte dell'ailanto, della sua rozza bellezza e spavalderia, un albero che tutto può sopportare, rimanendo verde e continuando a fiorire e a riprodursi.
Link: Alberi in città
scritto alle 14:26 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Agosto 24, 2008
Carrubo
Questo bell'albero, dalla chioma folta e dal verde intenso, si trova nel parco di villa Grimaldi a Genova Nervi, poco lontano dal celebre roseto. Il carrubo è un albero molto robusto,originario dell'Arabia, adatto alle zone aride e assolate e acclimatato nella zona mediterranea. In Liguria quest'albero è tanto comune quanto ignorato. Soltanto il frutto ha una certa rinomanza, ma la bella foglia passa, non so perché, quasi sempre inosservata. Si tratta di foglie composte, le cui foglioline individuali sono verde scuro e rotondeggianti. I rami, riccamente rivestiti, sono un mirabile rifugio ombroso alla calura estiva. L'albero è sempreverde e fa parte della lussureggiante macchia che ricopre le colline prospicenti il mare anche d'inverno. I fiori sono piccoli e senza petali, mentre i frutti (le carrube, nella foto sotto sono ancora acerbi) sono bacelli. Si tratta dunque di una leguminosa, ma non una papilionacea come tutti i legumi più comuni, che presentano graziosi fiori a forma di farfalla. La polpa delle carrube è nerastra, coriacea, sciropposa e ha il sapore del miele; un cibo un po' spartano, ma dolce, consumato da millenni da uomini e bestie. I semi del carrubo sono molto ricchi di pectina, il che li rende, quando sono secchi, un ottimo rimedio per i disturbi intestinali, antica medicina per lattanti e marinai. Mi piace l'albero di carrubo, incontrarlo mi fa sentire a casa, in famiglia. Mi piace perché è grande e dimesso, solido e senza pretese. E se qualcuno pensa che le carrube siano solo cibo da porci, si ricordi che il cibo da maiali si trasforma in prosciutto.
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Venerdi, Agosto 22, 2008
Eucalipto
Dal mare ai monti e dai monti al mare, in questo viaggio botanico, come chi ama viaggiare, in questa stagione propizia.
'Deportato' dalla Tanzania in Europa, l'eucalipto si è adattato assai bene nel clima mediterraneo, mentre non ha attecchito per niente in climi più rigidi perchè non sopporta il gelo invernale. Si è adattato, ma non è mai stato accettato fino in fondo ed è rimasto per sempre 'un diverso', guardato con sospetto e mai pienamente integrato nell'ambiente in cui ha avuto il destino di trovarsi. Così si alzano voci di biasimo alla selvaggia diffusione dell'eucalipto, come specie estranea e bastarda, che troppo facilmente colonizza ambienti lontani dal suo. Simpatizzo per lui, anche se ne riconosco l'estraneità alla nostra natura. Simpatizzo per il suo buonissimo aroma delle sue foglie, che tonifica il respiro; per le sue chiome fitte, verde intenso fino al grigio; per la sua avidità per l'acqua, che ne ha fatto uno strumento utile per la bonifica delle zone paludose. Simpatizzo per l'esilio a cui è stato costretto, suo malgrado e che ha accettato, crescendo alto, offrendo profumo ed ombra. Spaesato e straniero, senza neppure un piccolo koala a zampettare fra i sui rami e cibarsi delle sue foglie, l'eucalipto si trova dappertutto lungo le coste del centro sud e un po' per tutto il mediterraneo. Quattro le specie principali nel nostro paese, tutte aromatiche, con strani fiori legnosi, tutte con lunghe foglie e corteccia a squame. Si trova in gruppi ampi e compatti, boschi dei lungomare. O solitario, con i lunghi rami ricadenti. Sembra un signore allampanato vestito di abito sbrindellato questo grande albero della specie Eucalyptus globulus che cresce nella riserva di Marinello, ai piedi del promontorio su cui sorge Tindari, in Sicilia. Fotografato nell'agosto 2002.
scritto alle 23:08 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Agosto 21, 2008
Epilobio
Bel fiore di montagna, cresce sopra i 500 metri slm, tappezzando di rosa acceso le ripide radure umide in mezzo ai boschi. Non cresce mai solitario o a piccoli gruppi, ma forma ampie distese di snelli steli, fitti di foglie lunghe e sottili, alla cui sommità sbocciano densi gruppi (racemi) di fiori rossi, o rosa, o bianchi. Singolare è la forma del frutto, una specie di baccello o capsula molto lunga, dalla pelle rosea, zeppa di minuscoli semi. A maturazione, i semi sono flocculi bianchi dispersi dal vento. Un suo stretto parente, l'epilobio di Fleischer Epilobium dodonaei è specie montana protetta e diffusa solo sulle Alpi. Ma l'epilobipo di questa fotografia è assai più comune e germoglia con energia anche in mezzo alle macerie. Oltre a varie virtù officinali, le giovani foglie vengono usate come surrogato del the, e sono commestibili e gradevoli sia crude che cotte. Amo i suoi fiori rosa che mi soprendono per la compattezza della fioritura, per l'energia della crescita, per la delicatezza dei particolari.
Questa foto viene dal Lago Santo di Pievepelago (Modena), agosto 2005 .
scritto alle 23:13 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Agosto 20, 2008
Asparago selvatico
Ecco un altro dei protagonisti del sottobosco mediterraneo, che cresce anche sui pendii sabbiosi, nelle garighe prospicienti il mare. A steli ricadenti e aspetto piumoso, assomiglia assai poco all'asparago che compriamo al mercato. Sembra quasi un ramoscello di qualche conifera nana, come il ginepro, ma è invece una liliacea (angiosperma monocotiledone), come aglio e cipolla e gigli vari. Ciò che si consuma, in tutti asparagi, sono i teneri germogli, detti turioni. Per la varietà selvatica, la raccolta si fa a primavera, girovagando per i sentieri della costa, fra lentisco e salsapariglia. I rami, cosparsi di fitte foglioline aghiformi, fiori giallo-verdi e poi frutti, in forma di bacche rosse e infine nere, possono essere utilizzati nelle composizioni floreali. Diverso il destino dell'asparago coltivato (una varietà di asparagus officinalis), forzato a rimanere germoglio, verdura raffinata e quasi sempre costosa perchè la sua coltivazione non è breve nè facile. Una prelibatezza, anche se povero nutriente e apprezzabile in fitofarmacologia essenzialmente per le proprietà diuretiche.
Questo rametto di asparago selvatico è stato fotografato a Montemarcello Magra, splendido paesino sul promontorio del Caprione, provincia di La Spezia, agosto 2008
scritto alle 17:31 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Agosto 19, 2008
Bouganville
Ho fotografato lussureggianti bouganville che ricoprivano di purpureo intere facciate. Che si arrampicavano sui balconi e bordavano con esagerata abbondanza i margini delle strade e i muri dei giardini. Bouganville di ogni colore, rosso fuoco e arancio delicato, bianche, rosa e lilla, e naturalmente violette. Con un'esplosione di fiorellini bianco dorati al centro. Ma la bouganville, questa pianta di origine brasiliana così bene adattata al clima della costa mediterranea da fiorire ininterrottamente per tutta l'estate, ha vita breve e presto si scolora. Le vivide brattee, non petali ma organi di volo per la diffusione del frutto, seccano al sole caldissimo di agosto e i muri cominciano a tingersi del giallo spento della paglia. Bella lo stesso, questa pianta, più realistica così dimessa e naturale.
scritto alle 15:55 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Agosto 18, 2008
Pioppo bianco
Ho incontrato questo bell'albero dalla corteccia argentata sul crinale che, salendo dalla valle Stura si dirige verso Praglia, nei pressi di Pratorondanino, al confine fra la provincia di Genova e quella di Alessandria. E' una zona in cui lo spartiacque della catena alpino-appenninica raggiunge la sua minima distanza dal mare e le montagne sorgono ripide alle spalle delle cittadine della costa. Per un attimo ho pensato fosse una betulla, la graziosa signorina dei boschi, così rara in Liguria. Ma le foglie del pioppo bianco sono inconfondibili a causa del candore lanuginoso della pagina inferiore. Quelle dei rami più grandi sono lobate, simili a quelle degli aceri, ma quelle dei rami più piccoli destinati a portare i fiori sono ovoidali e leggermente sagomate, come in nella foto sopra. Il pioppo bianco è detto anche gattice per la forma dei fiori (amenti) che ricorderebebro la coda dei gatti. E' un grande albero di fiera nobiltà che si distingue nell'altero portamento e poetico stormire, come scroscio di pioggia, dal più umile e popolare pioppo nero. Un bell'incontro nell'aria fresca di mezza montagna, alto e snello, fra piccoli abeti e frassini rotondeggianti, e arbusti profumati di brughiera.
scritto alle 23:06 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Agosto 17, 2008
Uva turca
Questa pianta, un'erba aggressiva e robusta che cresce con grande velocità, ha sempre colpito la mia fantasia, forse per la singolare disposizione dei fiori, poi frutti a bacca verde e infine nero-purpureo. E ancora di più quando ho scoperto il curioso nome comune, uva turca. Detta anche cremesina o fitolacca, è quest'ultimo il suo nome scientifico, cioè il nome vero e proprio, dato che, come è noto, i nomi comuni delle piante sono nomi di fantasia e possono essere molto diversi a seconda della regione, del dialetto, delle usanze, della fantasia dell'autore che li cita. Invece il nome scientifico, benché a volte esistano sinonimi, definisce la pianta senza confusioni. Comunque tutti i nomi di questa pianta ne richiamano l'uso come colorante, anche alimentare. Nonostante conclamate virtù terapeutiche, usata pare (non sono un'esperta) anche in omeopatia, la pianta è velenosa, ma commestibili i germogli, se si bollono a lungo (provateli a vostro rischio) e le bacche, se opportunamente trattate (come spero lo siano quando usate per colorare il vino). L'origine nord americana traspare dalla forma della radice, spessa e oblunga, tanto che verrebbe voglia di annoverarla fra le patate (con le quali però non ha niente a che fare). Fiori bianchi e bacche di colore acceso, è un'altra pianta da ruderi e luoghi incolti e abbandonati. Ho una grande passione per queste piante che crescono in mezzo alle rovine, riconquistando con leggerezza e noncuranza lo spazio che era stato loro strappato dalle effimere costruzioni umane. Purtroppo germoglia in abbondanza anche nel mio giardino e devo, mio malgrado, fare del mio meglio per non consentirle di arrivare alla fioritura.
scritto alle 18:39 da CarlaFed :: COMMENTI
Sabato, Agosto 16, 2008
Carlina
Oggi è luna piena. Per gli indiani pellerossa (lakota), la luna dell'erba secca. Per celebrare questa luna, così arida e calda, nonostante le piogge che già iniziano a allagare i campi, ecco una pianta che sembra poter fare a meno dell'acqua. Molti anni fa, questo bel fiore, semprevivo, dalla larga corolla simile a un sole, faceva sempre bella mostra sulle pareti della casa di legno dove trascorrevamo l'estate, in campagna, non molto lontano da dove abito ora. Una decorazione a buon mercato e destinata a durare. Dato che sono irti di spine, raccoglierli richiedeva una certa tecnica. Lo faceva mio padre, durante le passeggiate per i prati, recidendo lo stelo legnoso (e corto, da cui l'aggettivo acaulis, senza gambo ) con il suo coltello multiuso, un modello in dotazione ai soldati inglesi di cui era orgogliosissimo, trovato per caso durante la guerra o la prigionia. Poi li legava accuratamente alla cintura con un pezzo di spago che si portava dietro quasi esclusivamente per quell'uso. "Per legare i cardi" diceva. In effetti il nome 'carlina' potrebbe essere semplicemente una variazione della parola 'cardo' , anche se alcuni credono derivi addirittura da Carlo Magno. Ora la specie è protetta e reciderlo sarebbe, ahimè papà, proibito. I tempi sono cambiati e le necessità e le regole mutano. Ma forse qualche cardo, o carlina che dir si voglia, della mia infanzia potrebbe persino essersi conservato fino ad oggi.
Questo l'ho fotografato presso il Lago Santo (Pievepelago, Modena), agosto 2005
scritto alle 23:34 da CarlaFed :: COMMENTI
Venerdi, Agosto 15, 2008
Valeriana rossa
E' una specie di 'parente povera' della più celebre valeriana officinale, di cui possiede tutte le proprietà1. La nostra strada sarebbe assai meno colorata senza la valeriana rossa. Fiorita quasi sempre, quasi ovunque, rosa acceso o rosso porpora, fiorellini piccoli, ma numerosi e raggruppati in densi corimbi. Le sue foglie, verde carico, lucide, sembrano sempre giovani e fresche, anche in mezzo ai detriti. Mi ricorda quelle fanciulle delle favole, come Cenerentola, belle e pure e gioiose, nonostante le angherie e gli stenti a cui erano sottoposte. Bella nel fango e sempre nobile e liscia. Più inselvatichita che spontanea, questa pianta viene utilizzata come ornamentale e ciò ne ha certamente aumentato la diffusione, grazie a una straordinaria resistenza e adattabilità. Ora è il cespo di fiori in mezzo alle rovine, che in questa foto sono i ruderi di una vecchia casa di campagna, presso le mura del castello di Calice al Cornoviglio (La Spezia).
1 Bruna Bianca Accame - "Piante di casa nostra" (De Ferrari ed. , 2001)
scritto alle 17:12 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Agosto 14, 2008
Finocchio marino
Sulle coste racciose dove arrivano gli spruzzi marini, fra gli scogli e le pietre, su quelle scalinate di roccia e cemento, bianche di calce e sale, prostrato, strisciante e ricadente, cresce il fratello marino del finocchio selvatico, ombrelle giallo verdi e foglie dolci aromatiche. Gli odori e i sapori del mare sono freschi e appassionati, ma anche amari e arsi. L'acqua del mare è un'acqua che asseta, e di questo paradosso vivono tutti gli amanti e le creature del mare. Così il finocchio marino, carnoso e asciutto, dal dolce profumo cancellato dall'aroma prepotente delle onde. Foto scattata oggi, 14 agosto 2008, sulla scogliera a Tellaro di Lerici (La Spezia).
scritto alle 23:58 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Agosto 13, 2008
Vedovella
Ecco un fiore molto generoso. Anche sugli assolati e aridi prati d'agosto, fiorisce senza risparmiarsi, per tutta l'estate. Dolce vedovella con il suo rosa lilla delicato, un colore a dire il vero molto più lieto di quello che si addice al lutto di una vedova, strappata e fatta a mazzi insieme alle bianche e pazienti margherite, nelle mie scorribande infantili in campagna. Una pianta semplice, ma protagonista. Della famiglia delle Dipsacacee, ha i fiori singoli, o fioretti, raccolti in un denso capolino analogo a quello delle composite. Questa fotografie é di qualche giorno fa, vicino a casa, Fontanegli, Genova.
scritto alle 18:06 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Agosto 12, 2008
Berretta da prete o fusaggine
Questa pianta ha frutti di forma curiosa e singolare che nella fantasia popolare ricordano i berretti che portavano i prevosti, quelli neri, quadrati, con un pendaglietto al centro. Così la prima volta che si incontra, nei boschetti, sui brevi dirupi sopra i fossati, nella stagione giusta, cioè più o meno adesso, è facilmente riconoscibile, con quelle infruttescenze rosate, che verrebbe voglia di raccogliere. Ma il frutto è velenoso, e velenose sono anche le foglie. Però è un alberello prezioso per le virtù del suo legno, che ha usi molteplici, dagli stuzzicadenti all'ebanisteria. Quando si filava la lana a mano, veniva usato per costruire i fusi, e per questa ragione un nome popolare di questa pianta è anche fusaggine. Il fuso era un aggeggio a forma di uovo allungato o bastoncino panciuto che ruotando attorcigliava la fibra trasformandola in filo per tessere. Oggetto ormai perduto all'uso e quasi anche alla memoria, se non ce lo ricordassero le leggende e i detti popolari, ove il fuso ricorre continuamente come simbolo, e le fiabe, come quella della Bella Addormentata nel bosco, in cui la protagonista si punge con la punta acuminata di un fuso per la filatura. E naturalmente i nomi delle piante.
scritto alle 23:22 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Agosto 11, 2008
Fiordaliso di Trionfetti
Giovanni Battista Trionfetti era un botanico e scienziato romano del XVII secolo ed in suo onore è rimasto il nome di questo bel fiordaliso, a corolla bicolore, comunissimo nei prati di collina. Oltre a Trionfetti, questo fiore ricorda anche il centauro, cioè Chirone, figura mitologica di medico ed erborista, e quindi grande esperto di piante, maestro di Giasone, il condottiero degli Argonauti. Di Chirone avevo già parlato a proposito del centauro o 'cacciafebbre', pianta della famiglia delle genzianacaea (vedi 2 luglio 2008). Tuttavia, mentre l'erythraea è certamente una pianta medicamentosa, il genere centaurea della famiglia delle Asteracee (Composite), che comprende proprio tutti i fiordalisi, non è particolarmente rinomato per virtù curative. E' probabile che certi utilizzi 'chironeschi' si siano persi nella notte dei tempi. O forse il nome è improprio? Per confondere ulteriormente le idee, certe fonti sostengono che il nome corretto del genere dei fiordalisi sia cyanus. preferisco davvero non perdermi in queste problematiche, anche perchè l'eccessiva ridondanza di nomenclatura 'dotta' certo nuoce alla conoscenza delle specie botaniche da parte dei dilettanti appassionati. Conosco questo fiore da sempre e quando ho cominciato a dargli un nome, il primo che ho imparato è stato 'centaurea maggiore' e come centaurea me lo ricorderò sempre. La foto è dell'agosto 2005, prati della Val d'Aveto presso Castagnola.
scritto alle 15:40 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Agosto 10, 2008
Vitalba
Per la forma delle foglie e quella dei frutti (che sono acheni dotati di estremità piumose che ne facilitano la dispersione da parte del vento), la vitalba non è per niente dissimile dalla altre clematidi, nobili fiori da giardino tanto amati dagli inglesi (vedi 12 maggio 2008). Proprio la clematide "Nelly Moser" che cresce nel mio giardino sta in questo periodo ricoprendosi di acheni molto simili (vedi foto in basso a sinistra). Quanto ai fiori, anche la vitalba sfoggia fiori graziosi, minuti e bianchissimi, di forma elegante , come si vede nella foto di questa pagina.
Ma le somiglianze finiscono qui. Nessuno si sognerebbe mai di piantare una vitalba nel proprio giardino, neppure come umile rampicante o per guarnire un muro rovinato. E anche se a qualche carattere originale potesse venire in mente quest'idea balzana, non dovrebbe fare molta fatica. Non esiste giardino in cui, da qualche parte, non cresca una vitalba. In genere però viene ferocemente estirpata, non appena fa capolino sotto qualche cespuglio, alla base di un albero qualsiasi, o in mezzo all'erba. Ma lei è sempre la più forte. Si tratta di uno degli infestanti più robusti e tenaci dei prati e dei boschi. Di crescita assai rapida, si avvinghia a steli e tronchi con grande voracità, fino a colonizzarli completamente. I fusti, inizialmente esili, si ingrossano con il tempo senza perdere elasticità fino ad assumere l'aspetto di possenti liane, anche quando si spogliano delle foglie. So per esperienza, e non solo mia, che estirpare la vitalba è veramente un'impresa non da poco. Le foglie, e soprattutto i teneri germogli, hanno invece sempre un aspetto esile e indifeso, come una qualsiasi piantina del sottobosco. Circolava la voce che le punte più tenere degli steli fossero commestibili, addirittura una prelibatezza con cui preparare una frittatina di erbette. Così io le ho provate. Vero è che le ho bollite a lungo e confermo che erano buonissime. Però ho scoperto a posteriori che la pianta è assai velenosa per la presenza (dice Wikipedia) di alcaloidi e saponine. E' possibile che tali sostanze non siano più tossiche dopo la cottura, perchè la mia frittatina, oltre ad essere ottima, non mi ha causato alcun disturbo. Ma prego chiunque per sbaglio mi legga, per piacere, di non provare mai la frittatina di punte di vitalba, non vorrei averlo sulla coscienza.
scritto alle 19:00 da CarlaFed :: COMMENTI
Sabato, Agosto 09, 2008
Fico
Agosto mese di frutti, e quale frutto più appetibile e sensuale del fico? Rustico, ma anche singolarmente prezioso, perchè, a differenza di altra frutta che ha conquistato il mercato di vaste zone del mondo, il fico si presta poco a conservazione e trasporto come frutto fresco ed si può consumare soltanto in regioni dal clima caldo e secco, come quello mediterraneo, assetato e dolce come la sua polpa zuccherina. Altrove, si possono gustare soltanto i fichi secchi, che però sono altra cosa.
I fichi della foto qui sopra crescevano in Sicilia, presso Messina, nell'agosto 2002. Per lungo tempo, l'impollinazione del fico era una faccenda complicata, avvolta da una speciue di mistero. Infatti l'albero che produce le dolci infruttescenze (siconi) non possiede fiori maschili, e quindi polline, e dipende da un'altra pianta, il caprifico, per la fecondazione, compiuta per intervento di un insetto, un moscerino in cerca di un luogo idoneo per deporre le uova. Ormai il problema è superato, perchè sono state selezionate le varietà che non necessitano della fecondazione per produrre frutti e la storia del piccolo insetto e del 'doppio' fico è entrata nell'aurea della leggenda. Il fico è un albero rozzo e popolare. Le sue radici si allungano attraverso pietre e travi, capaci di distruggere i muri e penetrare pareti. Le foglie, larghe e spesse, hanno un odore pungente e acre, quasi marcescente. Forse sono state davvero loro a coprire "le vergogne" di Adamo ed Eva? E i suoi rami sono noti per essere fragili, tanto che l'avvertimento di non arrampicarsi mai sui rami di un fico mi ha accompagnato per tutta l'infanzia e l'adolescenza, quando arrampicarsi sugli alberi era uno dei giochi preferiti. I rami del fico, dicevano, hanno poco nerbo e sono capaci di spezzarsi di colpo, senza preavviso e senza inclinarsi nè piegarsi. Ironia della sorte, era proprio un fico l'albero sui cui rami possenti più sovente trascorrevo i pomeriggi a chiacchierare con un'amica, protette da una chioma fittissima che formava una capanna naturale e ci nascondeva agli sguardi indiscreti. Era veramente un albero maestoso e, malgrado il legno, non si poteva spezzare. La seconda foto, a destra, l'ho ricevuta in regalo da una amica (grazie Rossana). Una foglia, come dice lei, "un po' sciupata, come certi jeans che si comprano già rotti, pare alla moda". Ma il fico è alla moda senza saperlo, è un albero naturalmente trasandato, che non si risparmia, e cresce in mezzo a ruderi, vecchi e nuovi, incrostando fra le pietre l'odore putrescente delle sue foglie e il dolcissimo aroma dei suoi frutti.
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Venerdi, Agosto 08, 2008
Angelica
L'angelica è una pianta commestibile che cresce spontanea nei pascoli di mezza montagna. Per lo meno là è dove io l'ho incontrata, verso i 1000 metri slm, alta e imponente con le larghe ombrelle bianche e i singolari piccioli, profondamente scanalati da avvolgere ampiamente lo stelo alla base. Una tale morfologia la rende abbastanza inconfondibile, distinguendola dalla altre ombrellifere, che sono tante e sembrano tutte simili ad occhi inesperti. L'angelica, forte del suo bel nome indice di nobiltà e splendore (deriva addirittura dall'Arcangelo Michele) viene anche coltivata ed utilizzata in pasticceria e per condire insalate e maionesi. Fotografata in Val d'Aveto, vicinanze del lago delle Lame, nell'agosto 2005.
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Giovedi, Agosto 07, 2008
Eufrasia
Cercavo di fare una foto a questa piantina da molto tempo. Non perchè sia rara, anche se comunissima non è, ma sembrava sfuggirmi e confondersi con altre piante della famiglia delle Labiate. L'eufrasia, o erba dei miopi, o meglio erba per gli occhi, per le sue proprietà curative nelle affezioni oftalmiche come la congiuntivite, sembra una labiata, ma non lo è. Appartiene alla famiglia delle Scrufulariacee come la linaria (vedi post del 13 giugno). E' una piccola pianta, 20 o 30 cm al massimo, che si comporta da parassita di altre piante, dalle cui radici succhia il nutrimento. I minuti fiori sono assai graziosi, bianchi con striature viola, con una macchia gialla nel centro del petalo di sotto, trilobato, e un punto viola intenso sul petalo di sopra. Una pennellata sapiente in uno spazio ristretto. La foto non è molto riuscita perchè nello sforzo di far risaltare le complesse sfumature del piccolo fiore, non sono riuscita a tenere a fuoco le foglie, che sono ovali e profondamente dentate, prive di picciolo. Il luogo è il sentiero verso il monte Caucaso da Barbagelata.
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Mercoledi, Agosto 06, 2008
Senecione
Gita al Monte Caucaso, nel comune di Favale di Malvaro, val Fontanabuona. L'ambiente è simile a quello che ho trovato l'altro ieri nel parco dell'Antola. Quando nel mezzo della faggeta si spalanca una radura, nata quasi sempre come conseguenza dello sfruttamento del legname, è coperta di piante di lampone, piene di dolcissimi frutti (vedi venerdì 1 agosto). Oppure di fiori gialli, piccole margherite con i petali sottili e lunghe foglie verde scuro, il senecione di Fuchs (famiglia Composite o Asteracee). Come le altre piante del genere senecio, le piccole margherite gialle si trasformeranno in soffioni con pappi (la lana del soffione) bianchissimi, somiglianti cioè alla chioma canuta di un vecchio (latino senex, da cui senecio). Nell'insieme fa una bella figura, con la sua fitta punteggiatura dorata; ma certo non si tratta di una pianta nobile, se mai di una di quelle dall'aspetto normale, che si guardano con indifferenza. Non è neppure rammentata nei trattatelli erboristici per dilettanti, anche se non per questo devo escludere che abbia qualche proprietà farmacologica. O magari venefica. Sembra quasi una pianta invadente, perchè riempie ogni piccolo spazio vuoto fra alberi e arbusti. Ma invece è semplicemente la sua stagione. Così succede nel bosco, nei tratti brevi o ampi aperti alla luce, in ogni periodo dell'anno c'è un fiore dominante che ricopre tutto con il suo colore. Può durare quindici giorni, un mese, o poco più. Poi cede il passo a un altro, fiore e colore. Tranne d'inverno quando il colore del sottobosco è il bianco, ma per tutt'altro motivo.
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Lunedi, Agosto 04, 2008
Betonica
Una passeggiata in Alta Val Trebbia, località Casa del Romano, verso il monte Antola. Il sole è caldissimo, ma il vento fresco e teso rende il cammino assai piacevole. Nei prati il colore dominante è il viola lilla della betonica, una labiata selvatica molto comune, eppure ormai quasi sconosciuta. In passato aveva fama di erba di grande utilità, da cui il detto popolare ligure, ma forse comune in altre regioni, "avere più virtù dell'erba betonica", detto di cosa, ma anche di persona, preziosa e capace. Pianta officinale e commestibile, oggi non ci sogneremmo proprio di metterci a raccoglierla per l'insalata, ma forse ne varrebbe al pena. Conoscere le erbe selvatiche, e distinguere quelle decisamente benefiche, come appunto la betonica, da quelle più o meno dannose, è una competenza che noi cittadini non possiamo vantare, e comunque diventata assai rara. Anche se l'ho sempre conosciuta, non avevo mai collocato quest'erba con il suo nome e cognome. Oggi sono felice di aver fatto la sua conoscenza e di essermi riempita occhi e polmoni dell'aria soavissima dei prati di mezza montagna d'estate.
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Sabato, Agosto 02, 2008
Sorbo degli auccellatori
Ormai siamo in pieno agosto, il mese dei frutti. Il sorbo degli uccellatori è un bell'albero montano, inconfondibile per le foglie composte e seghettate ai bordi, ma soprattutto quando si copre di frutti rosso arancio, disposti in grossi grappoli penduli. Le sorbe sono, come tutte le bacche di questa specie, gradite agli uccelli e da qui il nome dell'albero, che costituirebbe un punto di riferimento importante per i cacciatori. Ho visto quest'albero su quasi tutti i monti dell'Appennino, fra castagni, faggi e maggiociondoli. Quest'immagine è stata ripresa sulle rive del Lago Santo, presso Pievepelago, Appennino tosco-emiliano, provincia di Modena, un luogo prezioso e magico per chiunque ami la natura.
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Venerdi, Agosto 01, 2008
Lampone
Il lampone è un frutto del sottobosco di montagna. Si trova in abbondanza vicino ai sentieri, sui declivi ai margini degli alberi e nelle radure abbandonate. Similmente al rovo, occupa con irruenza gli spazi lasciati vuoti dalla frettolosa ed effimera antropizzazione. Nei boschi fruttifica con generosità e le sue bacche caramellate sono dolcissime. Questa pianta l'ho fotografata nel bosco, ma ho scoperto che il lampone si adatta bene anche al giardino ombreggiato, magari non troppo vicino al mare dove sentirebbe troppa aria calda e salmastra che non gradisce. I primi frutti sono maturati proprio in questi giorni.
Oggi è Luna nuova: da domani la luna ricomincia a crescere, è tempo di cominciare prepararsi per le colture autunnali.
scritto alle 23:14 da CarlaFed :: COMMENTI
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