Venerdi, Ottobre 31, 2008
Semprevivo
Sulla pietra umida e rugosa, fra muschi grigi e verdastri, il
semprevivo diffonde le sue rosette. Crescono piccole figlie sotto la
corona della pianta madre fino a coprire, lente, ma determinate, rocce,
muri e tetti. Il sempervivum tectorum (dovrebbe essere proprio
quello nella fotografia) deve il suo nome al fatto che un tempo veniva
fatto crescere apposta sui tetti delle case perché il suo sistema
radicale espanso e molto fitto contribuiva alla stabilità delle tegole.
Quanta fantasia in questi espedienti dei tempi andati. Oggi ci
affretteremmo a estirpare qualsiasi cosa vivente cresca sulle preziose
tegole del tetto.
Il semprevivo è una delle poche piante succulente (volgarmente dette
'piante grasse', il nome dotto è invece crassulaceae) spontanee
nel nostro paese. Durante l'estate, sulle rosette allungate come corti
steli crescono mazzolini di fiori stellati rosa. Ora che l'autunno sta
portandosi via tutte le foglie sottili, ci voltiamo a guardare queste
foglie spesse e carnose, persistenti, orlate da goccie di pioggia,
brillanti come perle.
Foto scattata vicino a Borzone, valle Sturla, ottobre 2002.
scritto alle 18:24 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Ottobre 30, 2008
Salice
delle capre
La stagione sta cambiando. Rapidamente. Il vento violentissimo di
questi giorni forse ha già strappato via le timide foglioline che
ancora spuntavano all'apice dei rami di questo alberello di salice.
Albero curioso, all'inizio della primavera si copre di infiorescenze
maschili e femminili morbide e decorative, che precedono le foglie. In
autunno, quando le infiorescenze sono sparite da un bel po', ci sono
ancora questi mazzetti di foglioline verde tenero, con il retro grigio
argenteo e vellutato. Per poco, ormai, sui lunghi rami spogli.
Foto scattata ai Piani di Praglia, circa dieci giorni fa.
scritto alle 22:47 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Ottobre 28, 2008
Alisso
giallo
Ho piantato l'alisso all'inizio della primavera, in piccoli vasetti che
cercavo di proteggere dal freddo. Sono cresciuti e quando li ho
trapiantati hanno cominciato a tappezzare il terreno, come tanti
piccoli cuscini. Ma fiori niente. Dovrebbero fare dei cespuglietti di
fiori giallo oro. Per ora ho visto soltanto qualche timida corolla,
sparsa. Una fioritura tardiva. Ma sono paziente. Se supera l'inverno, a
primavera ne vedremo delle belle.
scritto alle 23:55 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Ottobre 27, 2008
Liriope
muscari
La liriope (famiglia Convallariaceae) è una pianta da ombra e cresce
con dedizione ai piedi degli arbusti di ilex e presso il cespuglio
dell'abelia. Le foglie sono sottili e lanceolate, piccoli nastri verde
brillante, sempreverdi, statiche. L'ho trovata lì, nelle aiuole e non
l'ho amata proprio subito. Credo di averne estirpata qualcuna, nel
dubbio se conservarla o meno. Le pannocchiette di fiori violacei, anche
se non eccezionali, mi hanno convinta a tenerla e ho cercato anche di
farle un po' di posto, strappando parietarie ed euforbie che
naturalmente la circondavano. Infine l'ho vista a una fiera di
giardinaggio, e ho imparato il suo nome. Ora le spighe sono sfiorite e
sono comparse le bacche prima verdi, poi nere, come piccole perle. In
basso, nello sfondo si intravedono le bacche rosse dell'ilex, sfuocate
in contrasto. Le erbacce continueranno a crescerle intorno, ma la
liriope si è ormai guadagnata il suo piccolo posto in giardino.
scritto alle 23:17 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Ottobre 26, 2008
Margherita
o crisantemo
Questa pianticella di margherite rosa veglia il sonno della mia dolce
gattina Mimì, che dorme sotto l'albero di cachi da quando è morta, a
soli 12 anni, il 1 luglio scorso. Quando l'ho piantata per lei era
piena di fiori, ed ora è fiorita di nuovo, fresca e semplice come tutte
le margherite.
L'avevo scelta perché mi piaceva, poco importa che il nome scientifico
(internazionale) delle margherite sia crysanthemum, con il
significato che si porta dietro nella nostra cultura. Invece la parola crysanthemum
vuol dire 'fiore d'oro' e ben si addice al solare bottone delle
margherite. La margherita più comune, quella che sfogliano gli
innamorati, si chiama Chrysanthemum leucanthemum, fiore d'oro
bianco, o con il sinonimo Leucanthemum vulgare, fiore bianco
comune.
Questa margherita rosa è certamente qualche incrocio da giardiniere e
non saprei davvero definirla con certezza. Potrebbe essere una variante
o un ibrido di Chrysanthemum Coccineum , una margherita rossa
da cui si estrae il piretro, il potente insetticida naturale.
Pur non sapendo la specie, mi pare però che debba appartenere al genere
Chrysanthemum a causa dei larghi petali esterni e
delle foglie carnosette. Foglie dello stesso genere di quelle della
margherita comune, che spesso succhiavo da bambina e che mi piace
pensare avrebbe addentato con curiosità e avidità anche la piccola Mimì
sempre alla ricerca di erbette succulente da sgranocchiare quasi più
per gioco che per necessità.
scritto alle 19:58 da CarlaFed :: COMMENTI
Sabato, Ottobre 25, 2008
Cisto
femmina
Il cisto femmina è una specie dai bellissimi fiori bianchi, simili a
quelli giallo oro dell'eliantemo (27 giugno), così come ad altri della
stessa famiglia, le cistacee, piccole piante che crescono sulle rocce e
i pendii sassosi delle nostre colline. La bellezza dei fiori, che in
certe specie sono rosa o rossi, ricorda quella delle rose di macchia,
con cui possono talvolta essere confusi. Il nome della famiglia deriva
dalla forma del frutto, da una parola greca 'cisté' che significa
'capsula'. Ed é proprio la capsula la protagonista di questa
fotografia, ora che dei fiori non è rimasto che il ricordo. Sulla
pianta resta questa pallina poliedrica, che si apre in cinque parti,
liberando minuscoli semi neri.
Il nome scientifico di questo cisto, salvifolius (ma penso
sarebbe meglio chiamarlo nome internazionale, perché è quello che
caratterizza le piante superando le barriere linguistiche) deriva
dall'aspetto delle foglie, ovali, ruvide, verde carico. Ricordano,
infatti, un po' quelle della salvia, persistenti, robuste, anche se
scarsamente aromatiche. Mi incuriosisce il nome comune, cisto femmina,
che non so bene da che cosa abbia origine. Non ci vuole molta fantasia,
probabilmente è semplicemente un omaggio al bianco virgineo dei fiori.
scritto alle 22:54 da CarlaFed :: COMMENTI
Venerdi, Ottobre 24, 2008
Frangola
Questo piccolo albero (frangula alnus, ma si chiama anche rhamnus
frangula) della famiglia delle Ramnacee è davvero molto comune
lungo i sentieri e e nelle radure, in collina e montagna, accanto agli
ontani bianchi (27 settembre) e neri (il nome alnus significa proprio
ontano). Cresce lungo i corsi d'acqua, al bordo dei boschi, negli
angoli luminosi e freschi. Le sue foglie sono lucide e nervate, appena
più chiare e minute di quelle del suo cugino più grande, il ranno
alpino (1 settembre). Gli alberelli di frangola che ho incontrato nella
mia passeggiata di domenica scorsa(19 settembre) ai piani di Praglia
erano quasi tutti già spogli. Tranne questo nella foto, con le foglie
appena intinte nel giallo oro e un bel gruppo di bacche nere. Il che ci
ricorda che è ancora la stessa famiglia dell'alaterno sempreverde (5
ottobre).
scritto alle 22:50 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Ottobre 23, 2008
Cicoria
Non è certo la stagione adatta per raccogliere le foglie di cicoria
selvatica, o radicchio (cichiorium intybus, famiglia composite),
ora che i fusti sono alti e duri, spogli. A primavera, le tenere foglie
basali, disposte a rosa sul piede del fusto in gestazione, sono le
migliori da consumare in insalata. Poi crescono gli steli eretti, alti
e rossicci, con foglie più sottili e slanciate, ma meno appetibili, e i
bei fiori azzurri, dai petali troncati e frastagliati.
Questo fiore, dimenticato e disperso fra l'erba morente, si drizzava
ancora celeste, fra boccioli tardivi e calici vuoti. Lo devo ammettere,
la foto non è perfettamente a fuoco. Eppure mi piace quasi più così,
nella sua imperfezione, un po' fuori stagione e un po' fuori tempo.
scritto alle 23:20 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Ottobre 22, 2008
Santoreggia
montana
Dicono che fiorisce da giugno a settembre, ma io l'ho incontrata spesso
in piena fioritura fino ad ottobre inoltrato come adesso. Fitti
cespugli, sempre profumati, come si conviene alle labiate aromatiche di
cui è una degna rappresentante con timo, salvia, rosmarino, origano,
maggiorana e via dicendo.
Di santoreggia ne ho anche una pianta in giardino, simile nell'aroma,
ma diversa nelle abitudini (vedi 3 maggio). La santoreggia coltivata è
strisciante, con foglie più corte; fiorisce in primavera e i fiori sono
minuti, riuniti in capolini rotondeggianti.
Ma torniamo alla santoreggia montana. Una bella piantina slanciata, ha
foglie lunghe e sottili e fiori campanulati, con doppie labbra. Forma
cespugli rotondi e densi, fra le rocce e ai margini dei sentieri. Nei
tempi antichi quest'erba veniva tenuta in grande considerazione, ma
anche utilizzata con cautela, per le sue virtù afrodisiache. Sarà a
causa del suo aroma, deciso, ma delicato, un carattere spiccato e non
banale, gustoso e stimolante.
scritto alle 22:41 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Ottobre 21, 2008
Menta
Ho cercato nel sottobosco, fra l'erba giallastra e le pietre umide,
qualche fiore dimenticato nella stagione che avanza. A tutta prima non
pensavo di incontrare che foglie secche, e qualche bacca sparsa, rossa
o nera; ma guardando meglio sono rimasta assai sorpresa di quanti fiori
c'erano ancora. Sulla sponda del torrente, la menta acquatica, con le
sue foglie allungate e le infiorescenze rotondeggiandi forma una
macchia di verde intenso punteggiato di rosa pallido. Macchiettata di
bianco, leggermente appassita, il suo profumo intenso, carico e
persistente, contiene toni di muschio e punte di anice dolce. E' il suo
carattere aggressivo che non è gradito ai cultori della medicina
omeopatica, mentre altre medicine naturali di più antica tradizione ne
fanno uso moderato e accorto. Non v'é dubbio che la menta sia
invadente, ma la sua sensuale esuberanza è un incontro gradito nel
bosco spoglio.
scritto alle 23:23 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Ottobre 20, 2008
Croco
Fra l'erba alta ormai ingiallita dei prati dell'entroterra che sa di
montagna, sbocciano come stelle turchine i crochi autunnali. I passanti
dicono: 'guarda, che belli, i bucaneve'. Pochi sanno che questa invece
altro non è se non la pianta dello zafferano. Quella polvere d'oro, che
imbiondisce e insaporisce il risotto, non solo colorata, ma anche
saporita e benefica, perchè contiene crocina, un antiossidante, si
ricava dagli stigmi filiformi di un fiore. Un fiore molto simile al crocus
ligusticus, chiamato per questo zafferano ligure. Certo, lo
zafferano vero, crocus sativus, è un po' diverso, più intensa
la colorazione e più aromatico e denso il gusto. E lo zafferano ligure
è solo una specie di surrogato. Nello zafferano doc gli stigmi rosso
fuoco sono tre chiaramente distinti, mentre altri crochi ne hanno uno
solo, laciniato e piumoso. Tutti quanti i crochi (famiglia iridacee)
hanno poi tre stami gialli ed è questo particolare che li distingue dal
colchico (famiglia liliacee), che é una pianta velenosa detta
volgarmente 'zafferano bastardo'.
Il crocus ligusticus fiorisce in Liguria da metà settembre a
metà novembre. Ho scattato questa fotografia nei pressi dei Piani di
Praglia, verso i laghi del Gorzente, durante una breve passeggiata alla
ricerca degli ultimi fiori. Lo zafferano ligure si incontra facilmente
in questa stagione in tutta la regione. Lo avevo già fotografato nel
settembre 2002 nell'entroterra di Sestri Levante, come si vede qui.
scritto alle 22:54 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Ottobre 19, 2008
Alchechengi
Alla fine ce l'ho fatta. Ecco i lampioncini. Sono cresciuti così tardi
che non credo diventeranno mai gialli o rossi come li aspettavo. Ma
anche così sono deliziosi, piccoli lampioncini verdi con dentro un seme
rotondo, che sarebbe anche commestibile, se fosse maturo. Infatti la
pianta dovrebbe essere quel physalis edulis che produce bacche
gialle, ottime se tuffate nel cacao. Seminati troppo presto e troppo al
freddo, hanno impiegato mesi a germinare e crescere, e parevano
confondersi con altre erbe simili, come la morella (15 ottobre)
infestanti del giardino. Ora sono un fitto cespuglio con ampie foglie a
forma di cuore e i piccoli fiorellini giallo pallido sono diventati
questi lampioncini verdi, sospesi come gioielli imprevisti all'ascella
delle foglie.
E' divertente questa pianta, dal nome arabo. La varietà franchetti
ha palloncini rossi, che sembrano lanterne cinesi e si possono seccare
e conservare per anni. Festoni di alchechengi secchi, dai colori
accesi, ornavano le pareti di legno grezzo delle case di campagna. Un
ornamento a buon mercato, fragile, ma intrinsecamente solido, come
tutte le cose 'vere'. Un ornamento che oggi forse sarebbe di plastica o
di stoffa sintetica, più resistente all'usura, ma infinitamente più
triste e banale.
scritto alle 22:50 da CarlaFed :: COMMENTI
Sabato, Ottobre 18, 2008
Caprifoglio
Ho visto questa pianta nella macchia, fra il lentisco, l'alaterno e la
salsapariglia1. Ha le foglie rossicce, ma
dovrebbe essere la sempreverde lonicera implexa, caprifoglio
della macchie o selvatico. Le foglie superiori sono completamnete unite
(i botanici dicono 'concresciute') alla base e il frutti sono bacche
rosso arancio, senza picciolo (i botanici dicono 'sessili'), adagiate e
avvolte nelle foglie, quasi come uova nel nido. Sarei sorpresa si
trattasse invece di lonicera caprifolium, il caprifoglio
propriamente detto, che assomiglia molto al precedente, ma ha foglie
caduche. Le due specie, tanto per non smentirsi mai, sono molto simili
e spesso confuse. Ma nella macchia mediterranea mi aspetto di trovare
una pianta tipica della macchia mediterranea, cioè lonicera implexa,
e poi anche le foglie delle piante sempreverdi a volte possono
diventare rossicce.
I caprifogli hanno tutti fiori bellissimi, lunghi cilindri bilabiati, e
soprattutto profumati, un profumo dolce e un po' sensuale, stucchevole.
D'autunno però ci restano solo le bacche, coloratissime, ma velenose.
1 piante che ho già
mostrato nei giorni scorsi, come trovate nell'indice
scritto alle 23:10 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Ottobre 16, 2008
Sorbo
selvatico o ciavardello
Quest'albero dal nome curioso si incontra nei boschetti di mezza
montagna. Quest'esemplare cresceva (ottobre 2002) proprio sulla sommità
della Rocca dell'Adelasia, nell'entrotera di Savona, un bel punto
panoramico da cui si contempla l'imponente e placida cerchia delle Alpi
dominata dal Monviso. Tutt'intorno circondano la rocca splendidi boschi
di castagni e faggi.
Il sorbus torminalis è uno dei primi alberi che tinge il bosco
di rosso. Appartiene al genere sorbus, come il sorbo domestico (sorbus
domestica), il sorbo montano (sorbus aria, 8 settembre) e il
sorbo degli uccellatori (sorbus aucuparia, 2 agosto). Tutti
questi alberi, assai comuni nei nostri boschi, si assomigliano non
tanto per la forma delle foglie, che sono al contrario di fogge assai
diverse, composte e sottili, lisce o dentellate, oppure ovali ed ampie,
o profondamente lobate, come quelle del ciavardello; piuttosto sono
simili nella caratteristica dei frutti, bacche che crescono a grappoli,
commestibili, ma solo a maturazione avanzata, anche se certo non
prelibate. Cibo per poveri e uccelli. Bacche medicinali. Le sorbe del
ciavardello venivano impiegate per curare le coliche e la dissenteria,
e dal latino tormina, che significa colica, deriverebbe il nome
scientifico della pianta.
scritto alle 21:52 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Ottobre 15, 2008
Morella
Quest'erbetta selvatica, cespugliosa ed eretta fino a mezzo metro,
cresce abbondante nel mio giardino e per un certo tempo mi ha anche
tratto in inganno per la sua somiglianza con l'alchechengi, la pianta
delle lanterne cinesi (forse ne parlerò fra qualche giorno ...).
Il mio errore ha delle attenuanti, sono della stessa famiglia, le
solanacee, una famiglia che comprende molte piante importanti,
alimentari (pomodoro, patata, melanzana), medicinali (la belladonna con
la sua atropina), più o meno velenose, e anche droghe, più o meno
pesanti, come il tabacco e lo stramonio (vedi datura, 20 luglio).
L'erba morella, o morella comune, è soltanto un po' velenosa, perché
contiene quella solanina presente anche nelle melanzane (17 luglio). Il
genere solanum è proprio lo stesso della melanzana e della
patata (solanum tuberosum). Le bacche hanno l'aspetto di
melanzane in miniatura, ma il colore è diverso, verde e poi nero alla
maturazione. Se le schiacciate, lasciano una densa macchia. Di tubero
invece non reca traccia; la presenza del tubero è una particolarità
della patata, come indica appunto il suo nome.
La morella non si può mangiare, neppure cotta, non ha proprietà
medicinali, e non serve neppure ad alimentare qualche cattiva
abitudine. No, la morella è proprio solo un'erbetta infestante,
resistente e cocciuta. L'aspetto è selvatico e spavaldo, ammirevoli le
forme, se osservate da vicino. Come la sua stretta parente, la
dulcamara, che le assomiglia in tutto e per tutto, ma è rampicante ed
ha mirabili fiorellini viola pallido.
scritto alle 22:59 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Ottobre 14, 2008
Terebinto
Devo tornare nella macchia prima che il terebinto perda le foglie.
Mentre mirti e oleacee, i corbezzoli, gli alaterni e i ginepri
rimarranno verdi per tutto l'inverno, e così anche il lentisco, che del
terebinto è stretto parente (non solo della stessa famiglia,
anacardiaceae, ma addirittura dello stesso genere, pistacia),
le foglie di questo alberello, lucide, ovali con il margine liscio e le
nervature marcate, si stanno già colorando di rossiccio. Non è una
stranezza. Il suo parente più celebre pistacia vera, il
pistacchio dai semi commestibili, quello del gelato, è ugualmente
deciduo. Sui corti rametti, fitte eppure sparse, quasi smarrite,
rimangono ad annerire le bacche rosse.
Questa foto, e quella che si trova sulla destra in questa pagina sono state
scattate sul monte Treggin, entroterra di Sestri Levante, ottobre 2002.
le altre piante della macchia che ho citato, si
possono cercare nell'indice
scritto alle 23:20 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Ottobre 13, 2008
Rucola
Appartiene alla famiglia delle crucifere, la famiglia dei cavoli e
delle rape, anche detta delle brassicacee. Ma crucifere si ricorda
meglio, guardando questi fiorelini bianchi fatti a croce. Le foglie
hanno forma e disposizione variabile; quelle basali, a rosetta, sono
profondamente lobate, mentre quelle lungo lo stelo sono ovali e più
sottili. Se la forma può essere diversificata, il sapore è
inconfondibile, acuto, aromatico, piccante.
La rucola, rughetta come la chiamano i romani che la apprezzano molto,
è un'erba molto veloce. Il seme germoglia nello spazio di qualche
giorno e, quando l'estate è più calda, è difficile da tenere a bada. Si
copre subito di troppi fiori che sbocciano su steli lunghi, quasi senza
foglie. Per gustarla in insalata occorre riseminarla in continuazione.
Con le pioggie di settembre e il sole fresco di questi giorni, le
piante sono tutte ringalluzzite. esuberanti nel loro verde carnoso.
Un'ottima stagione per fiori e foglie.
scritto alle 23:30 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Ottobre 12, 2008
Borragine
In queste belle giornate di caldo ottobre, ci sono
ancora fiori dappertutto. Molte piante hanno una doppia fioritura, in
primavera e poi alla fine dell'estate fino all'autunno. I giardinieri
le chiamano rifiorenti ed le hanno accuratamente selezionate perché
sanno quanto siano gradite. Però anche le piante selvatiche
spontaneamente rifioriscono e alcune fioriscono per tutta la stagione.
La storia di queste pianticelle di borragine, fiorite ora come lo erano
a giugno, è davvero significativa.
La borragine è un'erba semplice, che cresce con grande facilità
dappertutto, coprendosi di deliziosi fiorellini blu e rosa. Le sue
foglie ruvide e pelose, quasi pungenti, sono dolci e saporite e si
possono consumare in insalata o leggermente lessate. In Liguria si
utilizzano nel ripieno dei ravioli.
L'ho seminata due volte e per due volte la crescita é stata esuberante.
Tuttavia in breve tempo le foglie hanno cominciato a macchiarsi di
bianco, segno inequivocabile di un attacco di parassiti, impossibile da
combattere su una pianta di cui si consumano le foglie. Quindi molto a
malincuore ho raccolto la parte migliore e estirpato tutto. Quando il
problema si è presentato per la seconda volta, ho pensato che quella
piccola aiuola dove l'avevo confinata non le aveva portato fortuna e
che certo era meglio che la seminassi altrove. Ma i fiori di giugno
avevano rinseminato il terreno e poco dopo hanno cominciato a crescere
nuove piantine floride e verdissime, che fino ad oggi sono
perfettamente sane. E si sono riempite nuovamente di fiori. Non è la
prima volta che mi succede. Sembra quasi che quando una pianta prende
la decisione di crescere, sa quello che sta facendo.
scritto alle 19:28 da CarlaFed :: COMMENTI
Sabato, Ottobre 11, 2008
Fagiolo
Il fagiolo è un grande alimento di cui, come per il pomodoro e la
patata, dobbiamo ringraziare il continente americano. I fagioli
coltivati in questa zona della Liguria (entroterra genovese) sono quasi
esclusivamente di tre tipi: il fagiolino verde, che si mangia tutto,
con cui si prepara un classico della cucina genovese, il polpettone di
patate e fagiolini (per la ricetta consultate questa pagina), il fagiolo tipo
borlotto, che in genovese si chiama lûmê, e il cosidetto 'bianco di
Spagna', che da queste parti si chiama fagiolana. Le piante sono
identiche, crescono veloci come nella fiaba, avvinghiandosi ai sostegni
con gli steli sottili. Le larghe foglie si appicicano ai vestiti, e i
fiori sono bianchi, talvolta pallidamente rosa, a forma di farfalla,
come si addice alle papilionacee, disposti a grappoli.
I fagioli lûmê sono quasi pronti, i semi riempiono i bacelli rossi
variegati, lucidi e brillanti. Io però preferisco aspettare che si
incartapecoriscano perchè farli seccare sulla pianta è il modo migliore
di conservarli.
scritto alle 20:19 da CarlaFed :: COMMENTI
Venerdi, Ottobre 10, 2008
Corbezzolo
Sono molti i corbezzoli nella macchia che costeggia la strada di casa.
Per tutto l'anno il loro verde, intenso, spesso e morbido, si mescola a
quello del resto del bosco, non risalta, non si fa notare. Ma a
ottobre, quasi all'improvviso si stagliano, macchie di rosso arancio
punteggiate di bianco. Sì perché il corbezzolo (arbutus unedo)
porta fiori e frutti quasi contemporaneamente sullo stesso ramo. I
fiori, grappoli di palloncini merlettati, minuscoli e bianchi. Il
frutto, definito commestibile, ma di sapore non eccezionale, é un
piccolo sfizio da permettersi durante una breve passeggiata. Anche se
l'aspetto potrebbe trarre in inganno, non è niente di simile alle
dolcissime more del gelso. Il corbezzolo è un'ericacea, arbusto di
brughiera che prospera in terreni acidi, poveri di calcare. E di
brughiera ha sapore il frutto, spugnoso, verrucoso, coloratissimo.
Fotografato sul monte Treggin, alle spalle di Sestri Levante, ottobre
2002
Si trova invece qui una foto ravvicinata del
frutto maturo.
scritto alle 22:40 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Ottobre 09, 2008
Ancora
castagno, i ricci quasi biondi
Ancora castagno, ho già detto più volte di quest'albero, ma ancora non
mi stanco di parlarne. I ricci sono quasi biondi, le larghe foglie
ancora verdi, le macchie d'oro si allargano in attesa del frutto.
Su quest'albero vorrei poter scrivere come Herman Hesse nell'incipit di
Narciso e Boccadoro, dove descriveva un castagno cresciuto, quasi per
caso e per fortuna, alle porte di un convento in un paese del nord dove
i castagni di solito non crescono. Strano destino per il grande vecchio
dei nostri boschi essere per una volta lui la specie esotica,
disadattata, e ancor più affascinante, fiorente e prodiga in terra
straniera. Per una volta il castagno, il nostro albero-casa, come una
specie di banano, di mango, di avocado. Una ricercata curiosità.
Ho visto piccoli alberi di castagno in Cina, al margine dei boschi di
bambù (li ho riconosciuti dalle foglie, ma non sono sicura che fossero castanea
sativa). In un luogo così poco familiare, è stato come imbattersi
in un vecchio amico che proprio non pensavamo di poter incontrare.
scritto alle 23:36 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Ottobre 08, 2008
Querce
a Lucca
Ho ancora pochi giorni di tempo per celebrare i grandi alberi, prima
che l'autunno li spogli. Ancora per poco tempo avrò luce alla sera
quando rincaso perché fra alcuni brevissimi giorni torneremo alla
cosidetta ora solare e le giornate si faranno di colpo cortissime.
L'autunno quest'anno ha cavalcato in fretta. Ma gli alberi sono ancora
verdi, come il mio nocciolo in giardino, il suo tempo non è ancora
venuto.
Queste sono le querce che crescono sulle mura urbane di Lucca,
fotografate circa un mese fa.
Quanta confusione fra la farnia (quercus robur) e la rovere (quercus
petraea). Le due specie si confondono molto, anche per problemi di
nomenclatura. Il latino robur viene abitualmente tradotto come
'rovere', ma questa parola è poi stata usata per identificare la
farnia. La quale a sua volta dovrebbe il suo nome volgare ad una
presunta somiglianza con il frassino, albero sacro, con il quale però
non ha proprio niente a che vedere.
A giudicare dalle foglie, le querce di Lucca dovrebbero essere roveri,
perchè la farnia ha foglie quasi prive di piccioli e attaccate al rami
con due piccoli lobi a orecchietta; e poi la farnia ha ghiande portate
da un lungo peduncolo, mentre il rovere ha fiori e frutti senza
picciolo, tant'è che è chiamata anche quercus sessiliflora,
quercia dai fiori sessili.
Ho osservato le foglie, allungate alla base e senza "orecchiette", e le
ghiande, a grappolini senza picciolo, e mi sono un po', ma non del
tutto, rappacificata con la complicata nomenclatura della querce.
Farnie o roveri che siano, maestosa e nobile è la processione di questi
alberi potenti in cima alle mura. La loro ombra è ampia, il loro verde
tenero e intenso. La signora, la madre, la dea. La quercia.
scritto alle 23:11 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Ottobre 07, 2008
Ilatro
o fillirea
Eccola la fillirea, anche chiamata ilatro sottile, ma phyllyrea
angustifolia è il suo nome scientifico. Qui è nella sua veste,
diciamo, autunnale; non ha fiori nè bacche, solo le foglie, ovali,
spesse, opposte (il che la distingue dall'alaterno, come scrivevo
ieri), più sottili di quelle della phyllyrea latifolia, o
ilatro comune, sua stretta parente. Foglie che ricordano quelle
dell'olivo (22 settembre), tanto che un altro nome della pianta è
olivastro e con l'olivo appartiene alla famiglia della Oleaceae. E'
essenza della macchia mediterranea e come i suoi simili ha tutta la
ruvida resistenza al sole, vento e salsedine necessaria per prosperare
in questo clima. La sua dura scorza la rende una pianta di poche
pretese, tuttavia molto decorativa, e consigliata per il giardino
mediterraneo anche da giardinieri raffinati(1).
Il suo nome dovrebbe derivare da quello della ninfa Fillira, madre del
centauro Chirone, medico ed erborista, che a sua volta ha dato il nome
a tante 'centauree' (2 luglio e 11 agosto). Come e perchè una così
soave ninfa possa avere generato una creatura così stramba come un
centauro, mezzo uomo e mezzo cavallo, non si sa per certo. Pare però ci
fosse di mezzo Crono, padre anche di Zeus, che per godere delle sue
grazie aveva preso le sembianze di un cavallo. Alla fine, la costernata
madre fu trasformata in una pianta, che i più pensano sia il tiglio (14
giugno), ma potrebbe essere anche l'ilatro, dando ragione del nome.
(1)come la signora Isabella Casali di
Monticelli, autrice del libro ' Nel giardino si incontrano gli dei'
Sperling & Kupfer, 2005, nel capitolo "La macchia mediterranea",
pag. 121
scritto alle 22:45 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Ottobre 05, 2008
Alaterno
L'alaterno è un altro dei grandi protagonisti della macchia
mediterranea. Della famiglia della Ramnacee, come il ranno alpino (vedi
1 settembre), ha poco in comune con quest'ultimo, se non le bacche,
verdi, poi rosse ed infine nere. Piuttosto assomiglia ad altri arbusti
sempreverdi della macchia, come l'ilatro comune (philirrea latifolia),
che è però un olivastro della Oleacee.
Le piante incontrate sul ciglio della strada, come questa, sono sempre
a loro modo diverse da quelle incontrate nella pagine dei libri,
oppure, ormai sempre più frequentemente, nelle necessarie ricerche di
controllo sulla rete. Ecco, le piante sul margine della strada, come
questa, hanno le foglie impolverate e qualche macchietta nera,
parassita o catrame, alla base dei piccioli. Le piante sul margine
della strada come questa hanno foglie stropicciate, interrotte,
ricamate con brandelli di ragnatele. E poi si intrecciano con una
miriade di altre piante, come nella seconda fotografia, in alto a
destra si intravede un asparago (asparagus acutifolius, vedi 20
agosto), con le sue piccole bacche verdi. I rami si attorcigliano e le
foglie si sovrappongono le une alle altre. Fa parte del divertimento
scoprire a che pianta appartiene un fiore e una foglia nel fitto di un
intrico vegetale. Ma è un vero rompicapo per il fotografo.
Tutto questo discorso serve anche per chiedere venia, a me stessa
soprattutto e ai miei tre o quattro lettori, per tutti gli errori,
omissioni e imprecisioni che scrivo in queste pagine. Talvolta impiego
molto tempo a scoprire l'identità di una pianta che mi interessa,
talvolta la riconosco subito da una fotografia conosciuta, ma magari
subito dopo vengo assalita da dubbi e incertezze e sono pronta a
smentire tutte le affermazioni precedenti. Strano mondo davvero quello
delle piante, dove due foglie quasi identiche appartengono a individui
assai differenti e viceversa creature apparentemente estranee sono
semiparenti. Quante piaticelle si rassomigliano, come gocce d'acqua, e
invece celano minuscole differenze che le rendono assolutamente uniche,
come gemelli diversi. Oggi ho imparato, su un testo (1)
di cui mi fido molto, che l'alaterno ha foglie alterne, il che lo
distingue dall'ilatro che ha foglie opposte. Dormirò più tranquilla,
forse oggi non ho sbagliato.
(1)Schonfelder, Ingrid e Peter - La flora
mediterranea - Istituto Geografico de Agostini, 1990
scritto alle 23:01 da CarlaFed :: COMMENTI
Sabato, Ottobre 04, 2008
Topinambur
E' la margherita gialla degli orti piemontesi, ma anche qui, nella
Liguria lontana dalle onde, è frequentissimo sui bordi delle fasce,
fiori autunnali e tuberi d'inverno. E' molto slanciato ed esile, con
lunghe foglie. Pur non essendo molto appariscente, viene utilizzato
anche per bordure decorative, più nei campi che nei giardini.
Appartiene allo stesso genere del girasole, che si chiama helianthus
annuus, ma il suo aspetto è un po' diverso, con fiori più piccoli.
Le due piante poi vengono utilizzate in modi differenti e del
topinambur si consumano soltanto i tuberi. Confesso che non li ho mai
assaggiati. Si cuociono come le patate, di cui si dice possano
rappresentare una degna alternativa; anche se alla fine la patata ha
avuto la meglio, e qualche ragione ci sarà. Dicono anche che abbia un
vago sapore di carciofo, il che giustificherebbe il nome inglese
"Jerusalem artichoke", carciofo di Gerusalemme.
Fotografato a Bavari, ottobre 2008
scritto alle 21:54 da CarlaFed :: COMMENTI
Venerdi, Ottobre 03, 2008
Vite
americana
La vite americana, cioè il parthenocissus nelle sue varie
specie (americana, o tricuspidata, o più specificatamente
canadese, o quinquefolia e tante altre ancora) é una pianta
liquida. Prende la forma del contenitore. O meglio, è una pianta
gassosa, perché del tutore assume anche la dimensione, e si espande
fino a riempire ogni spazio consentito, inarrestabile, multiforme,
imprevedibile. Qui a destra si vede come riesce a ricoprire interamente
un palo della luce.
Ho una vite americana (parthenocissus tricuspidata) che cresce
sul muro della fascia. Alla fine della primavera cresceva morbida e
graziosa, nel verde più tenero. Aveva cominciato ad arrotolarsi
graziosamente sul palo di un lampioncino del giardino. Il primo anno
l'ho lasciata fare, mi deliziavo alla sua grazia e semplicità. Però
dopo un mese aveva ricoperto il piccolo lampione di uno strato di
foglie così spesso che non solo oscurava la fioca luce della lampadina,
ma rischiava persino di compromettere la stabilità del palo. Ho dovuto
reciderla senza pietà e mai più mai più consentirle di spingersi così
tanto avanti.
Ma la vera seduzione della vite americana sono i suoi colori autunnali,
tutte le sfumatura del rosso. Ed è proprio in autunno che si fa a
notare, con macchie di sfumature indescrivibili. Questa vite americana
cresceva su un muro nelle vicinanze di Finalborgo, ottobre 2005, rosso
fuoco più del tramonto quando è stata fotografata.
Ho riempito libri e quaderni di foglie rosse, rosa e arancio, di parthenocissus.
Disidratate con cura i colori si conservano immutati per decine di anni.
scritto alle 23:02 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Ottobre 02, 2008
Robbia
selvatica
rubia peregrina>
Ecco un'altra "sopravvissuta" dell'antica macchia subtropicale che
ricopriva i declivi di tutto il bacino del Mediterraneo. La robbia
selvatica è presente tuttavia in tutta l'Europa, fino a nord, verso
l'Irlanda. E' una rubiacea, con fusto quadrangolare, incollaticcio.
Come il fusto, così le foglie hanno margini e nervatura centrale orlate
di minuscoli aculei uncinati, piccole spine che rendono la pianta
adesiva e le hanno guadagnato il nome popolare di 'attaccaveste'. Anche
se ha foglie persistenti, non è certo questo il periodo del suo massimo
splendore. Molto meglio quando è coperta di fiorellini bianchi,
raggruppati in fitte infiorescenze. Ora anche le bacche, verdoline e
nere, disposte in grappoli disordinati, sono mature e comunque
cominciano a cadere. Ma la pianta continua ad allungarsi, appiccicata a
qualsiasi appiglio ha trovato sul suo cammino, sporge le foglie
adunche, di un verde un poco spento. E' divertente toccarla, ma
difficilmente abbandona la presa.
Ho fotografato questa pianta sul bordo della strada verso Bavari,
qualche giorno fa (fine settembre 2008) e ho qualche incertezza sulla
sua identità, perchè il galium aparine, un'altra rubiacea, ha
caratteristiche molto simili e viene parimenti detto 'attaccaveste'.
Cercherò di approfondire le differenze, ma per questa sera mi sa che
vivrò nel dubbio.
(dubbio risolto dopo qualche giorno, tranquilla, è rubia peregrina)
scritto alle 22:37 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Ottobre 01, 2008
Salsapariglia
Erba mediterranea per eccellenza, è considerata, insieme a un gruppetto
di altre irriducibili, uno dei residui più autentici dell'antica
macchia sempreverde subtropicale, quella che un tempo era dominata dai
lecci. Rampicante e spinosa, venne detta volgarmente anche
stracciabraghe. Le foglie sono a forma di cuore, ma cosparse, al pari
dei fusti segmentati e zigzaganti, di spine adunche. Ha graziosissimi
fiori bianchi, a gruppi compatti, che presto si tramutano in grappoli
di bacche colorate, verdi e gialle, poi rosse e infine nere. Si
abbarbica facilmente a piante e sostegni grazie a robusti viticci (vedi
qui sotto).
Conosciuta come erba dei puffi, la salsapariglia già portava questo
nome bizzarro, si dice di origine spagnola, molto prima che un
disegnatore di fumetti, per giunta belga, e quindi per niente
mediterraneo, inventasse i nanetti azzurri. In effetti salsapariglia è
la traduzione italiana e non so davvero quale erba avesse in mente il
creatore dei puffi. Una leccornia per i nanetti, in realtà le bacche
pur essendo commestibili e non tossiche, non sono particolarmente
appetibili per noi umani, ma gradite agli uccellini.
Si avvicina la stagione in cui erbe come la salsapariglia si apprezzano
ancora di più, per le lucide foglie coriacee e il loro verde
persistente. Le piante sempreverdi si fidano dell'inverno, perché
sanno, o certo sperano, che il freddo non sarà mai troppo rigido. Ma
sono le piante decidue quelle più forti, che sanno difendersi dal
freddo vero, cambiare pelle e risorgere ogni anno nuovo a nuova vita.
scritto alle 23:31 da CarlaFed :: COMMENTI
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