Martedi, Settembre 30, 2008
Graminacee da giardino
Le graminacee (per gli esperti Poaceae) sono una vasta famiglia di piante monocotiledoni e quelle commestibili sono gli alimenti vegetali più importanti per la razza umana. Difficile immaginare la sopravvivenza degli uomini senza grano, riso, mais, avena, orzo e farro, per menzionare solo i più importanti. Come piante da giardino però le graminacee non sono altrettanto rinomate. Gli esperti le consigliano a chi ha molto spazio e una certa esperienza di composizioni floreali. Le graminacee non hanno fiori dai larghi petali sgargianti e fragranze soavi. Neppure infiorescenze ricercate per forma e colore. Solo steli slanciati e filiformi, morbidi piumini, sottili spighe gialle, o a volte rosa, lambite dalla brezza e scompigliate dal vento. Questo cespuglio di cortaderia selloana fa bella mostra nel giardino del mio vicino. Non è poi così facile mantenerlo sempre a posto e ben pettinato come in questa fotografia. Io lo trovo assai attraente, non solo per l'aspetto generale, ma soprattutto per la flessuosità e la grazia del portamento. L'erba è di origine sudamericana, anche detta "erba delle pampas", ma si è ben adattata nel nostro emisfero ed è piuttosto comune nei giardini di campagna, collocata magari abbastanza a caso, fra un muro di pietra e un gruppetto di olivi. E' un ornamento in armonia con il paesaggio rurale, esuberante e modesta, chiara e rigogliosa per quasi tutto l'anno.
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Lunedi, Settembre 29, 2008
Callistemon
Il callistemon è un grazioso albero di origine australiana i cui fiori hanno una forma singolare che ricorda le spazzole per bottiglie. Questi fiori non hanno petali, ma sono gli stami, color rosso acceso, vagamente cangianti, che si sporgono come setole a raggiera, creando appunto la forma di scovolino. La fioritura prosegue fino ad autunno inoltrato. La fotografia è stata scattata ieri, a Bavari (Genova), in un giardino a bordo strada. A volte l'incontro con una pianta avviene in modo strano e imprevisto. Io ho conosciuto questo alberello sulla Coronado beach (spiaggia del Coronado) a San Diego in California, nel 2001. Pensavo di non averlo mai visto prima. Più probabilmente non l'avevo mai notato. O forse a quel tempo non era ancora così di moda dalle nostre parti, non quanto adesso che lo si incontra molto frequentemente sia nei giardini che nelle aiuole urbane, specialmente vicino al mare. Così il "bottle brush" è rimasto nella mia immaginazione come una pianta vagamente esotica, il che certamente è, dato che viene da così lontano, e ancora non mi rassegno a pensarla come un'altra 'banale' pianta di importazione, che si adatta persino (certo a malincuore) a vivere in appartamento.
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Domenica, Settembre 28, 2008
Inula
Pianta della famiglia delle Asteracee (Composite, la famiglia di margherite e fiordalisi), è diffusissima nella regione mediterranea dove cresce sui bordi delle strade e nei prati abbandonati. Vive quasi in incognito, un'erbaccia qualsiasi, per gran parte dell'anno, fino più o meno alla fine di agosto. Allora, quando i boccioli si aprono, è davvero difficile non notarla perchè i suoi fiori gialli, smaglianti e intensi, non hanno niente da invidiare a quelli di altre margherite gialle più nobili. Dicono di lei: "pianta intensamente aromatica, glandoloso-appicicosa", oppure "pianta dall'odore repellente, untuosa e appicicaticcia", e ancora "coperta di ghiandole estremamente appicicose e con un odore simile alla resina". In Liguria, queste piante vengono dette nasche, un nome che è sinonimo di pianta scaccia insetti, a ricordare il fatto che venivano usate per allontanare le mosche. Dato che sono così comuni nei campi abbandonati e negletti, c'è un vecchio modo di dire ligure "u nu ghe cresce manco e nasche", non ci crescono neanche le nasche, per indicare luogo, ma anche persona, arido e sterile, dove è impossibile germogli alcunchè.
Ho raccolto le inule fiorite in questi giorni e le conservo pressate dentro un libro. Trovo l'odore più aromatico che repellente. Le foglie sono ruvide e resistenti, gli steli robusti. E' vero, poiché crescono sui bordi delle carreggiate e nei declini inariditi, le inule, come la parietaria e la nepetella, e tante altre umili erbe ed erbacce, sono spesso coperte di polvere e catrame, grigie e secche, troppo alte e raspose, prive di forma e di morbidezza. Ma quelle margherite gialle, brillanti soli che sbocciano a grappoli all'inizio dell'autunno, sono il loro riscatto, l'abito fatato della notte di Cenerentola, che le trasforma nelle piante più sgragianti e appariscenti nei prati di ottobre.
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Venerdi, Settembre 26, 2008
Un grande castagno
Val Brevenna, settembre 2004
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Giovedi, Settembre 25, 2008
Arancio
Lontano dal sole ardente della Sicilia, gli agrumi prosperano in Liguria più come specie ornamentali che come alberi da frutto. Ma dove il clima è addolcito dall'aria di mare, fioriscono i limoni, orgoglio del coltivatore e gioia del passante. L'arancio è insieme più umile e più ricercato. La sua bellissima chioma, verde splendente, è sempre elegante e ordinata, come appena uscita dal salotto del parrucchiere, anche se può spogliarsi di colpo sotto la sferza di venti troppo forti. I fiori, piccoli e grassocci, immacolati e profumatissimi, scompaiono fra quelle foglie invadenti ed è una sorpresa scoprire che sono diventati frutti. Il cammino della maturazione è lento. Sembra che siano destinati a rimanere per sempre acerbi, perfino nell'assolata Sicilia. E quando la maturazione bene o male arriva al termine (a volte a primavera inoltrata), il gusto di questi aranci di giardino urbano non sempre assomiglia a quello del frutto più famoso del mondo. Anche sui viali di Siviglia, in Andalusia, crescono rigogliosi aranci con frutti d'oro quasi immangiabili. E chissà che sapore hanno i frutti dell'arancio portato da San Domenico a Roma nel 1200 e che, secondo la leggenda, vive ancora in un convento sull'Aventino. Bello, comunque sempre quest'arancio, fotografato a Genova nel quartiere di Albaro, ottobre 2003.
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Mercoledi, Settembre 24, 2008
Nepetella
La calaminta, nepetella, o mentuccia, come viene chiamata in tutt'Italia tranne che a Roma, è una pianticella ruspante , della stessa famiglia delle altre mente, cioè le Labiate. Dalle mente (peperita, rotundifolia, acquatica, pulegia, che è la cosidetta mentuccia romana, e chi più ne ha più ne metta) si differenzia perchè ha le foglie più piccole e meno odorose e i fiori più grandi. Le mente propriamente dette portano infiorescenze rotondeggianti con i fiori ravvicinati, mentre la mentuccia, o meglio nepetella, sfoggia fiori rosa più o meno carico, sparsi qua e là all'ascella delle foglie, con la caratteristica forma a bocca, tipica delle Labiate. Naturalmente anche le altre mente hanno fiori fatti come una bocca, ma così minuti che la forma è quasi indistinguibile. Tutte queste piante (mente e calaminte) germogliano da radici perenni che corrono raso terra e si allungano in tutte le direzioni. Le calaminte hanno un profumo meno intenso, più discreto e selvatico, ma non per questo meno prezioso. Fioriscono a profusione alla fine dell'estate e continuano così per tutto l'autunno.
Calamintha nepeta (sopra, fotografata su un muro presso il castello di Calice al Cornoviglio, agosto 2008) è più magra e slanciata, con foglie rade, distanti, e fiori rosa pallido. Calamintha sylvatica (a destra, fotografata in un prato presso il paese di Noci, ottobre 2007) ha foglie più carnose e pelosette e fiori più scuri. Tuttavia la forma e l'aspetto di questa pianta, come di molte altre specie selvatiche, dipende anche dall'habitat e può cambiare moltissimo in base all'umidità del terreno e all'esposizione alla luce.
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Martedi, Settembre 23, 2008
Lentisco
Quest'anno, come già dicevo, l'autunno è arrivato in fretta, anzi puntuale, insieme all'equinozio. L'autunno è la stagione delle bacche. Arancioni, rossastre, viola, e infine nere. L'ilex (29 aprile) si è riempito di bacche rosse e la piracanta (18 maggio) è tutta un'esplosione di arancio. Le bacche di questa fotografia però appartengono in realtà a un'altra stagione e a un altro posto, fotografate nella riserva di Marinello ai piedi del promontorio di Tindari, provincia di Messina, nell'agosto 2002. Qui da noi in Liguria le bacche di lentisco si stanno colorando proprio in questi giorni di rossiccio. A maturazione, all'inizio dell'inverno, saranno nere. Il lentisco è un simpatico cespuglio, odoroso e resinoso, con foglie persistenti, composte paripennate, fatte di foglioline luminose e appuntite. Comunissimo sulle colline vicino al mare, é un arbusto della famiglia del pistacchio, cioè delle anacardiacee. A questa famiglia appartengono molti generi di piante con bacche o noci più o meno commestibili, e le bacche di lentisco non fanno eccezione, anche se io non le ho mai assaggiate e non credo che abbiano alcun valore alimentare. Tutta la pianta è ricca di resina da cui si ricava un mastice adesivo e gomma da masticare.
ancora lentisco siciliano cardo e lentisco lentisco, in Liguria, con il terebinto, di cui parlerò un'altro giorno.
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Lunedi, Settembre 22, 2008
Olivo
... Piccole olive crescono ... In Puglia la raccolta delle olive comincia proprio in questo periodo e va avanti naturalmente fino a dicembre. Anche in Sicilia le olive devono essere quasi pronte, dato che all'inizio di agosto avevano già queste dimensioni. In Liguria le olive si raccolgono fra novembre e dicembre e forse per quella data saranno pronte anche le olive del mio alberello. Una manciata, non abbastanza per fare l'olio, ma magari per un vasetto di salamoia. Le tengo sotto controllo. L'olivo è l'albero più mediterraneo di tutti. Le foglie sono pulite e argentate, i frutti preziosi e lucidi. E' piccolo, ma resistente e longevo, anche se teme le gelate. In questa pagina trovate un olivo calabrese ultracentenario.
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Domenica, Settembre 21, 2008
Nocciolo
Le nocciole sono ormai tutte cadute. Alcune sono rimaste nella terra, già pronte per germogliare fra la primavera e l'estate. La maggior parte le abbiamo raccolte, assaggiate un po' e poi messe da parte per tostarle, romperle, sminuzzarle, grattuggiarle, frullarle per tutti gli usi. Compatibilmente con i tempi moderni, che poco concedono ai lavori antichi. Nel frattempo il nocciolo prepara i fiori maschili, oggi piccoli pendagli verdi che fanno capolino fra le foglie, un po' puntinate, ma ancora salde, anche se per poco. Questi piccoli arditi fiori (amenti) diventeranno giallo oro e saranno l'ultimo, straordinario ornamento dell'albero spoglio. Il nocciolo è un albero magico, minuto e ombroso, pendulo e morbido, utile in ogni sua parte. Dal frutto sfizioso e nutriente, al legno, luminoso, flessibile, resistente e leggero, fino alle foglie usate nei tempi antichi per imbottire i materassi. Oggi è il primo giorno d'autunno e penso al nocciolo per celebrarlo. Non amo l'autunno, ogni anno mi coglie alla sprovvista e mi comunica inquietudine e malinconia. Non così il nocciolo, un grande albero nonostante le modeste dimensioni, che amo moltissimo per la sua dolcezza. E che dovrebbe insegnarmi a sentire e non soffrire l'avvicendarsi delle stagioni.
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Sabato, Settembre 20, 2008
Palma nana
La palma nana, chamaerops humilis, è forse la pianta più comune per le strade e nei giardini urbani. Tanto comune che non ci si fa più caso. Tanto comune che non sembra neanche più una pianta. E' l'unica palma originaria dell'Europa, autoctona in Sicilia e altre regioni dell'Europa del sud. Forma dei cespugli di foglie a raggiera (a ventaglio, da cui il nome inglese 'fan palm'), anche se talvolta può erigersi fino a diversi metri. Cresce velocemente e si riproduce con aggressività, così che ogni giardino possa nutrire qualche illusione tropicale a poco prezzo. Come tutte le piante a larga diffusione, è umile (lo dice anche il nome) e terribilmente misconosciuta. Io stessa per parecchio tempo, tratta in inganno dai suoi frutti a grappolo, bacche giallo-rossiccie più o meno grandi come ciliegie, credevo che il chamaerops altro non fosse che una palma da datteri mal cresciuta a causa del clima inadatto! In realtà le sue drupe non hanno niente a che fare con i datteri che si seccano nello zucchero e si usano mangiare a Natale. I frutti nel chamaerops non sono commestibili. La palma di questa foto cresce nel giardino di Palazzo Reale in via Balbi a Genova ed è stata fotografata accanto a un'installazione artistica per Genova capitale della cultura 2004. I chamaerops più rigogliosi e felici si trovano naturalmente in Sicilia, come quello di questa pagina.
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Venerdi, Settembre 19, 2008
Sanguinella
Ormai bisogna rassegnarsi, le giornate si accorciano e le foglie degli alberi cambiano colore. L'estate è finita un'altra volta, e procediamo a larghi passi verso l'autunno. Le foglie rosse della sanguinella sono fra le prime a risaltare nella macchia ancora verdeggiante. La sanguinella (cornus sanguinea) è parente del corniolo, cornus mas, corniolo maschio, arbusto o piccolo albero dal legno durissimo. Si dece venisse impiegato, fra l'altro, per fabbricare le punte delle frecce. Il legno della sanguinella è più morbido e per questo veniva anche detta corniolo femmina. Le bacche (quante bacche in settembre, possiamo dirla la 'luna della bacche'?) sono decorative, ma non commestibili. Le foglie hanno nervature profonde e arcuate e si stanno colorando fra il rosso e il bordeaux. Su questa pianta si raccontano leggende di stregoneria. Forse non è un caso che io l'abbia fotografata presso i ruderi della chiesa di Sant'Andrea di Bovariza a Caserza in Val Brevenna, di cui ho già parlato a proposito dell'equiseto il giorno 6 settembre. Ma forse è un caso, perchè la sanguinella è una pianta comunissima, che cresce al limitare dei boschetti, un po' sbrindellata, rossiccia, spavalda.
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Giovedi, Settembre 18, 2008
Lentaggine
Il viburno è una pianta spontanea dell'area mediterranea, che cresce grappoli di fiorellini bianchi, e bacche rosso bluastre all'inizio dell'autunno. Il viburnum tinus (quello della fotografia) è specie sempreverde, variamente utilizzata anche per siepi e bordure. Il nome comune, lentaggine, pare derivi dal latino lentus,pieghevole, detta di pianta selvatica molto flessibile. Non mi pare più flessibile di altre, anzi ha la durezza compatta degli arbusti mediterranei, rami legnosetti, foglie coriacee. Bella quando è pulita e florida, come l'avevo trovata in un vialetto del cimitero monumentale di Staglieno, nel settembre 2005. Una visita a questo cimitero vale davvero la pena, per l'incredibile ricchezza artistica dei suoi monumenti. Certo, i genovesi, tirchi proverbiali, non badarono a spese quando si trattava di lasciare un ricordo ai posteri. Quanto al viburno, ne ho piantato due cespuglietti anche in giardino, ma le foglie mi sembrano più piccole e le bacche sono già finite. Ma sempre viburno è, come la lantana, che ha fiori molto interessanti, ma si spoglia d'inverno.
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Mercoledi, Settembre 17, 2008
Acero minore
L'acer monspessulanum è un alberello dai molti nomi, castracane, cestuccio, acero minore. Quest'ultimo aggettivo lo deve alla taglia, in genere più minuta di quella degli altri aceri. E' un alberello umile e affascinante. Scoprirlo nei boschi non è molto facile; però si trova talvolta nei giardini o negli orti botanici, come questo, fotografato a villa Hanbury (tanto per cambiare). Eppure sono certa che sia una pianta tipica mediterranea, non foss'altro perché il suo nome significa 'acero di Montpellier' e un ramo figura nello stemma della Sardegna indipendentista (Repùbrica de Sardigna, 1392 d.C.). Come tutti gli altri aceri, ha frutti a disamara alata disposti a grappoli densi; le foglie sono piccole, lucide, trilobate, ma pronte a tingersi dei colori più scenografici quando arriva l'autunno.
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Martedi, Settembre 16, 2008
Brachychiton o albero bottiglia
Oggi ho voglia di qualcosa di esotico e di strano, e il regno vegetale non manca mai di soggetti curiosi. Viene dall'Australia, è molto imponente e appariscente, ma si può coltivare anche in vaso (grande), questo strano albero bottiglia, famiglia delle Sterculiacee, come l'albero del cacao e quello della cola. Non saprei a che deve il suo nome, tradotto letteralmente dall'inglese 'bottle tree', ma mi viene in mente che le sue grandi campanule possano riempirsi d'acqua piovana e funzionare come contenitore, una specie, appunto, di bottiglia. La nostra aquilegia (vedi 2 giungo 2008 ) deve il suo nome proprio alla sua forma di contenitore per acqua (dal latino aquam legere , raccogliere acqua). In un fiera di piante, il brachychiton era pubblicizzato come 'insolito albero della famiglia del baobab (il che più o meno credo sia vero), che non teme il freddo (tollera fino a qualche grado sotto zero)". Io l'avevo già visto e fotografato a villa Hanbury, nell'agosto 2004. Non riuscivo a staccare gli occhi da quelle incredibili campanule rosa, vaste, spesse, pelose. Le foglie sono ampie e lobate, come quelle degli aceri.
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Lunedi, Settembre 15, 2008
Albero della canfora
Questo bell'albero dalle foglie verde lucido, che presto si colorano di rosso all'avvicinarsi dell'autunno, cresce lungo una via residenziale di città, nei pressi di un piccolo parco urbano. Benché molti dei cosidetti 'canfori' che si trovano nelle nostre città siano in realtà 'falsi canfori', cioè Cinnamomum glanduliferum (che ha foglie più grandi e verde più scuro e meno brillante), sono abbastanza convinta che questo esemplare sia un Cinnamomum camphora autentico. Altri alberi simili si trovano ai parchi di Nervi e sono riconoscibili , nella stagione giusta, cioè in primavera, anche per i grappoli di piccoli fiori bianchi. Tuttavia una delle maggiori attrattive di questi grandi alberi frondosi è la patina brillante delle foglie e il loro colore mutevole, che insegue la stagione, anche se la pianta non si spoglia mai. Quest'albero vive in Asia orientale ed è presente nell'area mediterranea solo come specie ornamentale. Dal suo legno si estrae la canfora, una sostanza velenosa, solida, bianca, dall'odore irritante, nota soprattuto per il suo casalingo utilizzo contro le tarme della lana.
Fotografato fra via Sturla e viale Bernabò Brea, Genova, settembre 2003
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Domenica, Settembre 14, 2008
Erba luisa
Originaria dell'America centro meridionale, anche questa pianta, della famiglia della Verbenacee, è emigrata, o meglio è stata deportata, in Europa ai tempi delle grandi esplorazioni e colonizzazioni. Si è acclimatata così bene in Liguria, ed è così comune in giardini e orti domestici, che avevo sempre pensato fosse una pianta autoctona. Il liquore di erba luisa non mancava mai nelle case di campagna. Non conosco l'origine del nome, ma immagino sia in onore di qualche re. Gli altri nomi comuni di limonina o citronella rendono meglio conto della sua principale caratteristica, un intensissimo e gradevole odore di limone emanato non dai piccoli fiorellini bianchi, bensì dalle belle foglie ruvide e lanceolate. In questi giorni è fiorita e il profumo è così intenso che non occorre neppure strofinare le foglie, neppure sfiorarle, per sentirlo.
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Sabato, Settembre 13, 2008
L'ultimo carciofo
I miei carciofi sono cresciuti tardi, quando ormai al mercato ortofrutticolo non se ne vedevano quasi più. Ma chi coltiva l'orto ha imparato che deve prendere quello che viene, senza domandarsi troppo quando, come e perché. Ci si abitua cioè alle 'tardizie', in contrapposizione alle care e spesso insipide 'primizie'. Ho avuto molti ottimi carciofi fra aprile e maggio. Poi, a metà estate, le piante si sono come fermate e le foglie hanno cominciato ad ingiallire, imbiancare, seccare un po'. E' successo anche lo scorso anno e so che torneranno a crescere e prosperare all'inizio della primavera. Però un carciofo è rimasto, l'ultimo carciofo, probabilmente non eccezionale per la tavola, ma strenuo difensore della specie. Ho deciso di lasciarlo stare e consentire, almeno a lui, di fiorire fino in fondo. Avevo gia visto carciofi fioriti, fotografati in questa pagina, e li avevo trovati molto belli. I petali del 'mio' carciofo non sono ancora così blu, appena rosa lilla quando sono molto illuminati. Ma l'aspetto è finalmente, doverosamente, quello di un fiore.
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Venerdi, Settembre 12, 2008
Nasturzio
Il nasturzio è una pianta originaria del Sud America che fa dei fiori deliziosi. E' una pianta umile, semi invadente, ma eccezionalmente generosa. Si dice (vedi anche il link che cito dopo) sia molto facile da coltivare ed effettivamente di tutti i semi di fiori che avevo sistemato nei piccoli vasetti da semina alla fine di marzo (era ancora alquanto freddo), il nasturzio è stato il primo a germogliare, ed ha continuato a crescere spedito fino all'estate. Faceva fiori a profusione, giallo rossi, e ha cominciato anche a produrre una grande quantità di semi, rotondi e robusti, che ho messo da parte per eventuali altre semine. Ho appreso poi che i semi freschi, o secondo altri i boccioli dei fiori, si possono mettere in salamoia e consumare un po' come i capperi. Tuttavia, abbastanza velocemente le foglie hanno cominciato ad ingiallire e la maggior parte delle piante si sono riempite di pidocchietti neri e appiccicosi, che chi ha un giardino ha tristemente imparato a conoscere. In realtà questo era accaduto anche perchè le avevo lasciate in vasi troppo piccoli, che facilmente si asciugavano troppo al sole e, forse distratta dall'orto e da fiori più "importanti", le avevo un po' trascurate. Perdono, piccoli nasturzi colorati, che date tanto e chiedete così poco. Per fortuna ha trovato questo prezioso link che racconta un po' vita morte e miracoli di questa piantina e ho avuto l'idea di tagliarli quasi a filo terra, eliminando foglie morte e impestate. Ha funzionato assai bene, le piante vecchie si sono riprese e sono nate molte piantine nuove, dai copiosi semi caduti nei vasi. Ora il nasturzio è di nuovo fiorito, i fiori hanno colori morbidi e caldi, le foglie sono curiose e tondeggianti. Ho messo da parte un po' di semi per l'anno prossimo, anche se forse non saranno necessari perchè mi sembra perfettamente in grado di fare tutto da solo.
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Giovedi, Settembre 11, 2008
Faggio laciniato
Sapevo che sarei presto tornata sul faggio. Eccone un esemplare davvero particolare perché si tratta della varietà laciniata. Laciniatura è un termine botanico che ho appreso da poco tempo. Deriva dal latino lacinia, che significa frangia, e in questo caso si riferisce alle foglie, anche se in altri casi può riferirsi anche ai petali. Mentre le foglie dei faggi hanno in genere margini lisci, questo esemplare presenta foglie profondamente incise, frammentate, sfrangiate appunto. Una varietà ornamentale non solo attraente, ma anche maestosa. Mi trovavo sempre nell'orto botanico presso le mura urbane di Lucca, il 5 settembre scorso. E mi sono ricordata di un altro faggio laciniato che mi aveva a suo tempo molto incuriosito. E' l'albero che domina il breve e grazioso giardino pensile di Palazzo Bianco, in via Garibaldi a Genova, confinante con il palazzo Doria Tursi (sede del Comune). Non conoscevo il faggio laciniato e ho chiesto alla giovane inserviente del museo che albero fosse. Purtroppo la gente (tutta quanta) non conosce gli alberi e la ragazza non lo sapeva. Peraltro al tempo non lo sapevo neanch'io. Per alcune foto del bell'albero di Palazzo Bianco /Doria Tursi visitate questa pagina
scritto alle 19:50 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Settembre 10, 2008
Taxodo
Il taxodo1 è una bellissima conifera caduca molto longeva, originaria dell'America settentrionale e centrale. Gli esemplari più antichi possono raggiungere i 35-40 m di altezza. Secondo alcune fonti è della famiglia delle Cipressacee, secondo altri della Taxodiacee. Il nome comune del Taxodium distichum è Cipresso calvo delle paludi. Calvo perchè è una della poche conifere che d'inverno si spoglia. Una caratteristica che lo rende particolarmente attraente perchè le foglie, lineari, appiattite, di colore verde chiaro nella bella stagione, in autunno, prima di cadere, divengono dorate, poi marroni e rossastre. La seconda caratteristica suggerita dal nome comune è che ama i luoghi stagnanti e viene infatti spesso utilizzato come pianta ornamentale intorno a laghetti o lungo i corsi d'acqua. Qui le radici producono particolari conformazioni che si elevano dal terreno, dette pneumatofori. Molto appariscenti e singolari, come appare dalla foto a destra.
1Questo nome veniva usato in una cascina in provincia di Piacenza chiamata 'Ai due taxodi'. Guido Giubbini, curatore di Rosanova, bella rivista di arte e storia del giardino, lo chiama 'tassodo'. Tuttavia, entrambe queste denominazioni devono essere piuttosto rare, se io non le ho trovate in nessun dizionario della lingua italiana, nè in alcuna enciclopedia, e neppure su Google, anche se esistono numerose pagine sul "taxodium"
Ho fotografato quest'albero nell'orto botanico di Lucca, il 5 settembre 2008, dove cresce nel mezzo di uno stagno coperto di ninfee e abitato da tartarughe, su una minuscola isoletta, in mezzo ai suoi pneumatofori. Spero di tornare a visitarlo in autunno, per scoprire meglio di quale colore si vestirà.
scritto alle 22:59 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Settembre 09, 2008
Agave
La stagione è inoltrata e le agavi hanno ormai finito la fioritura. Come tutti sanno, quando il fiore va in frutto, la rosa di foglie carnose alla base ha terminato il suo compito e muore. Così le foglie basali di questa pianta, fotografata all'inizio di settembre 2007 sull'altopiano delle Manie di Finale Ligure, sono già secche. E' curioso che desti stupore la morte delle foglie dopo il frutto. Succede a moltissime altre piante. Le piante annuali, come la maggior parte dei prodotti dell'orto, si riseminano ogni primavera. Le biennali, come la carota, crescono solo radici e foglie durante la prima stagione, vanno a fiore e frutto nella seconda, e poi sfioriscono e muoiono. Naturalmente l'agave è diversa. Viene dal Messico, dove ne esistono circa 300 diverse specie (famiglia Agavacee),e dove ha anche un valore commerciale perché dalle sue fibre viene estratta una bevanda alcoolica. Da diversi secoli ormai viene coltivata come pianta ornamentale in tutta la regione mediterranea. Cresce per 10, anche 15 anni prima che compaia finalmente, per la prima e l'ultima volta, il lungo stelo fiorito. Dopo il frutto muore, ma non ha neppure bisogno di rinseminarsi per ricrescere, perchè la rosetta si riproduce facilmente per via vegetativa attraverso polloni radicali. Come dire che già sotto le foglie morte rinascono subito nuovi germogli. E allora non è vero che quell'infiorescenza allampanata che sale alto alto sopra la sua foglia madre sia una specie di figlio snaturato che toglie la vita a chi lo ha messo al mondo. Le piante come l'agave sono più lungimiranti, sanno che è giusto che il vecchio si faccia da parte per far posto ai giovani virgulti.
scritto alle 23:43 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Settembre 08, 2008
Sorbo montano
Anche quest'alberello mi trasmette la sensazione inebriante di aria libera, frizzante e leggera. Aria di montagna. Cresce spesso sui pendii e sui crinali, fino alle coste più esposte al vento, con le sue foglie larghe, nervose e sfrangiate, grigio verde da una parte e argentee e pelosette dall'altra. Difficile non riconoscerlo. Il frutto è una piccola sorba, povero, ma commestibile, tanto che l'albero venne anche detto farinaccio perché le piccole bacche, disseccate e ridotte in polvere, venivano consumate mescolate al pane. Potenza della fame. Oggi neppure i frutti del sorbo comune, sorbe più grandi e succose, godono più di alcuna considerazione alimentare, mentre i frutti del sorbus aucuparia (vedi 2 agosto) sono cibo soltanto per gli uccellini. Eppure certi sapori meriterebbero di essere riscoperti. Questa fotografia è stata scattata sulle pendici del monte Ramaceto, sopra il paese di Lorsica (Genova) nel settembre 2003. Ancora sul sorbo in questa pagina.
scritto alle 22:20 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Settembre 07, 2008
Pesco
Si chiamano settembrine e sono le pesche più buone che esistano, almeno per gli amanti delle pesche come la sottoscritta. Sono piccole e sode, hanno polpa bianca, che si colora di vermiglio vicino al nocciolo. Crescono nei campi e soprattutto vicino alle vigne. Non ho assaggiato le pesche di questa fotografia, che facevano bella mostra di sè sull'argine del torrente Prino, a Dolcedo (Imperia), ma siccome le ho fotografate a settembre, fantastico che fossero le mitiche settembrine. Il pesco del mio giardino ha già da tempo esaurito i suoi frutti, abbondanti quest'anno, tanto da spezzargli un ramo. Invece quest'alberello aveva ancora delle belle pesche nel settembre del 2006.
scritto alle 16:46 da CarlaFed :: COMMENTI
Sabato, Settembre 06, 2008
Equiseto
Ecco una pianta veramente singolare. Innanzitutto è una crittogama (nella nomenclatura moderna si chiamano Pteridofite), cioè non fa fiori e non ha neppure semi, ma spore. In altre parole è molto più simile a una felce che a una margherita. Le pteridofite sono fra gli organismi più antichi della terra. Equiseti giganti dominavano le foreste del Carbonifero, ma oggi le loro dimensioni sono molto ridotte. Il loro sistema di riproduzione è molto elementare. L'equiseto presenta due tipi di fusto. I fusti fertili, che crescono in primavera, sono quasi sempre marroncini, più corti e degli altri, senza foglie, ma dotati di un rigonfiamento all'apice, che contiene gli sporangi e diffonde le spore. I fusti sterili, fotosintetici, coriacei, ma flessibili, sono articolati in segmenti da cui si dipartono raggiere di foglie filiformi. Sono solo si trovano in questa stagione. La pianta ha proprietà terapeutiche soprattutto per l'elevato contenuto di minerali, che la rendono molto efficace nella cura della lesioni delle ossa e contro la caduta dei capelli, e anche nelle emorragie, per ripristinare la perdita di minerali. A questo scopo vengono utilizzati i fusti sterili, mentre i fusti fertili, raccolti a primavera, sono commestibili cucinati come gli asparagi.
Così antica e così vitale , l'equiseto ha tutte le caratteristiche di una pianta magica e un po' leggendaria. Nella seconda fotografia (destra), lo si vede crescere accanto a delle pietre. Ma non sono pietre qualsiasi, sono i ruderi di una chiesa scomparsa, Sant'Andrea di Bovariza a Caserza in Val Brevenna. Su questa chiesa circolavano molte leggende, legate al suo abbandono avvenuto in circostanze drammatiche "al tempo della neve rossa", probabilmente una pestilenza alla fine del '500. Ma fino a poco tempo fa si dubitava persino che fosse mai esistita. Poi nell'area sono stati effettuati scavi archeologici che effettivamente hanno portato alla luce l'abside e il basamento in un'unica navata di una chiesa, nonchè i resti di un'area cimiteriale, ove si dice vennero seppelliti i morti di peste. La foto è stata scattata nel settembre 2004.
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Venerdi, Settembre 05, 2008
Luppolo
Proprio del genere cannabis, è invece il luppolo, che si chiama anche cannabis lupulus. E' una pianta medicinale, con effetto calmante, e per questo considerato 'stupefacente' (aggettivo che distingue le piante che agiscono sul sistema nervoso). Inoltre è commestibile. I getti apicali (da raccogliere a primavera) sono addirittura una leccornia per minestre e frittate, come leggo nel mio manuale preferito*. In questa stagione invece maturano le infiorescenze femminili, dalla caratteristica forma a fiocco, o cono, molto note perché da settecento anni vengono impiegate per aromatizzare la birra, conferendo alla bevanda il caratteristico gusto amarognolo. La pianta del luppolo è selvatica e umile, un rampicante tenace, con steli quadrangolari, incollaticci, e larghe foglie palmate, ruvide da una parte e resinose dall'altra. Lo conosco da sempre, da quando da bambina, in campagna, lo vedevo avvinghiarsi alla ringhiera della strada di fronte al negozio di alimentari. L'ho rincontrato nei pressi del Ponte dei Cavalieri di Malta sul torrente Prino, a Dolcedo (Imperia), nel settembre 2006, verde lucido, disteso, i coni come gioielli, brillanti sul muro.
*Primo Boni - Nutrirsi al naturale con le erbe selvatiche - Edizioni Paoline, 1977 , un libro preziosissimo e insuperato, che consiglio a chiunque voglia imparare a conoscere le piante.
scritto alle 17:31 da CarlaFed :: COMMENTI
Giovedi, Settembre 04, 2008
Canapa acquatica
Pianta della famiglia delle Composite, fiorisce ovunque per tutta l'estate, preferendo gli angoli umidi e le scarpate nei pressi dei torrenti. E' uno di quei fiori così umili e comuni che sfuggono quasi alla nostra attenzione. Ma appunto perché la vedo sempre ho imparato ad apprezzarne le sfumature. Non voglio dire che sia proprio bella, ma è ammirevole così slanciata e pulita, spesso in gruppi selvatici, macchie di colore appena più scure di quelle della valeriana rossa (vedi 15 agosto 2008). Non credo che questa pianta abbia nulla a che fare con la canapa propriamente detta, del genere cannabis, nota fibra tessile e ancor più nota sostanza dai poteri estranianti; alcuni vi ravvisano una qualche somiglianza nella disposizione dele foglie, e qualche somiglianza ci dovrà essere se anche il nome scientifico la ricorda. Ma niente di più. Ancora in fiore fino ad agosto e settembre, questa pianta l'ho fotografata qualche tempo fa, a Barbagelata di Lorsica, il paese più elevato sul livello del mare di tutta la provincia di Genova.
Links: Immagini di Barbagelata Barbagelata e la Resistenza
scritto alle 22:25 da CarlaFed :: COMMENTI
Mercoledi, Settembre 03, 2008
Cerro
Mi inchino a un grande albero, nobile e semplice, che si accompagna con eleganza al castagno nei nostri boschi. Un albero dal portamento altero e dall'ombra generosa.La foglia è oblunga e slanciata, lucida, pare quasi non destinata a perdersi nell'autunno, come fosse un leccio, che cambia le foglie a gruppi ed è sempreverde. Si distingue facilmente dalle altre querce perché la cupola della ghianda è pelosa e ricciuta, sembra quasi un piccolo riccio; è però molto amara e non è cibo gradito neppure agli animali che di altre ghiande si cibano. Ma ciò non diminuisce il fascino di questa pura quercia mediterranea, detta anche quercia di Turchia. Simbolo di forza e di potenza, boschiva e ornamentale, la quercia non teme di essere albero tutto intero, di legno e foglie, rifugio più che strumento, individuo più che soldato.
Fotografato nei boschi del monte Antola, fine agosto 2004.
scritto alle 16:57 da CarlaFed :: COMMENTI
Martedi, Settembre 02, 2008
Ginepro
Il ginepro è un albero singolare. Spinoso, amaro, eppure decorativo, ricercato, apprezzato. E' una conifera (gimnosperma, cioè porta semi nudi), anche se i suoi frutti non sono coni, ma pseudo bacche, dette coccole, che hanno utilizzi molteplici in cucina ed erboristeria. E' sempreverde, comune un po' dappertutto, dalla montagna, alla macchia mediterranea, fin in prossimità del mare. E' una pianta colonizzatrice che non soffre gli estremi del clima, nè le asprezze del suolo. In Liguria, e non solo, viene usato in alternativa all'abete (di cui l'Italia peninsulare non è così ricca) come albero di Natale. Mi hanno regalato un piccolo alberello cresciuto in vaso e che era stato appunto un albero del Natale scorso. E' di una specie senza spine, tipo ginepro fenicio, simile al cipresso. Credo che per questo sia più facile addobbarlo. L'ho sistemato vicino al cancello e spero che cresca felice.
Quello della foto invece era ancora nei pressi del Passo della Scoglina, agosto 2002.
scritto alle 16:36 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Settembre 01, 2008
Ranno alpino
Dopo due giorni in giardino, torniamo sui monti, ai limitare dei boschi, dove cresce questo arbusto dalle bacche nere che maturano proprio in questa stagione. Il ranno alpino è un piccolo albero che potrebbe passare inosservato, caducifoglio, inerme. Non è pianta officinale, né medicinale1, non è famoso per il legno o non ha proprietà strabilianti. Non ha neppure quel carattere liscio e coriaceo da sempreverde del suo parente marittimo, il rhamnus alaternus o alaterno, uno dei cespugli più comuni nella macchia mediterranea. Però ha delle bellissime foglie, verde brillante, lucide e fittamente nervate. E si porta addosso l'odore della montagna, quell'aria frizzantina che attraversa i polmoni con l'agilità di una ragazza. Oggi è cominciato settembre. L'orizzonte della città è coperto di foschia e si sente tuonare in lontanannza. Preferirei davvero essere nei boschi, un po' infreddolita, un po' spaesata, a vedere gli alberi brillare, ancora per poco, prima che comincino a cedere le loro vesti alla terra. Fotografato presso il Passo della Scoglina, agosto 2004.
1 anche se una specie molto simile, comunemente denominata 'cascara', sarebbe un blando lassativo naturale.
scritto alle 13:59 da CarlaFed :: COMMENTI
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