Giovedi, Aprile 30, 2009
Gelso bianco
Le foglie, con i piccoli fiori, che appaiono nelle fotografie di oggi, appartengono a un grande albero di gelso bianco che si trova a Carpenissone (vedi 25 aprile 2009). Che fosse un gelso bianco lo diceva la scritta sul suo tronco, come si trattasse di esemplare da orto botanico; ed esemplare prezioso deve essere, perché il gelso non è comune dalle nostre parti, e soprattutto di quelle dimensioni; il gelso è una pianta importata ed oggi quasi scomparsa. La scritta sul tronco specifica anche che il gelso appartiene alla famiglia della Urticaceae, cosa mi ha lasciato un poco perplessa sul momento perché ricordavo che la famiglia del gelso ( e del fico) è quella delle moraceae. In realtà la famiglia delle moraceae fa parte dell'ordine delle Urticales, e così qualche parentela con l'ortica, seppure alla lontana, i gelsi devono ben averla. In Italia vivono due specie di gelsi, all'apparenza assai simili, il gelso bianco, morus alba, e il gelso nero, morus nigra. Le foglie sono ovate, con apice appuntito e margini seghettati; ma mentre quelle del gelso bianco sono chiare e lucide, quelle del gelso nero sono più scure e ricoperte di peluria (vedi 3 luglio 2008). Se ho potuto apprezzare appieno la differenza fra i due alberi, e non solo, lo devo anche a un gentilissimo amico visitatore, Giovanni O., che mi ha scritto proprio a proposito del gelso che avevo presentato il 3 luglio 2008. Il gelso nero, dice Giovanni, che questi alberi li conosce da quando era bambino, è originario della Persia, ha le foglie ruvide quasi come quelle del fico, i frutti rosso vivo come il sangue, dal sapore agrodolce forte, rami nodosi come la quercia e crescita lenta. Inoltre non bisogna confonderlo con il morus alba nero, varietà di morus alba, che ha i frutti di colore nero olivastro ed sapore dolce acidulo, le foglie un po' piú scure del morus alba bianco, ma sempre lucide e tenere e il portamento eretto. E' quest'ultima la varietà, di origine ovviamente cinese, che si usava per nutrire le larve del baco da seta (bombyx mori). Grazie, grazie Giovanni, mi hai insegnato molte cose e ti auguro di trovare presto il morus nigra che stai cercando per assaggiare di nuovo i frutti della tua infanzia.
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Mercoledi, Aprile 29, 2009
Veronica a foglia di timo
Non ho ancora finito con le veroniche. Di questo genere esistono in Italia almeno una trentina di specie, e anche se le più comuni sono quattro o cinque, ce n'è sempre qualcuna nuova da scoprire. Ed ecco che un giorno ho trovato nel mio giardino questa pianticella a fiori celesti e foglie appuntite e carnosette. Proprio le foglie mi avevano incuriosito, assai prima che spuntassero i fiori, e sono stata ad aspettare per vedere che cosa ne venisse fuori. A volte certe attese vengono deluse da piante degnissime, ma insignificanti. Non in questo caso però. Questa veronica è decisamente diversa dalla v. persica (vedi 28 febbraio 2009) perché è slanciata ed eretta, mentre l'altra è strisciante, ed ha infiorescenze (racemi) strette, formate da decine di fiori, situate verso la sommità del fusto. Il fiore ha forma particolare, con il petalo in alto più grande degli altri (come accade in altre specie comuni di veronica) e tutti i petali hanno striature azzurro scuro sul celeste pallidissimo dello sfondo. Il nome deriva dalla somiglianza che hanno le sue foglie con quelle di una specie di timo selvatico detto timo serpillo (vedi 14 giugno 208).
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Martedi, Aprile 28, 2009
Trifoglio ... buon compleanno blog
Oggi il blog compie un anno. Per il compleanno potevo scegliere una pianta sofisticata, ricercata o strana. O potevo scegliere il fiorellino più comune che esista, il trifoglio, perchè questo è in fondo lo spirito di questo mio diario botanico, celebrare anche le piante più semplici in tutta la loro quotidiana meraviglia. Il trifoglio è una pianta delle leguminose, come le fave e le ginestre, i cui fiori papilionacei sono riuniti nei compatti capolini di forma arrotondata. E come tutte le leguminose fa i bacelli, ma sono così piccoli che è assai difficile notarli, lunghi un paio di millimetri rimangono semi nascosti dentro il fiore secco. Il trifoglio è anche una pianta di grande utilità come foraggio, cioè si trasforma in bistecche; la varietà bianca,t. repens, è gradita alle api per produrre miele di trifoglio. Infine è un'erba concimante perchè fornisce azoto al terreno. I due trifogli che mostro oggi sono fra i più comuni; ma le specie di trifoglio che crescono nei nostri prati sono numerose e diverse e il riconoscimento può essere complicato, quasi come quello dei generi e specie di orchidee.
Oggi il blog compie un anno. Ho cominciato esattamente il 28 aprile del 2008 con un'immagine dell'elegante iris barbata che una volta all'anno regala la sua preziosa fioritura prima di ritirarsi nell'incognito di un cespuglione di spesse foglie lanceolate. Quest'anno non è ancora fiorita, i boccioli sono scuri e turgidi e stanno per esplodere, ma il tempo è sempre pessimo (speriamo in un miglioramento da domani) e la stagione arretrata. Questo blog mi serve anche a questo, ricordare le stagioni dell'anno scorso e sentire quelle nuove. Le piante da raccontare sono ancora così tante. Avevo fatto una scommessa facile facile, riempire tutti i giorni del tempo raccontando una pianta diversa. E un pochino l'ho mantenuta, anche se ho saltato qualche giorno e se qualche pianta ha meritato più di un post, e forse ne meriterà ancora. Non c'è stanchezza nel chiudere questo primo ciclo, sempre più voglia, invece, di guardare, imparare, sorprendersi. E molta riconoscenza per chi mi legge, e magari condivide un po' della mia passione.
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Lunedi, Aprile 27, 2009
Orchidea gialla
Questa sera sono in vena di sfide. Ho formattato il mio computer, ho smarrito un po' di ricordi, il blog sta per compiere l'anno di vita e, mentre cerco di rimettere insieme i pezzi, mi lascio tentare a buttar lì un'orchidea. Cammino su un terreno sconosciuto e non dei più agevoli; le due più semplici me le sono già giocate l'anno scorso (dactylorhiza fuchsii, 9 giugno e cephalanthera rubra, 22 giugno 2008) e le orchidee italiane sono tante, simili e diverse insieme; e sono tanti anche gli appassionati, che si divertono a cimentarsi nei più arditi riconoscimenti. Ma quando le orchidee incrociano il mio cammino è difficile far finta di niente. Siamo ormai nel periodo più fecondo, per questi intriganti fiori meravigliosi. Così sabato, a Carpenissone (vedi il post del 26 aprile), ne ho incontrato almeno due specie, e questa era la più stupefacente. Anche se non è esattamente gialla, mi riesce difficile dubitare che sia un orchis provincialis, che non è neppure una delle più comuni, le foglie basali maculate (nella foto non si vedono, erano troppo fuori fuoco), il labello del fiore con una spruzzatina di puntini scuri. Peccato fosse un poco sfiorita, con frammenti di ragnatela appesi ai fiori molli, l'infiorescenza un po' sfatta, le foglie disordinate. Una gitante di passaggio, come del resto ero io, subito ne strappa una, con tanto di radice. Non voglio commentare; confesso che l'ho fatto anch'io, molti anni fa, con qualche specie di orchidea primaverile, pensando di imprigionarne per qualche tempo l'esile bellezza in un vaso da balcone. Ma non ne vale assolutamente la pena, la fioritura dura poco, e anche riuscendo a riprodurla, un piccolo vaso, un davanzale, una strada di città sono davvero un esilio troppo crudele per una figlia del respiro dei boschi.
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Domenica, Aprile 26, 2009
Celidonia o erba da porri
E' tornata la pioggia. Una lunga giornata nebbiosa senza luce nè sole. E soprattutto acqua, troppa. La terra è fradicia e ci vorrà tempo per poterla lavorare. E mentre le piantine di zucchini, ormai quasi propnte per il trapianto, crescono lunghe lunghe nei vasetti, le insalate prosperano, umide, ma croccanti. Tutto cresce con l'acqua, erba, e poi ancora erba, e tutte le infestanti dei prati.
La celidonia è una pianta davvero singolare. Appartiene alla famiglia della papaveracee, ma con i rossi e sgargianti papaveri (vedi 24 maggio 2008) ha proprio poco a che fare. E' una vecchia conoscenza. Inconfondibili le sue foglie, profondamente lobate, verde brillante nella pagina superiore, e pallide, quasi bianche, nella pagina inferiore, e i suoi fiorellini gialli, delicatissimi, con un denso gruppo di stami. Ma soprattutto indimenticabile è il lattice color arancio che cola dal fusto e dalle foglie appena incise. Sgorga a gocce cremose e sanguigne e neppure un bambino potrebbe facilmente essere tratto in inganno e azzardarsi ad avvicinarlo alla bocca. Proprio per la presenza di questo lattice infido, ho sempre avuto l'istinto di tenermi lontano da questa pianticella, pur ammirandone i colori e le forme. E non avevo tutti i torti perchè il lattice della celidonia è effettivamente piuttosto velenoso, anche se contiene sostanze di forte interesse fitoterapico, sorta di droghe vegetali, che le hanno guadagnato la fama di pianta magica addirittura fra gli alchimisti.
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Sabato, Aprile 25, 2009
Farnia
In una radiosa giornata di primavera, sul crinale di una collina prospiciente il mare, c'è un piccolo villaggio di pietra circondato da boschi e prati ricoperti di fiori. C'è una radura con erba giovane e una chiesetta con un portone di legno. E pietre sul terreno che non sono lì per caso, ma appartengono alla storia, come questo torchio da frantoio ai piedi di un grande albero. Sembra un po' una favola, in questo 25 aprile, giorno per sua natura festoso e rasserenante. In realtà questo paese esiste, si chiama Carpenissone ed è una frazione di San Colombano Certenoli, sulle alture alle spalle di Lavagna. Oltre ai fiori di campo, esuberanti ed effimeri, intorno alla radura che circonda la piccola chiesa, crescono alberi centenari. La farnia, a volte chiamata anche quercia inglese, è una delle querce più grandi e longeve, alta fino a 40 metri, ma soprattutto massiccia. La sua chioma è vasta, fino a decine di metri di diametro, ma rada così da lasciar filtrare la luce e permettere la crescita di pianticelle e arbusti del sottobosco. Il suo ampio tronco, tormentato ed eroso, dalla circonferenza che può misurare fino a 8 metri, presenta insenature e ampie cavità. Anche la farnia di questa fotografia ha una profonda cavità nel tronco (non si vede nella fotografia perché era dietro) e ampissimi rami, adorni di infiorescenze. La farnia si può riconoscere dalle altre querce per la forma delle foglie che alla base presentano due orecchiette sporgenti e un picciolo molto breve; e per i frutti, le ghiande, quando sono mature, che hanno un lungo peduncolo, mentre quelle del rovere (quercus petraea, 8 ottobre 2008) e della roverella (quercus pubescens, 2 gennaio 2009) ne sono prive. Questa pianta così solida ed austera non è priva di soavità; e in questa stagione offre i suoi germogli, piccoli fiori giallo verdi penduli e foglie appena emerse e ancora sottili come carta velina. Una delicatezza inaspettata da parte di una grande signora di colline e pianure, uno degli alberi più imponenti che crescono nei boschi dell'Europa. Per sua disgrazia la farnia possiede un legno estremamente duro e resistente e le sue foreste sono state letteralmente saccheggiate per la costruzione di navi, gli interni dei castelli e delle case signorili, e mobili massicci. I frutti, seppure alquanto indigesti per i sensibili stomaci umani, sono cibo prelibato per i suini, e dove prosperano i maiali, come è noto, si vive nell'abbondanza. Un mucchio di ragioni per amare la farnia, e non semplicemente ammirarla, con il reverenziale timore che si deve a un'antico gigante.
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Venerdi, Aprile 24, 2009
Robinia
In botanica accadono strane cose. Un'albero come la robinia viene chiamato da tutti 'acacia', mentre 'acacia' è in realtà il nome di un altro albero altrettanto diffuso e famoso, la mimosa. Non è l'unico esempio di confusione di termini e sono un po' queste confusioni che a volte rendono la nomenclatura botanica inutilmente intricata. Da quando ho imparato che quelle che da bambina chiamavo acacia si chiama 'robinia' mi pare che il vero nome sia molto più consono e appropriato per questo bell'albero, così pieno di idee e di risorse, un po' bistrattato come tutti gli alberi stranieri che si sono acclimatati qui da noi con fin troppa disinvoltura. Basti per tutti la storia di Alessandro Manzoni che contribuì non poco alla loro diffusione piantando 200 esemplari di robinia nella sua tenuta, allo scopo di ricavarne pali di sostegno per le viti e le consigliò caldamente ai suoi vicini di casa a Milano come alberi ornamentali. Salvo poi pentirsene, quando si accorse della loro invadenza e dubbia utilità, e si ritrovò a pregare i suoi vicini di "sacrificare quelle robinie che tolgono tanta aria nel nostro giardino, tanto sole alle nostre stanze". Della robinia ho detto un po' di cose in questa pagina. Oggi la contemplo soltanto, ricoperta del manto dei suoi candidi, profumatissimi fiori. Ai bordi delle strade, nelle scarpate, nei dirupi incolti della città, sono uno dei messaggeri della primavera.
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Giovedi, Aprile 23, 2009
Cinquefoglie fragola secca
Il nome di questa specie di potentilla (famiglia rosacee) significa semplicemente piccolo fiore. E' davvero piccolo questo fiore candido, ma con interno rossiccio, i sepali più lunghi dei petali. Le foglie, l'aspetto e il portamento assomigliano assai alla fragola (fragaria vesca), ma da essa si distingue per molti particolari, compresa la semplice evidenza che i frutti della potentilla, beh con le fragole hanno ben poco a che fare ... L'ho fotografata in cima a un muretto, una 'fascia', ripida e quasi inaccessibile. L'ho fotografata in mezzo alle foglie, un morbido cuscinetto verdeggiantee anche se il fiorellino mi è scappato un po'.
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Mercoledi, Aprile 22, 2009
Cavolo broccolo
Tutti i cavoli, verze, broccoli, broccolate e cime di rapa, hanno fiori a quattro petali giallo brillante. Se quelle che interessano al coltivatore sono le foglie, verdura di evidente valore commerciale, bisogna evitare che vadano in fiore. Tranne che per fare la semenza. Oppure l'olio, l'olio di colza, una brassicacea che, a differenza di praticamente tutte le altre, viene utilizzata pr i suoi semi. Questo per dire che se capita di vedere un campo ricoperto di fiori gialli, non bisogna pensare che siano cavoli, nessun agricoltore si sognerebbe di gettar via quel ben di dio lasciandolo fiorire. I cavoli sono piante forti consumatrici, cioè hanno bisogno di un suolo molto ricco per sviluppare le loro grandi foglie carnose, e crescendo impoveriscono la terra, succhiandole ogni nutrimento. Un campo di fiori galli è molto probabilmente un campo di colza (brassica napus oleifera). I cavoli, o broccoli, fioriti di questa fotografia, sono quelli che crescono ai bordi del campo di qualche contadino distratto, o troppo occupato da tutto il resto, per raccoglierli (fotografato a Roccatagliata, val Fontanabuona, Genova, aprile 2004).
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Martedi, Aprile 21, 2009
Acero riccio
E' abbastanza facile riconoscere gli aceri dalle foglie. Nella maggior parte delle specie sono ampie e palmate, anche se alcuni hanno foglie più piccole, come quelle minute e trilobate dell'acer monspessulanum (17 settembre 2008). Ancora più semplice è riconoscerli dai frutti, le vistose disamare alate, che si ritrovano in tutte le specie di questo albero, anche quelli a foglie composte, come l'americano a. negundo. Invece i fiori, i fiori sono tutti diversi. Bellissimi e inaspettati quelli dell'acero riccio ( a volte chiamato volgarmente acero di Norvegia), verde-giallo lucente, in grappoli abbondanti, corimbi eretti sulla base rossiccia. Sbocciano prima delle foglie sui rami spogli, uno spettacolo inconsueto e ricercato, il frullo dei fiori di acero nel vento teso di aprile. E poi durano, abbastanza per aspettare che arrivino le foglie, larghe, con bordi rettilinei e angoli appuntiti, appese al lungo picciolo.
Fotografato a Castel Gandolfo (Roma) Per altre immagini di aceri, vedi 23 novembre e 9 dicembre 2008
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Lunedi, Aprile 20, 2009
Acetosella dei campi
Le foglie delle acetoselle assomigliano a prima vista a quelle del trifoglio, anche se in certe specie da giardino (come oxalis deppei o croce di ferro, vedi 10 giugno 2008), la forma è invece quella del quadrifoglio. Ma si tratta di piante molto diverse dai trifogli, che sono leguminose. Le oxalidacee sono piante tipiche dei tropici, alcune hanno colonizzato anche i nostri prati e altre, utilizzate come piante ornamentali, hanno finito per diventare infestanti. Il nome acetosella deriva dal gusto asprigno delle foglie che venivano consumate nelle insalate primaverili. Ma il nome scientifico indica che la pianta contiene acido ossalico, che può avere controindicazioni renali. L'acetosella gialla ha fiorellini luminosi e foglie composte di tre foglioline cuoriformi, con una piega centrale. Da piccole sono rosso viola, ma crescendo diventano sempre più verdi. Sia i fiori che le foglie si ripiegano quando è notte o la temperatura scende. E' una pianta che cresce veramente dappertutto, anche nei vasi da fiori, quando la terra è abbastanza umida e fresca. E' un'infestante, naturalmente, ma non poi così noiosa, i suoi fiori sono piccoli e graziosi, le sue foglie minute. E si erge su un unico piccolo fusto sottile; mentre invece certe sue sorelle, molto più sfacciate, crescono da fusti striscianti (stoloni) e mettono radici in un batter d'occhi tutt'intorno.
scritto alle 22:42 da CarlaFed :: COMMENTI
Domenica, Aprile 19, 2009
Ippocastano
Gli ippocastani sono fioriti. Questi grandi signori delle città, nobili e fieri, ma anche tormentati e negletti (vedi 10 dicembre 2008) vivono uno dei loro grandi momenti. I fiori sono disposti in appariscenti infiorescenze a forma di pannocchia, erette come pinnacoli candidi in mezzo alle larghe foglie palmate. Albero ornamentale per eccellenza, diffuso in tutta Europa, è originario delle montagne dei Balcani, a nord della Grecia, dove cresce sontaneo insime a ontani, querce e frassini. I suoi frutti, le lucide castagne d'India o castagne matte, non sono commestibili, ma venivano usati come medicina per i cavalli e contengono saponine, utili come detergenti e per preparare creme e unguenti. L'albero della foto vive in città, a Genova, nel quartiere di Albaro. In città, ma in un quartiere residenziale, presso un palazzo piuttosto esclusivo. Spero per lui che sia un po' più fortunato del vicino di casa che Primo Levi descrive in questa bellissima poesia.
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Sabato, Aprile 18, 2009
Bugola
Questa pianta ha fiori azzurro cupo brillante ed è assai comune nei prati della Liguria. Ha fusti striscianti, ma i suoi steli si ergono slanciati, con i fiori disposti in verticilli e il colore spicca superbo in questi prati di aprile, verdi e ricchi, grazie alle piogge copiose. Si chiama anche erba di San Lorenzo, e non saprei perché dato che San Lorenzo cade, come è noto, il 10 agosto, mentre questa piantina fiorisce in primavera. Intanto il giardino sta vivacemente crescendo. L'iris japonica (7 maggio 2008) è già fiorita da tempo, mentre l'iris barbata (28 aprile 2008) ha in gestazione più di trenta boccioli. Sono fioriti gli alberi di melo e ciliegio. I microscopici fiori del pesco si scoprono già gravidi di piccole drupe. Clematide e gelsomini sono pesanti di boccioli, mentre l'iberide (iberis sempervirens, vedi anche 5 giugno 2008) e l'alisso, finalmente fiorito in abbondanza (28 ottobre 2008), tappezzano le aiuole di spessi cuscinette bianchi e gialli.
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Venerdi, Aprile 17, 2009
Cipollaccio
Siamo sempre nella famiglia delle liliacee, la famiglia dei gigli, o più prosaicamente, delle cipolle. E' questa una pianta caratteristica e diffusa, selvatica, ma commestibile, che porta fiori molto singolari. L'infiorescenza, o racemo, s'innalza diritto per una ventina di centimetri, portando alla sommità un "ciuffo" color porpora, o blu come nella fotografia, costituito da piccoli fiori sterili, densi e dotati di un lungo peduncolo incurvato verso l'alto. I fiori fertili, di colore più scuro, quasi bruni, sono invece più densamente spaziati fra di loro e quando maturano si ripiegano verso il basso. L'infiorescenza immatura, quando i fiori sono ancora chiusi, ha l'aspetto di pannocchia verde blu. Belli questi fiori, ma non fanno cibo come i bulbi. Bisognerebbe avere l'accortezza di localizzarli al tempo della fioritura, naturalmente senza raccoglierli, perchè, quando è fiorito, il bulbo, è buono a nulla, avendo ceduto tutto la sua energia e il suo nutrimento alla parte aerea della pianta. Bisognerebbe allora marcare il posto e andarlo a ricercare a mezza estate, o meglio ancora alla fine dell'inverno, facendo attenzione a non confonderlo con i bulbi del colchico, che sono velenosi. Belli i fiori, ma i bulbi, si dice, si possono consumare in ogni modo, crudi in insalata o lessi, o usarli proprio al posto delle cipolle, perchè il loro sapore è più gradevole.
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Giovedi, Aprile 16, 2009
Scilla della Riviera
E' molto simile alla scilla bifolia (vedi 11 marzo 2009), se non fosse che di foglie ne ha tante, da 3 a 6 basali, lineari come nastri, piegate al centro. I fiori, a sei petali appuntiti, sono del medesimo turchino, ma le spighe sono più grandi e dense, anche se qui non ancora interamente sbocciate. Secondo i miei sacri testi*, la scilla della Riviera è endemica in alcune zone della Liguria, in Provenza e nel Delfinato, ma non si trova in nessun altra parte d'Italia. Qui vicino a casa mia (siamo comunque in Liguria) cresce a frotte, sul solito bordo del bosco confinante con la strada. Ci sono anche dei rifiuti, anche se vecchiotti e inoffensivi, come retine di plastica, cartacce, una bottiglietta e uno stendi panni arruginito. Nella foto spunta dalle foglie secche, ma l'ho vista anche giù nella scarpata a dividersi lo spazio con il favagello (ranunculus ficaria, 31 marzo 2009), l'ortica (urtica dioica, 4 dicembre 2008) e l'immancabile edera (hedera elix, 26 gennaio 2009). Una manto di raffinati fiori blu, della nobile famiglia dei gigli, esplosi come dal nulla in mezzo all'erbaccia. *Sandro Pignatti - Flora d'Italia -
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Mercoledi, Aprile 15, 2009
Edera terrestre
Viviamo accanto a centinaia di piante di cui ignoriamo l'esistenza e la gloriosa storia. Edera o ellera terrestre che dir si voglia, questa piccola labiata ha preso in prestito il nome di edera per l'invadenza e la tenacia con cui si espande. Infatti come l'edera allunga i suoi fusti sul terreno e fra le rocce ed emette radici ad intervalli. Da quando ci siamo conosciute, ho scoperto che non è poi così difficile incontrarla, ai margini dei prati e negli angoli dei muri. Le foglie sono cuoriformi, o reniformi (insomma, sempre a un organo interno assomigliano), opposte, con lungo picciolo. Se sfregate, lasciano un profumo tenero e discreto. I fiori sono viola chiarissimo, bilabiati, con il labbro inferiore macchiettato. Piccola meravigliosa erbetta strisciante, era pianta officinale assai apprezzata, considerata un rimedio efficace contro quasi tutti i mali, dalla tosse fino alla pazzia. Prima che quasi tutti, me compresa, ci dimenticassimo di lei.
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Martedi, Aprile 14, 2009
Farfaraccio
E' un fiore del bosco, della famiglia della composite, con capolini disposti in dense spighe ovali. Esistono varie specie di petasites. La specie p. officinalis, forse la più diffusa, in campagna come negli incolti di città, ha fiori rosati e larghe foglie ovate che prediligono i luoghi umidi, le sponde o l'acqua dei ruscelli. Qualche giorno fa, in un giardino, mi è stato chiesto che foglie fossero e lì per lì non ho saputo rispondere. Il fatto è che raramente si vedono i fiori insieme alle foglie, perchè i fiori compaiono per primi, . Ed è difficile associare a quelle foglie, talvolta veramente enormi (60 o più centimetri di diametro) ed addossate le une alle altre così da ricoprire completamente il terreno, quei fiorerellini rosati, che se ne stanno alla sommità di un robusto gambo, ornato di un'altra sorta di foglioline (brattee) rossastre. Insomma, non sembra, ma fiori e foglie sono della stessa pianta, e proprio a causa della mia incertezza, credo proprio che non me lo dimenticherò più. Il p. officinalis è commestibile, i gambi della giovani foglie, carnosi e sodi, sono addirittura addirittura prelibati; tanto che uno dei nomi comuni di questa specie è cavolaccio. Si dice anche che un tempo le foglie intere venissero usate per avvolgere il burro. Il farfaraccio, invece, il p. albus della fotografia, non è velenoso, ma non ha un buon sapore e per questo non è da ritenersi commestibile. Fotografato nei boschi del monte Lavagnola, alta Val Fontanabuona (Genova), aprile 2004.
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Venerdi, Aprile 10, 2009
Pesco
Il dolce colore rosa dei delicati e perfetti fiori di pesco per augurare a chiunque mi legga una buona Pasqua. Anche se questi sono stati giorni di dolore per tante persone, oggi la primavera è stupenda e da sempre non c'è nulla di più gioioso della primavera. Ho fotografato questo pesco vicino al paesino di Roccatagliata, val Fontanabuona (Genova), aprile 2004.
(il blog si fermerà per un paio di giorni)
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Giovedi, Aprile 09, 2009
Anemone trifogliata e anemone bianca
L'aria si è fatta tiepida e ormai il bosco dona senza bisogno che chieda. Blu, rosa, giallo e bianco. Le anemoni trifogliate, (a. trifolia, famiglia ranuncolacee) spuntano fra le foglie secche come piccole stelle luminose. Ho sempre dei problemi a riprendere i fiori così bianchi, la fotografia perde dettaglio, come ubriaca per la troppa luce localizzata in un solo punto. Trovare queste perle nel bosco è come ritrovare dei vecchi amici che si incontrano solo una volta all'anno. Infatti il loro momento è breve e scandisce quel passaggio faticoso, ma appassionante, dall'inverno senza colori e senza suoni alla stagione delle luci e dei canti. E non appena ci siamo abituati a vederle, sono già finite. Queste le ho fotografate oggi, all'inizio del bosco sul bordo della strada verso Bavari (Genova).
Piuttosto simile alla trifogliata è l'anemone bianca, a. nemorosa (qui di fianco). Entrambe crescono nei boschi di latifoglie, quercete e faggete, e fioriscono più o meno nello stesso periodo. La differenza fra le due specie sta soprattutto nella forma delle foglie e nel colore delle antere, bianche quelle della trifogliata e gialle quelle della nemorosa. Fotografata verso la vetta del monte Lavagnola, alta val Fontanabuona (Genova).
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Mercoledi, Aprile 08, 2009
Piselli
Oggi sono in vacanza e ho lavorato un bel po' in giardino. Il tempo è instabile, ma il sole, quando spunta, è caldissimo. Questa fotografia però è dell'anno scorso, in aprile i piselli erano già alti. Quest'anno invece a causa del protrarsi del freddo non sono riuscita a vederli crescere granchè. Queste piante, dall'aspetto così aggraziato e dolce, mi danno sempre molti problemi. Nascono d'inverno, ma soffrono le intemperie. A causa delle piogge abbondanti, spesso i semi marciscono invece di germogliare. Le piccole piantine sono fragili e tremanti. Gli uccelli beccano i semi, mentre bruchi e lumache rodono le foglie. Certo alla fine di tutta la fatica c'è un bel premio: piccoli semi teneri, dolci come caramelle.
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Martedi, Aprile 07, 2009
Glicine
Non c'è nulla di più comune ed ordinario della fioritura dei glicini all'inizio di aprile. Viola pallido, sui radenti rami spogli. Non c'è nulla di più scontato che la fioritura dei glicini all'inizio di aprile. Dove prima era solo un'incannucciato sterile, ora è un manto profumato, straripante. Contro il cielo turchino il lilla si stempera e diventa celeste, come in questa immagina. Il glicine (wisteria o wistaria sono sinonimi) è una meravigliosa pianta ornamentale, semplice ed elegante, spontaneo e raffinato, quando sporge dal muraglione di una villa, o quando, con la stessa solida grazia, si abbarbica al recinto di una casa abbandonata. Della famiglia delle leguminose, ha fiori è papilionacei e frutti in larghi bacelli. Il nome identifica la sua origine, la Cina. Esistono varietà più originali, come i famosi glicini bianchi, con fiori più minuti, ma non per questo meno intensi. Più tardi, con calma, arriveranno le foglie, composte, di un verde giallognolo e leggero, coprenti e ombrose.
scritto alle 22:34 da CarlaFed :: COMMENTI
Lunedi, Aprile 06, 2009
Albero di Giuda
Non è vero, l'ho già detto, che in città la primavera non si vede. Basta guardarsi intorno con un po' di interesse e di curiosità, appena girare la testa; anche se bisogna fare attenzione a non perdere d'occhio la strada. Si scoprono nelle piccole aiuole e soprattutto sui muri, una miriade di fiori nuovi, e sconosciuti. Bocche di leone, calendule, astri. Viole, iris e qualche precoce, sperduto papavero. Ogni giorno un fiore in più. Ma anche senza girare la testa, gli alberi di Giuda è proprio impossibile non vederli. Sono nuvole di rosa acceso che spuntano a tutti gli angoli delle strade. Fra le insegne e i cartelloni pubblicitari, dietro i segnali stradali, contro i semafori. Dappertutto. Per tutto il resto dell'anno se ne stanno silenziosi e quieti, lussureggianti di larghe foglie rotonde, cuoriformi, mimetizzati fra il verde degli altri alberi. E poi spogli d'inverno, in lunga attesa. Ma d'aprile gridano la loro improvvisa gioia di vivere, anche se solo per una ventina di giorni, non di più.
I fiori, papilionacei, rosa lilla, abbondanti, sgargianti crescono sui rami vecchi, o direttamente sul tronco, prima delle foglie. Prestissimo si trasformano in bacelli nero rossastri, rozzi e coriacei. E le nuvole rosa scompaiono, d'incanto come erano venute. Una leggenda vuole che proprio ai rami di quest'albero si impiccasse Giuda Iscariota, pentito di aver tradito Cristo. Oppure più semplicemente, albero di Giuda significa albero della Giudea, regione in cui la specie è tuttora diffusa e sicuramente indigena.
Questa notte in Abruzzo è avvenuto un grande terremoto. La nobile e antica città de l'Aquila è ferita e distrutta. Le immagini restituiscono macerie, polvere grigia. Pure dovevano esserci, fino a ieri, alberi fioriti. Pure dovrebbero esserci, anche oggi, alberi fioriti, stretti alle loro radici, resistenti alla terra che trema. Per distogliere lo sguardo dalle rovine, spero che qualcuno li veda, spero che qualcuno li guardi. Quando la vita è sospesa in un attesa, tragica o dolorosa, fa molto bene guardare gli alberi in fiore.
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Domenica, Aprile 05, 2009
Magnolie
Le magnolie sono piante dalle foglie e i fiori molto grandi. La più famosa e diffusa nei nostri parchi è la M. grandiflora, un imponente albero sempreverde di origine americana (vedi 20 maggio 2008 per un breve commento su questa pianta). Ma anche le belle magnolie denudate, cioè a foglie caduche e a portamento arbustivo, sono divenute assai comuni nei nostri giardini. Le temperature rigide dell'inverno non le disturbano e appena comincia la primavera, la loro fioritura è esplosiva. I rami spogli si ricoprono letteralmente di fiori ampi, carnosi e delicati. La M. soulangeana (a sinistra) ha fiore di diverso colore, dal bianco al giallo al rosa al violetto, a seconda delle varietà; l'esemplare qui qui fotografato cresce in un giardino della bassa val Bisagno (Struppa, Genova). La M. stellata(sotto) ha fiori aperti, bianchi, che la ricoprono come un manto di stelle. La fotografia qui sotto è stata ripresa nel giardino botanico di Lucca, aprile 2009, ma un esemplare molto simile cresce in un giardino non lontano da casa mia (Genova Fontanegli).
Le due fotografie qui sotto, infine, mostrano la M. liliiflora, che ha splendidi fiori eretti, con petali di color rosa acceso esternamente. Alla fine di marzo di quest'anno, in un giardino qui vicino, non erano ancora del tutto sbocciati (foto qui sotto a sinistra). La foto a destra è invece stata scattata un po' più avanti nella stagione (maggio 2002), nel cortile della basilica di San Salvatore dei Fieschi, a Cogorno presso Lavagna (Genova). I fiori sono già aperti, bianco rosati all'interno, e sul ramo hanno cominciato a spuntare le foglie.
La famiglia delle magnolie è una delle più antiche della divisione vegetale delle angiosperme, le piante più evolute, dotate di frutti e semi. Tanto che la moderna tassonomia botanica utilizza il nome Magnoliophyta come sinonimo di angiosperme.
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Sabato, Aprile 04, 2009
Billeri primaticcio
Per un po' di tempo ho confuso questa piantina, piccola, lucida e sfacciatella, con la borsa del pastore (vedi 22 febbraio 2009). Sono invero abbastanza simili e sono estremamente comuni sui bordi delle strade e vicino ai muri. Della famiglia delle crucifere (brassicacee), sbocciano fiorellini bianchi all'inizio della primavera. Hanno foglie basali a rosetta, commestibili. Ma quando ho visto i frutti, le silique, ho capito il mio errore. Le silique della billeri sono allungate come microbacelli (no, no, non sono bacelli, quelli sono i frutti delle leguminose), mentre i frutti della borsa del pastore (anch'essi silique) sono quelli che danno il nome alla pianta, per la loro curiosa forma a cuoricino tringolare. Anche le foglie, a ben vedere, sono assai diverse. La billeri ha foglie composte, imparipennate, con foglioline rotondeggianti. Cresce sui terreni asciutii, rocciosi e nelle crepe dei muri, e proprio su un muretto l'ho fotografata qualche giorno fa. Ho anche assaggiato le foglie, consigliate per dare un tocco piccante alle insalate. Infatti hanno un gusto simile a quello della rucola (13 ottobre 2008), e un po' pungente come il crescione (3 giugno 2008), tanto che a volte questa pianta viene chiamata crescione dei prati.
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Venerdi, Aprile 03, 2009
Primula (vera)
E' meno frequente della primula comune (vulgaris, vedi 7 marzo), e cresce nei vecchi pascoli d'altura, sopra i 400-500 metri. Dicono che sia diventata più rara, a seguito dello sfruttamento agricolo. Ha fiori disposti in un'infiorescnza pendula ad ombrella, in numero da uno a quindici, sulla sommità di uno stelo snello e pelosetto. L'ho incontrata già quasi un mese fa nel bosco sopra casa, dopo una breve salita, e dopo aver visto centinaia della sue cugine vulgaris. Viene detta "vera" o "odorosa", ma non so se abbia un profumo particolare. Oppure primula officinale. Ha una grazia particolare, diversa dalla semplicità limpida della vulgaris. Entrambe però hanno conquistato i giardinieri che ne hanno creato cultivar da vaso di svariati colori, che fioriscono da marzo a maggio e talvolta persino in autunno. Fotografata ad Alpicella, val d'Aveto, aprile 2002.
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Giovedi, Aprile 02, 2009
Carpino nero - amento
Albero comunissimo, della famiglia delle betulaceae ovvero, secondo alcuni, delle corylaceae, ne ho già mostrato i frutti il giorno 11 giugno 2008; assomigliano a quelli del luppolo, pianta erbacea rampicante, famoso aromatizzante della birra (vedi 5 settembre 2009). Perciò viene a volte chiamato 'carpino a frutti di luppolo'. E ancora, carpinella, per distinguerlo da carpino propriamente detto, carpinus betulus, che ha amenti del tutto simili. Il nome scientifico, ostrya, deriva ancora dalla forma dei frutti, dal greco ostreon, conchiglia. Il nocciolo, che è della stessa famiglia, ma fiorisce nel cuore dell'inverno, ormai i fiori li ha già persi quasi tutti per far posto alle foglie. Invece sul carpino nero, gli amenti maschili, penduli, gialli screziati di bruno, sembrano festoni, ondeggianti al vento e luminosi, sui rami dove cominciano a fare capolino le foglie. Bello spettacolo questo degli alberi fioriti, anche se non sono tutti pruni e peschi.
Pagina sul carpino
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Mercoledi, Aprile 01, 2009
Campanellino
Questo è un'altro dei piccoli fiori del sottobosco messaggeri della primavera. I boschi non saranno mai più così intensamente ricchi di fioriture come in questa stagione, quando gli alberi sono ancora spogli o quasi e il sole, a tratti, è già tiepido e le giornate più lunghe. Esistono parecchie specie simili di leucojum, appartenenti alla famiglia delle Amarillidaceae, come i narcisi e le giunchigle. Questa specie è minuta, circa 20 cm di altezza, e ciascuno stelo reca un solo fiore (molto raramente due). Anche se la parola vernum fa pensare all'inverno, in realtà significa primavera. Il nome comune invece è campanellino, non è molto originale, ma divertente e fa venire in mente la fatina di Peter Pan. Una specie molto simile, ma con fioritura più tardiva, l. aestivum, è più alta e porta fiori a mazzetti riuniti in un'infiorescenza a ombrella. Fotografato sulle pendici del monte Lavagnola, aprile 2004. Dal monte Lavagnola nasce il torrente Lavagna che attraversa una bella vallata dell'entroterra genovese, la val Fontanabuona, celebre per le cave di ardesia, prima di sfociare al mare, presso l'omonima cittadina di Lavagna.
scritto alle 22:38 da CarlaFed :: COMMENTI
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