Fiori e foglie... una pianta al giorno
Amo moltissimo le piante. Soprattutto i grandi alberi, le creature più generose della terra. Ma anche le piccole erbe di prato, persino quelle più impudenti, che si ostinano a resistere ai miei tentativi di estirparle dalle aiuole del giardino. Poca gente osserva le piante, forse le trovano noiose. Pochi sanno riconoscere un leccio, o addirittura distinguere un ippocastano da un tiglio. E' un vero peccato, le piante non sono affatto noiose, e in questo diario botanico io voglio presentare ogni giorno una pianta diversa, del giardino, del campo, del bosco
Naturalmente questo blog non ha pretese scientifiche né manualistiche. E' solo una piccola raccolta di pensieri, mentre osservo le piante, con la speranza di imparare a conoscerle meglio.

Lunedi, Agosto 31, 2009
Erisimo
sisymbrium officinale
Sono certo gli ultimi fiori (al passo del Fregarolo, circa 1200 metri slm) dell'erisimo o erba dei cantanti, brassicacea assai nota come rimedio per raucedini e mal di gola. Si riconosce subito per il portamento quasi cespuglioso, pur nella sua esilità; i rami infatti si staccano quasi perpendicolarmente al fusto principale e sulla sommità si aprono i piccoli fiorellini gialli, a quattro petali, come è caratteristico della famiglia. La pianta è rinomata in tutta Europa e si raccontava che la utilizzassero i cantori di Notre Dame de Paris per migliorare le proprie prestazioni e curare i disturbi del mestiere. Per sfruttarne a pieno le proprietà, si tramanda un rito in cui le sommità fiorite, conservate essicate in vasi di vetro, venivano mischiate con la cera delle candele benedette nel giorno della Candelora (2 febbraio). Il tutto veniva accuratamente pestato nel mortaio e il cataplasma così ottenuto veniva posto fra due panni, uno di lana e uno di lino, e applicato all'esterno della gola dolorante. Il rimedio era, secondo quanto tramandato, quasi sempre di pronta efficacia. Peccato che sia ormai troppo tardi, la stagione ci sfugge, l'erisimo è sfiorito e non abbiamo fatto a temp a raccoglierlo nel suo momento di splendore.

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Domenica, Agosto 30, 2009
Amaranto
amaranthus lividusL'amaranto (famiglia amarantacee) è una pianta americana che è arrivata dalle nostre parti come pianta ornamentale, e poi come pianta infestante. Le sue spighe pelose e un pò pungenti hanno, in certe specie, un colore rosso scuro così tipico che viene appunto identificato come 'amaranto'. Ancora proprio per il colore caratteristico, queste specie sono coltivate e non è infrequente vederle crescere, anche a dismisura, in giardini rustici e campestri. Per il resto esiste una tale confusione nella tassonomia di questo genere che non mi azzardo neppure a discuterne. Posso solo dire che i più insigni botanici italiani, fra cui Sandro Pignatti (vedi ieri) ritengono che la specie amaranthus lividus sia caratterizzata da foglie "smarginate all'apice", cioè non a punta, ma con una piccola rientranza, proprio come quelle della foto in alto, che che poi è la pianta che infesta il mio giardino. Devo però precisare che se si cerca sul web immagini relative a amaranthus lividus, la maggior parte degli esemplari fotografati, in special modo quelli da siti non italiani, hanno foglie a punta. amaranthusProprio come la pianta dell'altra foto, qui a destra, per la quale non ho osato sbialanciarmi ad indicare una specie. Tutta rossa, foglie a punta comprese, cresceva sul bordo della strada, impolverata e un po' spersa. A. cruentus? Il nome suggerirebbe un colore rossastro, ma i sacri testi dicono che ha infiorescenze verde cupo. La specie simile, a infiorescenze rossicce, a. paniculatus non è segnalata in Liguria. Propendo per l'interpetazione di una specie da giardino, magari ibrida, sfuggita alla coltivazione. Rimaniamo sull'amaranto in genere. I suoi piccolissimi semi sferici sono commestibili (la specie dovrebbe essere a. caudatus) e si possono trovare in vendita in certi negozi bio-natura-esotici, commercializzati come 'il cereale degli Incas'. A parte il fatto se non so se sia appropriato chiamarli cereali, perché non sono graminacee e soprattutto non se ne fa farina, l'aspetto ricorda quelle palline di carbone attivo che si usano per demineralizzare l'acqua per i ferri a vapore. Cotti come da istruzioni, diventano una specie di gelatina, ma, ben conditi, sono gradevoli e funzionano da inusuale contorno.

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Sabato, Agosto 29, 2009
Ossalide rosa
oxalis adenophylla o corymbosaSi chiama ossalide rosa o tappeto rosa, e non è certo una pianta spontanea dalle nostre parti. Coltivata sì, e anche ricercata per la sua fioritura umile, ma generosa, modesta, ma appariscente. Non certo per nostro intervento, e peraltro già molto prima del nostro arrivo, ha infestato il giardino, in modo perenne, e si fa perdonare l'insistente onnipresenza dei sui bulbetti con queste timide fioriture estive, ridotte al minimo, naturalmente, dalla nostra persistente opera di eradicazione. I bulbi sono rosei, come i fiori, a grappolini, e si disperdono veloci ogni volta che vengono estratti dalla terra. Delle oxalidacee, famiglia di piante prettamente tropicali, ho già parlato in due occasioni: il 20 aprile 2009 per oxalis corniculata o acetosella dei campi, una specie originaria dei nostri climi e presente, come infestante, praticamente in ogni giardino; e il 10 giugno 2008 per oxalis deppei, una specie coltivata e attraente, ma non meno testarda delle sue sorelle. Il nome della specie di oggi potrebbe essere anche oxalis corymbosa, citata anche dal Pignatti*, specie di origine sudamericana, naturalizzata negli orti, coltivi, e lungo le strade. Non saprei quale è la nomenclatura corretta, forse sono sinonimi.
* Flora d'Italia, Edagricole 2003, vol. 2

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Venerdi, Agosto 28, 2009
Verga d'oro
solidago virgaurea
I prati sono pieni di margherite gialle, quasi in ogni stagione. Ma il colore e lo smalto di questa pianticella, che porta frotte di capolini disposti a spighe su steli slanciati ed elastici, alt fino a 80 cm, sono inconfondibili. Le foglie sono verde scuro, sottili, affusolate e lievemente frastagliate.
Il suo nome completo dice già tutto, solidago per utilità, solidità, solidarietà, in ragione delle sue qualità benefiche e numerose applicazioni officinali, e poi l'aggettivo della specie, virgaurea, che si riferisce al suo essere alta e longilinea, e del colore del sole.
Eppure si tratta ancora una volta di una pianta assai comune sulle colline dell'Appennino, dove cresce sui prati freschi, sui cigli delle strade di campagna, umile e sfavillante, in fiore fra luglio e settembre.





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Giovedi, Agosto 27, 2009
Mirtillo nero
vaccinium myrtillusSiamo ormai in piena stagione di bacche, e i mirtilli sono fra le prime; anche se non sono propriamente vere bacche in senso botanico, lo sono per la maggior parte dei superficiali consumatori. I mirtilli si possono raccogliere fra giugno e luglio, mentre in genere in estate avanzata rimangono nel sottobosco soltanto densi tappeti di foglie, con sfumature sempre più rossiccie. Le foglie sono piccole e ovali, ricordano quelle del mirto, e sono disposte in piccoli cespugli non più alti di una spanna.
Per cercare un po' di refrigerio alla calura che non accenna a diminuire, oggi siamo saliti al Passo del Fregarolo, a circa 1200 metri slm, valico ombroso sullo spartiacque fra le valli dell'Aveto e del Trebbia, e lì nelle radure guadagnate alla faggeta decimata dall'annuale raccolta del legname, ho trovato un vaccineto (ovvero campo di mirtilli, da vaccinium, nome scientifico della pianta) pieno di bacche mature, anche se dalla buccia un po' coriacea.
Il mirtillo nero è pianta di grandi virtù, che contiene una vasta gamma di sostanze benefiche, oltre ad essere un frutto dolce e gradevole, al naturale, o in succo, o in marmellata.

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Mercoledi, Agosto 26, 2009
Fiore di vetro
impatiens holstii
Il nome popolare di questa pianta, fiore di vetro, immagino derivi dalla consistenza dei fusti, che sono acquosi e trasparenti. Più divertente è il nome scientifico, che allude all'impazienza dei
semi di liberarsi nell'aria. Basta sfiorare una capsula matura come quella della fotografia per assistere a una piccola esplosione. La famiglia è quella delle balsaminacee e il genere impatiens o balsamina comprende anche specie spontanee, tutte con la stessa divertente caratteristica di possedere frutti a capsula che a maturità si lacerano all'improvviso al più lieve contatto, rivoltandosi improvvisamente su se stesse. Altre piante si comportano in modo simile, proiettando i semi lontano se vengono appena sfiorate (vedi per esempio billeri primaticcio, cardamine hirsuta, 4 aprile 2009) anche se lo fanno in modo più gentile e discreto. Impatiens invece è decisamente sguaiata ed è difficile resistere alla tentazione di provocarla.
Le varietà coltivate sono tutte ibridi della i. holstii, o i. walleriana. Coltivata quasi quanto i geranei su davanzali e balconi, per le copiose fioriture, cresce rapidamente anche da seme (e non mi stanco di suggerire la coltura da seme, più efficace, economica e soddisfacente), anche se i suoi fusti d'acqua non sopravviveranno all'inverno.

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Martedi, Agosto 25, 2009
Falso papiro
cyperus alternifolius
E' soltanto una parente popolare del cyperus papyrus, la pianta ricordata anche nella Bibbia e usata come carta dagli egiziani fin da tempi antichissimi. Il papiro, quello vero, ha bisogno di molto spazio, e di molta acqua, per maturare e mostrare tutta la sua bellezza. Celebre è la piantagione che prospera presso la fonte Aretusa di Siracusa. Ma va bene chiamare familiarmente 'papiro' anche questa variante così diffusa come pianta da appartamento, più facile da coltivare e da propagare, facendo radicare la raggiera di foglie con il centro a bagno dentro l'acqua. C. alternifolius ha fusti sottili e foglie disposte a raggiera, in forma di ombrelle e fiori, giallo marrone, senza petali. Lo avevo fatto crescere in ufficio, da foglie recuperate da qualche parte, ma con il tempo aveva perso l'entusiasmop ed era diventato rado e triste. Ora, sistemato in un aiuola e annaffiato a volontà (anche lui è pianta palustre che cresce nell'acqua) è tornato a sorridere, si è molto ingrandito, tollera bene gli inverni e fiorisce, a suo modo, tutte le estati.

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Lunedi, Agosto 24, 2009
Solanum
solanum jasminoides
Ecco due piccole 'melanzane' ornamentali. Due piccole solanacee che anche se sono delle buone a nulla come la cuginetta morella (solanum nigrum, 15 ottobre 2008), hanno imparato molto dalla graziosa dulcamara (un'altra cuginetta, solanum dulcamara, 28 giugno 2009), crescendo fiorellini stellari grandi quel tanto che basta ad essere ben visibili e quanti basta per essere in fiore per tutta l'estate. Ed eccole qui, specie ornamentali modeste, ma ricercate, e vezzeggiate.
solanum crispum Una è bianca come un gelsomino bianco, e subito gli ruba un po' del nome; l'altra è lilla, proprio come una vera melanzana (solanum melongena, 17 luglio 2008), ma i suoi frutti a bacca non diventano più grandi di un nocciolo di ciliegia.
Famiglia singolare quella della solanaceae, commestibili e velenose, gioia per gli occhi e turbamento per la mente (datura stramonium, vedi 20 luglio 2008), alimenti insostituibili come la patata e il pomodoro, e abitudini che andrebbero sostituite (tabacco, nicotiana tabacum). Insomma, un po' tutto e il contrario di tutto.

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Domenica, Agosto 23, 2009
Allamanda
allamanda catharticaLa famiglia della Apocynaceae comprende numerosi generi di piante tropicali, ma anche generi che crescono nelle aree temperate. Tutti si distinguono per l'intensità delle fioriture. Pare quasi che tutti i fiori di questa famiglia abbiano voglia di farsi guardare, come creature non solo belle per l'armonia delle forme, ma anche appariscenti, esuberanti, estroverse. Fra le specie delle zone temperate, ecco l'oleandro e la pervinca (13 marzo 2009), ciascuno a suo modo stupendo e sfacciato. Fra le tropicali, originarie dei Caraibi e dell'America latina, ma ormai adattate al clima dei nostri giardini e terrazzi, la più famosa é la plumeria o pomelia, un vero gioiello della natura, e poi la dipladenia, rampicante generoso con ampi fiori a forma di imbuto, bianchi, rosa o rossi, e questa allamanda, che fiorisce da giugno a ottobre, con imbuti ancora più ampi di colore giallo oro. La parentela con l'oleandro e la pervinca si riconosce da una certa forma delle corolle, con i petali parzialmente fusi fra loro e poi leggermente accavallati in una geometria di svogliata raffinatezza.
Fotografata nel giardino botanico di Lucca.

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Sabato, Agosto 22, 2009
Poligono convolvolo
polygonum convolvolus
Le foglie sembrano davvero quelle del vilucchio (calistegia sepium, vedi 16 luglio 2009), a causa della lamina astata, a forma di freccia; ma inutile cercare le bianche campanelle con riflessi rosa. Questa pianta si avvolge a sostegni e piante ospiti in senso orario, e sale per più di un metro, ma ha steli angolosi e la guaina caratteristica delle polygonaceae, detta ocrea (vedi 13 agosto 2009). I fiori sono assai poco appariscenti, bianco verdastri, crescono in spighe poco compatte e poi formano frutti verdi e gialli, come minuscole monetine cuoriformi. A maturazione, i frutti diventano nero opaco. Diffusa praticamente ovunque (la foto, dell'anno scorso, è stata scattata per strada, non lontano da casa), infestante delle colture e soprattutto dannosa perché si avvinghia a fusti e rami, questa pianta non ha nessun utilizzo né interesse popolare. E' solo una curiosità, un convolvolo intruso fra le poligonacee.

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Venerdi, Agosto 21, 2009
Paulownia
paulownia imperialis
La città è sporca. D'agosto, nella calura impietosa di questi giorni, è calda e inaridita. Ogni vapore diventa miasma e da asfalto e cemento sale un'aria densa e pesante. Gli alberi di città sono usi a fronteggiare qualsiasi avversità climatica, ma in questo abbandono sembrano assopirsi e scivolare in un loro personale letargo. Le paulownie sono alberi maestosi, dal nobile portamento. Hanno larghe foglie cuoriformi e a primavera si coprono di un'incredibile fioritura dal viola al blu. Questo esemplare cresce vicino al polveroso parcheggio della stazione ferroviaria, oltre un muretto, quasi sui binari. E' un albero possente, che sfoggia in questa stagione grappoli di frutti a capsula di forma ovoidale. Della famiglia della Scrufulariaceae, è simile, ma facilmente distinguibile, dalla catalpa, che ne condivide la sorte spesso amara di albero ornamentale a guardia del traffico dei viali cittadini. La catalpa (ma ne parlerò un'altra volta) è una bignoniacea con frutti a forma di fagiolino.

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Giovedi, Agosto 20, 2009
Sedum spectabile
sedum spectabile
Ci vuole una pianta così per non accusare alcun disagio nel caldo torrido di questi giorni. E' passato ferragosto e fra poco saremo anche fuori dal solleone, ma l'aria è sempre più rovente ed immobile e la calura non accenna a diminuire. Anzi, fino a qualche giorno fa faceva molto caldo solo durante il giorno, ora anche di notte. Ma il sedum, liscio, grasso e imperturbabile, allarga i suoi deliziosi fiorellini rosa, che erano già pronti da un po', fra le larghe foglie ovate, ma ancora non volevano mostrarsi. Ora stanno sbocciando, come ombrellini di perle.
sedum spectabileSul balcone, è rimasto all'asciutto per quasi due giorni, ma non ha battuto ciglio (negli altri vasi, i nasturzi si sono piegati all'afa). Beve tutto il sole che arriva e ne gode. D'inverno scomparirà del tutto, seccheranno le foglie grassottelle, ma già all'inizio della primavera comincerà a spuntare come un cavolino, verde, limpido.
E' una pianta semplicissima da mantenere e propagare per talea, che non soffre né freddo né caldo. Ma chi l' ha detto che bisogna essere 'difficili' per essere belle?
Il vaso della fotografia sopra, fitto di ombrelle rosa, era sistemata sul muretto di una casa nell'antico borgo di Cassagna, in val Graveglia, agosto 2007. Qui a sinistra, invece, un particolare della fioritura del mio balcone.

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Mercoledi, Agosto 19, 2009
Carlina raggio d'oro
carlina corymbosa

Questo 'cardo' mediterraneo ha capolini floreali circondati da brattee raggianti, che assomigliano alle ligule delle margherite, di un tipico colore 'oro antico'. Eretto, con foglie oblunghe e spinosissime, cresce nei luoghi aridi del centro sud fino alle isole, sopportando con alterigia il sole ardente e implacabile dell'estate. Cresce nelle scarpate e persino ai margine delle spiagge. Come molte altre specie spinose, le bestie feroci del mondo vegetale, ha un portamento nobile e un aspetto attraente, ma non conviene avvicinarla troppo perchè le sue punture non perdonano.
Fotografato sulle pendici delle colline fronte mare di Rodia, Messina, agosto 2002.






Martedì, Agosto 18, 2009
Astro nano (astro della Cina)

callistephus chinensis Nees
Non ho ambizioni di essere una giardiniera raffinata. Per diventarlo, non ho dubbi, mi manca il tempo e il talento. Solo, amo le piante e le sfide che sempre pongono. Parafrasando il pensiero di Lorenzo Ciarlo, in un articolo della rivista Rosae (vedi 20 e 21 giugno 2009), nel giardino non esistono regole fisse, perché specie e varietà di piante sono individui con il loro specifico comportamento che può variare moltissimo in ambienti anche poco differenti, da un anno all'altro. Il lavoro di costruire e mantenere un giardino è molto faticoso e molto lento, gli errori si correggono e le esperienze si maturano nei decenni. Per questo talvolta cerco una bella soddisfazione in fiori freschi e generosi come questi piccoli crisantemi. Seminati in marzo, subito spuntano e messi a dimora crescono, fino a regalarmi, senza far complimenti, una varipopinta fioritura, che dura, nel cocente sole di agosto.
Questa specie, probabilmente originaria dell'Asia orientale, è spontanea anche da noi, sembra almeno nel Friuli Venezia Giulia.

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Lunedi, Agosto 17, 2009
Saeppola (di Naudin)
conyza albidaNome alquanto bizzarro per una pianta di origini lontane (Americhe), ma da tempo quantomai comune, e diffusa, e infestante. Non ho capito l'origine del nome comune, solo so che Naudin era un botanico francese del 1800. Il nome scientifico, conyza, deriva invece da 'pulce' o 'polvere'. L'ho vista crescere a poco a poco, fino a diventare, in almeno un caso, più alta di me. E' questo infatti la specie più alta del genere conyza, e si chiama anche c. altissima. I fiori sono capolini tubulosi, completamente privi di ligule, il che li rende modesti e poco attraenti. I frutti sono acheni con pappi, che formano piccoli soffioni. E' una pianta da scarpate, da bordi stradali di periferia, da incolti, da ruderi post-industriali, dove le piante scavano il cemento e riconquistano l'ambiente da cui erano state goffamente cacciate via. E' naturalizzata nel nostro paese da abbastanza tempo da essere entrata a far parte di usi e tradizioni popolari, non certo da protagonista, ma da più probabilmente da succedanea. Faccio quest'ipotesi perché il suo portamento longilineo, il fusto zeppo di foglie fitte e ruvide, anche se non aromatiche, ricorda quello di altri vegetali più nobili, se di nobiltà si può parlare nel caso di dittricha o inula (28 settembre 2008), di tanaceto (24 luglio 2008), delle varie artemisie (27 luglio 2008). Li ricorda, anche se molto se ne distingue, e come questi era usata per cacciare insetti, parassiti e spiriti maligni.

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Domenica, Agosto 16, 2009
Peperoncino calabrese
capsicum annuum
Aroma insostituibile di tanti intingoli, questo peperoncino, piccantissimo, è una prelibatezza per i più coraggiosi, appena colto dalla pianta, spalmato sul pane con poco olio. E' anche una pianta ornamentale, adesso che i lucidi frutti sono tutti diritti, scarlatti e brillanti, sui rametti già adorni delle fresche foglioline allungate. Questa pianticella è una varietà tipica della Calabria, di cui tale regione va giustamente fiera. Di tutto la si può accusare, tranne di essere insipida.
I peperoni dolci (genere e specie sono gli stessi, la foglia praticamente indistinguibile, quello che è diverso è il contenuto di capsicina, sostanza che irrita le mucose) pendono gonfi e goffi, ammucchiati alle ascelle delle foglie, ancora interamente verdi. Sto aspettando con ansia le prime sfumature di giallo.
In questi giorni di festa e prigrizia (le feste invernali sono molto più incalzanti), mi compiaccio di contemplare l'orto, specialmente al mattino, prima della calura, e al tramonto quando i raggi si fanno finalmente più morbidi.

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Sabato, Agosto 15, 2009
Basilico
ocimum basilicum
In questa caldissima giornata di ferragosto, mi appresto a preparare una cena estiva, con le immancabili trenette al pesto. Raccogliere il basilico, le sue larghe foglie croccanti, levigate, odorose è il momento migliore della preparazione. Su un paio di piantine sono già sbocciati i fiorellini bianchi a forma di piccole labbra (la famiglia è quella delle labiate). Vorrei provare a farli andare in seme, ma oggi devo ancora cimarli. Avrò ancora molto bisogno di foglie. Il basilico è pianta aromatica per eccellenza nella cucina ligure e, come tutti i genovesi, ho imparato a conoscerlo da quando ero molto giovane ed ho le mie credenze, abitudini, preferenze e manie a proposito del suo utilizzo. La mia ricetta del pesto alla genovese si trova in questa pagina. Da noi si fa sempre così, a mano, mai con il frullino, con aglio e pecorino sardo e olio quanto basta, mai troppo. Il basilico è facile da coltivare. Si può seminare in primavera e successivamente trapiantare o diradare un po', oppure si possono mettere in terra le piantine acquistate dal fruttivendolo. Infatti,dato che le foglie di basilico una volta colte si ossidano velocemente e non si conserverebbero a sufficienza, viene messa in vendita l'intera pianta, che ha tutto quello che le serve per attecchire e svilupparsi, fornendo foglie per tutta l'estate. Cimato, il basilico butta due germogli e continua così finchè il clima glielo consente. Come conservarlo? Io non amo il basilico congelato; so che molta gente lo fa e rispetto i gusti di tutti. Ma io preferisco congelare il pesto, già pronto per l'uso, per aver un po' del sapore dell'estate per tutto l'inverno.

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Venerdi, Agosto 14, 2009
Thunbergia

thunbergia grandiflora

L'estate mediterranea non è ricca di fiori. Si lamenta Isabella Casali di Monticelli, sofisticata costruttrice di giardini nel suo raffinato manuale "Nel Giardino si incontrano gli dei" (Sperling & Kupfer, 2005), di non riuscire a far comprendere agli amici come la stagione entri in un letargo avaro di colori e forme. Luglio e settembre, dice, sono più generosi, ma in agosto la natura si riposa. I fiori di agosto sono esotici e ricercati, niente, dice ancora Isabella, di paragonabile alle fioriture dolci e romantiche della primavera, fatte di bianchi teneri e rosa lievi. E ancora una volta, nel calore infuocato di un agosto mediterraneao, ci viene in aiuto l'Africa meridionale, con questa pianta, della famiglia della Acantaceae, che sfoggia campanule esagerate, imbuti lussureggianti, dai ricchi colori. Questa bellissima fioritura l'ho incontrata in un giardino siciliano, nell'estate del 2002 (la macchina era un CoolPix 995, compatta e snodabile, oggi sembra una carcassa da antiquariato, ma all'epoca era un piccolo gioiello).

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Giovedi, Agosto 13, 2009
Poligono persicaria
polygonum persicaria
La persicaria è una parente stretta della nobile bistorta (polygonum bistorta), che ricopre di un roseo, impalpabile, tappeto i declivi alpini a primavera. E' anche stretta parente di polygonum lapathifolia, così simile che è difficile definirne le differenze senza usare l'ostico gergo dei botanici. Per dirla con le loro parole la differenza fondamentale starebbe nella forma dell'ocrea, ovvero la guaina posta alla base del picciolo delle foglie nelle poligonaceae (la famiglia a cui appartiene). Questa appare dentellata nella persicaria, ma assai meno nella p. lapathifolia. Non sono proprio certa che questa pianticella nata nel mio giardino sia veramente persicaria, ma lo sospetto a causa del segno nero distintivo a forma di V che marchia il centro delle lucide foglie lanceolate, simili a quelle del pesco, da cui deriva il suo nome. I fiori sbocciano in piena estate e sono rosati, a tratti rossi, come lo stelo, mentre p. lapathifolia li avrebbe bianco verdastri. A causa di queste macchie, il nome scientifico oggi frequentemente indicato è persicaria maculosa.
Questa pianta mi ha sempre incuriosito, con quei fiori disposti a spighe compatte. D'altra parte, alle poligonaceae appartiene anche un cereale nobile come il grano saraceno, che superficialmente potremmo pensare sia una graminacea (monocotiledone; le poligonaceae sono dicotiledoni). La persicaria però non produce grani da farina, purtroppo, o per fortuna per lei. Ha le semplici virtù di un'erbetta un po' commestibile, un po' medicamentosa, tutto sommato un'infestante, che colonizza le scarpate ferroviarie, i giardinetti come il mio, i viottoli trascurati e i luoghi incolti.

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Mercoledi, Agosto 12, 2009
Lanterne cinesi
physalis alkekengiQuesta pianticella, originaria del Giappone, si è naturalizzata in quasi tutto il territorio della nostra penisola, ma normalmente viene anche coltivata, sia la varietà commestibile (edulis, vedi 19 ottobre 2008), sia la varietà esclusivamente ornamentale (a volte detta physalis franchetii). Della famiglia della Solanaceae, ha piccoli fiori aggraziati, che ricordano quelli della morella (solanuma nigrum, 15 ottobre 2008). Ma nulla farebbe mai presagire la meraviglia estetica del frutto maturo, completamente avvolto da un calice papiraceo che sembra una piccola lampada cinese, sia per la forma, che per il colore giallo arancio. Se i rami si tagliano al momento del massimo splendore, si eliminano le foglie e si appendono ad essiccare in luogo opportuno, i 'lampioncini' conservano intatti forma e colore. Se invece li lasciamo invecchiare sulla pianta, si fanno sempre più sottili e diafani, perdono il tessuto colorato e, nella migliore delle ipotesi, conservano solo la trama sottile delle nervature. Spesso invece appassiscono, si disfano, e seccano, liberando la lucida bacca che contengono.
Per fortuna oggi li ho fermati in un immagine, per celebrare il loro miracolo, ma anche un poco la mia nuova macchina fotografica al suo primo giorno di servizio (non per pubblicità, ma per documentazione, è una Nikon D90). Mi pare si stia comportando bene.

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Martedi, Agosto 11, 2009
Verbena
verbena officinalis
La verbena è una pianta eretta, sottile, poco appariscente, molto comune, eppure poco conosciuta. Il nome, invece, è assai noto, ed evoca un'aura leggendaria, perché la pianta era sacra ai romani e presso altri popoli europei. Diffusa anche in America, non è pianta commestibile, perché il sapore è sempre terribilmente amaro e le foglie sono troppo esili e coriacee, in qualsiasi momento della crescita. Ma le sue virtù officinali, come lo stesso nome garantisce, sono molteplici e conosciute su entrambe le sponde dell'Atlantico. Non sono solita elencarle, perché mi pare fuori luogo; esistono centinaia di libri, nonché una miriade di siti web, che trattano delle virtù medicinali delle piante; e già troppi di loro lo fanno in modo frammentario e approssimativo. Quindi 'non mi lego a questa schiera', soltanto voglio aggiungere che l'utilizzo delle piante per medicamento, come pure per scopi alimentari, richiede una precisa competenza, nel saperle raccoglierle, trattarle, conservarle e propararle, una competenza che non si improvvisa.
Dopo l'achillea, anche la verbena merita un posto importante fra le piante dei nostri cuori, anche se è incredibilmente modesta e cresce davvero ovunque possa saltare in mente. Non è particolarmente attraente, ma si distingue, a suo modo, perché è diversa da tutte le altre (la famiglia è qella delle verbenaceae). Fiorisce per tutta l'estate, con minuscole spighe, rigide e attente, di un colore che sfuma dal bianco al rosa al lilla, su fusti dall'aspetto tenue e delicato, tenacissimi invece, a prova di strappo.

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Lunedi, Agosto 10, 2009
Achillea o millefoglio
achiullea millefolium
L'achillea è fiorita da giugno a settembre e i suoi fiori sono bianchi o rosa. Le foglie, che si dipartono da un fusto rigido e quasi legnoso, sono riccamente frastagliate, come una felce, tanto da apparire quasi piumose e da ciò deriva il nome scientifico della specie e anche uno dei suoi nomi comuni. Il nome vero e proprio del genere invece ha origine dalle sue leggendarie proprietà cicatrizzanti, di cui si sarebbe avvalso anche il mitico piè veloce per curare le ferite di combattimento. Non solo, l'achillea viene citate per le sue virtù straordinarie anche nelle fiabe, dove l'ardimentoso cavaliere riesce finalmente a liberare la principessa dall'orco cattivo perchè munito dell'erba dalle mille foglie che cicatrizzava istantaneamente tutte le ferite che il perfido guardiano gli infliggeva. Anche se la credenza popolare ne ha probabilmente un po' esagerato l'efficiacia, le foglie di achillea hanno effettivamente proprietà emostatiche, astringenti e cicatrizzanti per le piccole ferite. Oltre a ciò, l'achillea è una pianta presente nella farmacopea popolare e nei rituali di molte razze. Curiosamente, un vecchio contadino che aveva appreso alcune proprietà delle piante da sua madre, nota curatrice di campagna, me ne consigliò l'infuso per calmare gli eccessi della pertosse di cui era ammalata la mia bambina. Non ho trovato da nessuna parte precise indicazioni circa la sua efficacia in questa patologia .. ma ho molta fiducia nella persona che me la indicò. Con le erbe è giusto essere prudenti, ma in questo caso l'esperienza sul campo val bene quella di milioni di pagine stampate.

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Domenica, Agosto 09, 2009
Menta
mentha piperita
mentha viridis

Nel mio giardino crescono due tipi di menta, la mentha piperita, dai fusti di colore scuro e quasi legnosi alla base, le foglie lisce e i fiori a spighe leggermente rosate, e la mentha viridis, con foglie rugose verde brillante come i fusti, e i fiori bianchi. Della famiglia della labiate, sono tutte e due da qualche giorno in fiore e si assomigliano molto, come molto assomigliano a tutti gli altri, numerosi tipi di menta che si incontrano in prati e boschi. Della menta già dissi qualcosa quando ho parlato della nepetella (24 settembre 2008) e della menta acquatica (21 ottobre 2008). Ho già detto quindi di come la fama e la fortuna della menta siano alquanto controverse. Gli omeopati la proibiscono, spesso la odiano, e i venditori di frutta e verdura la fanno pagare a peso d'oro. Qualche anno fa mi chiesero 4 € per uno striminzito mazzolino, che però mi era indispensabile per una certa ricetta ... certe pretese non hanno fondamento perché la menta è una pianta robusta, che si riproduce con esuberanza, grazie a radici a stolone che corrono come una rete sottoterra e danno origine ad altre piantine. E' in pratica un'erba infestante e mettendo a dimora un solo esemplare si può velocemente coprire un campo. Si può coltivare anche in vaso, anche se quando diventa troppo alta, bisogna tagliarla quasi alla base, bagnarla a dovere per vari giorni prima che nuovi germogli riprendano a crescere. Non è né più rara né più delicata di molte altre erbe aromatiche, ma forse più bizzarra e ricercata nei mercati di città, non avvezzi ai colori e ai profumi chiari e forti.

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Sabato, Agosto 08, 2009
Plumbago

plumbago capensis

Fiori celesti, a mazzetti composti, si allungano sulle aiuole e si abbarbicano alle pareti della grande scala padronale di una villa. E' villa Grimaldi, nei parchi di Nervi (Genova), antica residenza di nobiltà che vanta uno dei più bei giardini della Liguria. Ma anche nei giardinetti più modesti, questa plumbago (capensis o auriculata sono sinonimi) fa la sua figura. Anche detta impropriamente 'gelsomino azzurro', plumbaggine o ancor peggio piombaggine, traduzione fin troppo accurata del nome scientifico che deriva indubbiamente da piombo, l'origine è africana (ancora quell'incredibile fucina di specie vegetali che è il Sud Africa) e la famiglia quella delle plumbaginaceae. Sogno di ricoprire del suo verde e del suo azzurro grazioso e tenace qualche muro di pietra antica.

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Venerdi, Agosto 07, 2009
Cardo lanoso o scardaccio
cirsium eriophorum
Scrivevo ieri a una cortese visitatrice di questo blog* che per me individuare l'identità di una pianta, famiglia, genere e specie, è un po' come giocare a una caccia al tesoro, perché talvolta si scopre qualcosa di totalmente imprevisto. In ogni caso è sempre una piccola soddisfazione riconoscere una pianta, ed essere convinti del riconoscimento.
Credo che nel caso di questo cirso, l'ennesimo 'cardo' o fiordaliso spinoso, la chiave di tutto sia la lanosità dei suoi capolini. Prima che il fiore sbocci con i suoi filiformi petali violetti, tutto l'involucroo è fittamente coperto di lanugine. Non per niente si chiama comunemente 'cardo lanoso', mentre il nome delle specie significa qualcosa come "che porta (cioè che è coperto di) lana". Un particolare importante per riuscire a riconoscerlo nella giungla di cirsi e cardi delle nostre parti, che sono tanti, tutti spinosi, tutti uguali e tutti diversi.
Il cardo lanoso ha fusti eretti e robusti e capolini grossi fino a 8 cm di diametro che ricordano un po' quelli del carciofo (vedi 13 settembre 2008 ). Le foglie sono sessili (senza picciolo), lanceolate, laciniate (vedi 11 settembre 2008) e provviste di acutissime spine, molto più minacciose di quelle del cardo dei campi. Sarà per la sua aria bellicosa che lo chiamano anche scardaccio? Cresce sulle colline dell'Appennino ligure (dove l'ho fotografato), ma anche sulle più nobili pendici delle Alpi.

*Il format di questo blog non è molto accattivante per chi volesse lasciare un commento. In compenso i miei visitatori mi scrivono spesso alla email che si trova nella homepage (la conservo gelosamente per minimizzare lo spam). Per favore continuate a farlo, e se non rispondo, insistete ;-))

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Giovedi, Agosto 06, 2009
Banano
musa
musa

I banani sono arbusti giganti, che crescono bene anche da noi, qui in Liguria, in Riviera, o ancora meglio nel Sud. In Sicilia, dove sono state scattate queste fotografie (agosto 2002), i banani prosperano e fruttificano. Ma poichè non ho mai sentito parlare di 'banane siciliane' non so se i loro frutti siano così gradevoli e commestibili. Come è noto la banana è un frutto tropicale, e il sole dei tropici è un po' un'altra cosa. Originaria del Sudest asiatico, si è adattata bene sia in America latina che in Africa ed è diventata un prodotto di largo consumo anche nelle regioni dove non maturerebbe mai. Consumo non molto eco-solidale, perché proprio la banana africana, prodotta da comunità contadine indipendenti, non è mai riuscita a conquistare (chissà come mai) il mercato globale.
La prima volta che sono stata in Brasile avevo 23 anni e non mi piacevano le banane. Ma quando ho assaggiato quel saporitissimo frutto, delizioso come una crema nata pronta, celebre per il suo 'sapore di rosa', non potevo credere che fosse lo stesso frutto che arriva da noi, pallido e secco, raggrumato e insapore. Le banane europee o sono verdi o sono sfatte. Quelle brasiliane sono una gioia del palato. Ne esistono moltissime varietà, anche se la specie dovrebbe essere per tutte le banane commestibili l'ibrido Musa X paradisiaca. Ci sono banane adatte ad essere consumate crude, come la banana ouro (banana oro), piccola e dolcissima, la banana prata (banana argento), nutriente e gigantesca, e altre adatte per friggere, arrostire, preparare marmellate e farine. E' la frutta più comune, cibo dei poveri, gradito a tutti.
A noi, qui al Nord, resta solo la pianta, musa, con quelle foglie ingombranti, pesanti, a loro modo decorative.

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Mercoledi, Agosto 05, 2009
Cardo campestre
cirsium arvense
cirsium arvense

E' più famoso per le sue infruttescenze cotonose, bianchi fiocchi che in questa stagione svolazzano sui campi incolti, che per le timide spine di cui sono provviste le foglie. Fiore che si osserva, rosato e dolcemente odoroso (forse parlare di profumo è eccessivo), ma raramente si coglie, vuoi per le spine, piccole, ma fastidiose, vuoi per l'aspetto inequivocabile di piantaccia infestante. Lo chiamavamo fiore del cotone, ma purtroppo i suoi pappi non si possono filare.
Si fa chiamare anche stoppione ed è erba infestante molto robusta perché si riproduce dalle radici. Un po' come la menta, e la podagraria (girardina silvestre, vedi 23 maggio 2008), le radici producono nuove piante e l'aratura non ne disturba la proliferazione, anzi in genere non fa che aumentare il numero di prozioni di radice in grado di produrre nuove piante. E' anche erba commestibile, di cui si consumano i germogli teneri all'inizio della primavera, quando sono così poco aggressivi che si possono raccogliere a mani nude. Ed é erba medicamentosa, che si è guadagnata il nome di 'cardo emorroidale' per la sua efficacia nella cura di questa fastidiosa affezione.



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Martedi, Agosto 04, 2009
Tamerice comune

tamarix gallica

Che la tamerice fosse ancora fiorita d'agosto, sulla scogliera lungo la passeggiata a mare Anita Garbaldi, a Nervi (Ge), mi ha a dir poco sorpreso. Certo non è la fioritura di maggio, quando le filiformi foglie si ricoprono di un ricamo rosato. Ora sono solo punteggiature rade, piccole spighe sospese nella trama. Quasi figli tardivi di madri anziane. Le tamerici, la maggiore, tamarix africana, ma anche la comune,tamarix gallica, specie molto simili e facilmente confondibili, fioriscono in primavera. Spiccano questi fiori sulla scogliera riarsa dal sale e dal sole, poco lontano dai fiori secchi di cineraria e dalle ombrelle giallo verdi degli indomiti finocchi marini. Spiccano sulla scogliera contaminata, perchè in mezzo alle fronde sottili a tratti si intravedono strappi di carta, e plastica e sbaffi di catrame.
Mi chiedo se siano proprio le stesse tamerici, cantate come umili da Virgilio (arbusta iuvant humilesque myricae ovvero "sono grati gli arbusti e le umili tamerici") e riprese da Giovanni Pascoli per titolo di una sua raccolta, appunto, Myricae.

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Lunedi, Agosto 03, 2009
Giglio di san Giuseppe (emerocallide)
£hemerocallisEmerocallide significa bellezza di un giorno e deriva dal fatto che i fiori durano soltanto un giorno e poi sfioriscono. Chissà mai perchè questa specie viene detto giglio di san Giuseppe. San Giuseppe, come è noto, si festeggia il 19 marzo, mentre hemerocallis fulva fiorisce fra la fine della primavera e l'estate. La confusione aumenta se poi si scopre che le emerocallidi in genere si chiamano anche gigli di san Gaetano. Va bene che San Gaetano (Thiene da Vicenza) si festeggia il 7 agosto, in stagione con la fioritura delle emerocallis. Ma San Giuseppe? Non può essere un caso. Cerca che ti cerca, aumentano le perplessità. Il giglio è il fiore di San Giuseppe, che spesso viene rappresentato con il bambinello in braccio e un giglio in mano (a lui o al bambino), ma ahimè il giglio è sempre bianco, quel lilium candidum che si chiama anche giglio di San Pietro (fiorisce anche lui alla fine di giugno). Pare quasi che ogni santo esiga il suo giglio, e fra santi e gigli non ci si raccapezza facilmente.
Meno male che questo bellissimo fiore (la famiglia è ovviamente quella della Liliaceae), che spopola nei giardini perché è anche facile da coltivare, ha il suo nome scientifico, preciso, e volgarmente si può chiamare anche giglio turco, il che concorda con la sua origine asiatica. Fotografata in un giardinetto, presso Arma delle Mànie, nell'immediato entroterra di Finale Ligure, presso la celebre grotta preistorica, agosto 2007.

scritto alle 16:21 da CarlaFed ::    COMMENTI


Domenica, Agosto 02, 2009
Ontano
alnus glutinosaLe foglie giovani degli ontani neri (foto a destra) sono lucide e a volte rossicce. La forma ricorda quella delle foglie di nocciolo, ma la consistenza è molto diversa, più o meno la differenza che c'è fra la carta da pane (nocciolo) e la carta semipatinata di un settimanale (ontano). Gli ontani neri crescono presso i corsi d'acqua, sono alberi ampi e freschi, dispensatori di ombra luminosa. Questo 'cucciolo' cresceva nella zona dei piani di Praglia, luglio 2009.

alnus incana

Meno comune dell'ontano nero, più rustico e montano, l'ontano bianco (a sinistra) ha foglie più chiare e dentellate e cresce con facilità negli incolti. I frutti sono simili nelle due specie, piccole pigne verdi, legnose quando sono mature. La fotografia qui sopra è stata scattata fra Barbagelata e il Monte Caucaso (circa a 1000 m slm), agosto 2007.
Gli ontani più comuni in Italia sono tre; oltre a quelli descritti, l'alnus cordata, ontano napoletano, ma diffuso in Italia dal Sud fino alla Liguria, che si può vedere in questa pagina. La famiglia è quella delle Betulaceae, mentre il nocciolo sempre più frequentemente viene assegnato a una famiglia a sè, le Corylaceae.

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Sabato, Agosto 01, 2009
Saponaria
saponaria officinalis
Si frantuma tutta la pianta, ma soprattutto la radice, e si pone in un calderone, portando in ebollizzione per circa un'ora; la soluzione schiumeggiante che si ricava viene poi impiegata per lavare indumenti delicati di lana e tessuti colorati a cui conferisce particolare lucentezza. Per la stessa ragione viene utilizzata come shampo per ravvivare il colore dei capelli. Dovrei usare il passato? Ormai l'industria chimica e cosmetica ci fornisce prodotti che dovrebbero avere la medesima funzione, chiusi e impacchettati in eleganti confezioni. La saponaria, invece, cresce lungo i fossi e da lì bisogna sradicarla e ripulirla dal terriccio e dalla polvere, prima che sia lei a ripulire noi. A parte questi inconvenienti, il potere detergente della radice di saponaria è noto dalla notte dei tempi e in questo assai più affidabile e garantito di quello dei liquidi contenuti nei colorati involucri in commercio. Deriva da sostanze tensioattive, ovvero capace di portare i grassi in soluzione acquosa, che prendono il nome di saponine. La pianta ha anche utilizzi officinali (espettorante, depurativa e diuretica), ma le saponine, sostanze che sono presenti anche in molte altre piante, sono tossiche, e perciò tutti i preparati ad uso interno sono da evitare, o quantomeno usare con grande prudenza. Di ciò peraltro erano consci gli antichi utilizzatori contadini, che bevevano le tisane soltanto dopo i pasti e a piccole dosi. Belli i suoi fiori, rosa e profumati. Della stessa famiglia dei garofani (9 e 10 luglio 2008) e delle seleni (16 giugno 2009), ma anche delle nobilissime cotronelle alpine (21 luglio 2009), cioè le Cariophyllaceae, come tutte queste piante, anche la saponaria ha la base dei petali racchiusa in un calice stretto e lungo. E' pianta molto diffusa e fiorisce fino ad agosto, specie nelle zone montane come qui, alle pendici del monte Antola, località Casa del Romano in alta Val Trebbia, comune di Propata (Genova), dove l'ho fotografata all'inizio di agosto del 2008.

scritto alle 16:58 da CarlaFed ::    COMMENTI


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