Bisogna ammetterlo. Se la primavera è la stagione dei fiori, dei colori inaspettati e dei verdi morbidi e magici, di quando la naturaè una fanciulla di vent’anni, e si mostra timida e sfacciata in tutto il suo fascino segreto, l’estate invece, soprattutto l’estate inoltrata e sfatta di fine agosto, è la stagione delle erbe stanche, delle piante fiaccate dall’afa, spesso ridotte a sterpi ruvidi e grigiastri, colonizzati dai più disparati parassiti. L’estate è la stagione dei frutti, dei figli che consumano le madri e ne risucchiano la bellezza. D’estate ci si accontenta di scoprire qualche fiore tardivo, fra le chiome intricate di un fogliame troppo abbondante.
Non sono belle le forme di questa pianticella, Lunaria rediviva, che cresce fra bosco e prato, anche più comune della Lunaria annua, i famosi medaglioni del papa. Sono proprio i frutti a stupirmi, siliquette oblunghe ancora verdeggianti oppure già ingiallite, troppo ovali per sembrare monete; ma quando sono secchi si sfogliano, scoprendo una membrana centrale traslucida e argentata. Pianta perenne, come suggerisce il suo epiteto specifico rediviva, è davvero molto simile alla sua sorella L.annua (che comunque pare che annua non sia, ma perenne anche lei). Mi ha sorpreso così, per la somiglianza e la diversità insieme e sono curiosa se a primavera ne potrò scovare i fiori, quattro petali a croce come tutte le brassicaceae, rosa pallido o bianchi, profumati.