La genziana più celebre, conosciuta e usata fin dall’antichità, non è azzurra, ma gialla. E’ la genziana maggiore, Gentiana lutea, una delle piante più citate nei testi dei medici naturalistici classici e moderni.
Questa pianta solida, imponente e sgargiante, è stata così ricercata e cacciata in tutti i tempi da mettere a repentaglio la sua sopravvivenza. Ma per fortuna si trova ancora facilmente, nei pascoli di mezza montagna, fra i 600 e i 2500 metri di altitudine, come in queste foto scattate nel parco regionale del Monte Antola, nei pressi del monte Pecoraia a circa 1400 metri.
Le foglie così simili a quelle del veratro, pianta assai velenosa, potrebbero, e certamente hanno tratto in inganno più di un malcapitato alla ricerca delle virtù officinali della genziana. Ma se le piante si osservano con pazienza e attenzione, l’errore è facilmente evitabile perché le foglie della genziana sono opposte, appaiate a formare coppe che alloggiano i bei fiori a forma di stella, mentre quelle del veratro sono alterne, pelose nella pagina inferiore e con nervature strettamente parallele.
Chiamata anche genziana ‘anziana’, i suoi tesori sono racchiusi nelle radici, che venivano raccolte dal secondo anno di vita, dopo la caduta delle foglie. E’ un toccasana per i problemi di stomaco, ma utilizzata dalla medicina popolare per una grande varietà di problemi di salute, dai morsi dei serpenti, alle affezioni oculari, dai disturbi del fegato fino, prima dell’avvento del chinino, alla malaria. Ingrediente principale di tanti liquori alpestri, vini digestivi e decotti, il suo gusto è spiccatamente amaro. La tradizione vuole che un pezzo di radice di genziana nella grappa ne esalti il sapore e funzioni anche da corroborante per vincere il freddo.