Quando mia madre (classe 1913) mi parlava con nostalgico entusiasmo delle passeggiate sui monti nella sua giovinezza, due fiori ricorrevano sempre come i più splendidi e ricercati: il narciso e l’arnica. L’immacolato narciso fiorisce all’inizio della primavera, mentre l’arnica, solare, fiorisce d’estate, sui monti oltre 500 metri di altitudine.
L’arnica era per me bambina una specie di miraggio perché, la mamma diceva, fiorisce solo sui pendii più puri delle colline più alte. Sui praticelli della ‘nostra’ campagna, in collina sui 700 metri, l’arnica, secondo mia madre, non c’era. Non ne sono completamente sicura, perché sui prati della mia infanzia anch’io oggi ricordo con accorata nostalgia tanti fiori, i cui contorni sono sfumati nella memoria e non saprei dire se si trovino ancora.
L’arnica (Arnica montana, famiglia asteraceae o composite), una margherita giallo sole, piuttosto disordinata, ma robusta, è oggi una specie protetta. L’etimologia del nome come accade spesso si perde nella notte dei tempi ed è incerta. La più divertente è che derivi da una parola greca che significa ‘starnutire’, perché l’odore aromatico e pungente, unito forse alla grezza pelosità, stuzzica appunto gli starnuti. Probabilmente a causa di entrambe queste caratteristiche, ma anche al fatto che contiene sostanze tossiche, gli animali evitano l’arnica e non la brucano. La pianta è velenosa, se ingerita, e anche gli erboristi umani se ne servono soprattutto per uso esterno, per preparare unguenti assai efficaci per storte, lussazioni, ma anche dolori muscolari di varia natura. Così la maggior parte della gente conosce l’arnica perché l’ha vista raffigurata sul tubetto di una qualche pasta miracolosa per alleviare il mal di schiena, un rimedio popolare come il balsamo di tigre e il cannello di zolfo. Non so se le pomate in commercio contengano vera arnica; ma se è così, spero che sia stata raccolta con criterio. Chissà se i nostri nipoti conosceranno mai questa margherita gialla di montagna o se sarà destinata a perdersi nel tempo.
Queste immagini sono state scattate sulle pendici del monte Antola, alta val Trebbia, uno dei monti delle passeggiate di mia madre, in un giugno di tanti anni fa (vedi nel vecchio blog 30 giugno 2008)
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