La fumaria era fiorita nel febbraio soleggiato del 2023, lungo un viottolo che sale verso la chiesa di San Martino di Struppa. Questa comunissima pianta, non priva di rustica grazia, ha fiori di un bel rosa carico, raccolti in fitte infiorescenze racemose, e foglie profondamente incise. Il suo nome deriva dal color grigioverde delle foglie, che diventa grigio fumo quando vengono seccate. Gli antichi (nel senso dei nostri antenati contadini) avevano una fantasia particolare nell’assegnare i nomi alle piante, fantasia che derivava da una realtà molto semplice: le osservavano a lungo, in tutte le stagioni, durante tutto il loro ciclo vitale e non solo. Per noi ormai si tratta più che altro di un’erbetta infestante e, dato che cresce veramente dappertutto, siamo molto più solerti a strapparla via che a osservarne aspetto e colore.
Fumaria officinalis, come indica il nome, è una pianta impiegata largamente in fitoterapia, indicata genericamente come depurativa del fegato e digestiva, ma anche come fluidificante del sangue. Deve però essere usata con cautela perché, come molti altri vegetali, contiene un’accurata miscela di principi salutari e veleni, e in particolare un alcaloide tossico, la fumarina.
Con un certo stupore apprendo che appartiene alla famiglia delle papaveraceae, il che vuol dire che è parente dei papaveri, dell’escolzia, della celidonia, e di altre che le assomigliano un po’ di più, come colombina e dicentra. E’ comunque importante conoscere le affinità delle piante, soprattutto quando non ci appaiono per niente ovvie.
I miei vecchi post sulla fumaria:
9 maggio 2008
18 aprile 2010