Dovrei chiamarlo garofanino roseo, il suo nome comune.
Ma fra gli epilobi e i garofani non vedo davvero grande somiglianza e quindi lo chiamo epilobio e basta.
Ancora, dovrei chiamarlo ‘epilobio mister X’ perchè stasera sono davvero troppo stanca per aprire libri e libroni e almanaccare se la mia determinazione sia giusta. Probabilmente non lo è, anche perchè le mie foto non sono particolarmente riuscite, sbiadite e sfuocate, e la pianta non c’è più, estirpata come erbaccia un giorno che ero stufa di vedermela salire sempre più alta senza riuscire a darle un nome e un’origine (me ne sono un po’ pentita, ma davvero non posso dare asilo a tutte le piante trovatelle del circondario). Che sia Epilobium hirsutum, pianta che avevo scoperto l’anno scorso sul bordo della strada e che ho rivisto quest’anno alta e slanciata sempre dalle stesse parti, lo escluderei per quel vago colore dei fiori, minuti e bianchi con la gola rosa, quasi rossa. I fiori del garofanino d’acqua (Epilobium hirsutum, ma perchè mai lo chiamano garofanino?) sono di color rosa acceso, deciso, carico. Altro non saprei dire, se non che la pianta era vigorosa e aggraziata, spuntata per caso nell’aiuola, con le foglie lucide e affusolate, vagamente intagliate ai bordi. Ed è proprio la forma delle foglie che mi ha fatto decidere, a torto o a ragione, per Epilobium roseum.
Gli epilobi appartengono alla famiglia delle onograceae, da onagro, asino selvatico, in ragione delle foglie allungate che ricordano le orecchie dell’asino. Fra di loro la bellissima fucsia (vedi 7 ottobre 2009), esotica, generoso ornamento degli angoli ombrosi di terrazzini e davanzali.