Per gli estimatori della cucurbitacee è già un mito. Il chayote viene dal centro America e può essere cucinato come uno zucchino, fritto e ben condito, oppure stufato; anche foglie e radici sono commestibili.
L’ho scoperto sui banchi del variopinto mercato di Val Melàina, dove Roma assomiglia un poco a Bangkok. E poi in un favoloso orto giardino oltre le sbarre di una scuola di periferia, lungo una delle strade limitrofe, fra via delle Isole Curzolane e via Monte Ruggero. Fra bietole, spinaci e stupende spalliere di bignonia rosa, appese a steli rigogliosi sotto le grandi foglie palmate, penzolano queste piccole zucche, pelose e a forma di pera. C’è già chi lo chiama sechia, italianizzando il nome scientifico (Sechium edule). Ma il nome originale è quello della sua terra, chayote, che sa di Messico e nuvole.