Una grande pianta, flessuosa ed imponente, mi si para davanti nel mezzo al prato, abbacinato dal sole e scavato dai profondi solchi lasciati dai cinghiali, oltre una breve radura dove ho saccheggiato (previa autorizzazione) il frutteto abbandonato del mio vicino di casa. Un cardo immenso, dai fusti così spinosi che pungono al solo guardarli. I fiori, ovvero quelli che erroneamente si chiamano fiori, ma sono in realtà dense infiorescenze a capolino, sono di un intenso rosso violaceo brillante. Tutto è irto e acuminato, praticamente intoccabile. Eppure è un fiore buono da mangiare, e piace agli asini che lo brucano con voracità, provocandosi un disagio intestinale tipico dell’erba fresca, da cui proprio deriva il nome di questa pianta. Onopordum acanthium, composto da ὄνος (onos), asino e πορδή (pordè), peto, e per la specie da ἄκανθα (acanta), spina.
Si tratta quindi di uno dei tanti cardi asinini, di cui il più comune è Cirsium vulgare, tutti più o meno irti, carnosi e rossi. Questo cardo si distingue dal fusto decisamente minaccioso, “alato-spinoso percorso per tutta la sua lunghezza da più espansioni alari dentato-spinose irregolari”, secondo la precisa descrizione di Mirna Medri nella scheda di Actaplantarum, dall’apparenza di coda di drago.
E’ una pianta biennale, cioè non fiorisce nel primo anno di vita, ma steli e germogli, così come i boccioli del secondo anno possono essere consumati un po’ come i carciofi. Impiegato da molte medicine tradizionali come antinfiammatorio, antitumorale e cardiotonico, le sue interessanti proprietà sono state verificate anche dalla moderna farmacologia. Inoltre, le infiorescenze contengono un complesso di enzimi proteolitici, onopordosina, che provoca il coagulo del latte e quindi viene usato come caglio vegetale.
Diffuso ovunque in Europa, è il fiore nazionale della Scozia (“Scotch thistle”). La leggenda narra che difese gli scozzesi da un’invasione norvegese, perchè i nemici che volevano sorprenderli procedevano a piedi scalzi per non far rumore; così quando calpestarono le foglie taglienti dell’onopordio, si ferirono e furono costretti a desistere.